di Antonio Sparzani

“Come l’araba Fenice,
che vi sia ciascun lo dice,
dove sia nessun lo sa”
C’è un libro che riguarda miti e che è ormai diventato mitico per me, ed è Il mulino di Amleto ‒ Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, scritto negli anni sessanta dello scorso secolo da Giorgio De Santillana (1902 ‒ 1974) e da Hertha von Dechend (1915 ‒ 2001).
Credo sia un grande libro, ma non riesco a parlarne qui con sufficiente competenza e con la dovuta ampiezza. Lo cito perché affronta un tema che trovo da sempre affascinante, quello dei miti che hanno accomunato e ancora accomunano tante civiltà tra loro diverse e lontane. E lo trovo un tema affascinante perché è di quelli che, molto profondamente, fanno sentire tutti noi donne e uomini di questo pianeta, un po’ concretamente fratelli e sorelle, discendenti da un qualche unico ceppo; popoli che affondano le proprie radici giù nello stesso humus. Una sensazione identitaria che a me provoca una certa gioia. Quando ne sarò capace parlerò di questa straordinaria ricerca che ha portato i due studiosi a individuare nella precessione degli equinozi la radice profonda di tanti miti.
Qui invece mi accontento di un tema molto più limitato, e leggero, quello del mito della Fenice, che tuttavia, di mano in mano che ci si avventura alla cerca delle sue origini, spunta inaspettatamente in diverse forme in luoghi della terra molto diversi e distanti tra loro.









