
Ragazzi di vita horror tour 2010
di
Franz Krauspenhaar
L’incarico che mi ha dato il direttore provoca in me un rimescolio profondo prima ancora d’affrontarlo. Sono arrivato al giornalismo tardi, ma con un curriculum di scrittore che ha convinto Mitrali a farmi assumere a La giovane sequoia, una rivista che, non solo nelle intenzioni, dovrebbe sostituire altri fogli che la crisi, la mancanza di lettori e l’appiattimento di buona parte dell’editoria di questo disgraziato paese ha fatto chiudere. Disgraziato paese, sì, non ancora nel terzo mondo, ma con i piedi dentro.
Mitrali vuole da me un’inchiesta tra coloro che vorrebbe chiamare i nuovi ragazzi di vita. Ama Pasolini, nel suo bene e nel suo male, Mitrali. Io solo nel suo bene, che poi a ben pensarci a volte confinava, o sconfinava, proprio col suo male. Per dimostrargli che so di cosa parla ho recitato l’inizio di Alla mia nazione davanti a lui.
Ora sento un leggero percuotere nel petto: non è il cuore, ma come uno sparo soffocato d’emozione fredda che quasi implode dentro di me, al centro proprio del mio petto nicotinico. È una rassegnazione che s’è scritta tanti anni fa e non è ancora finita. Quella nazione di Pasolini, dico tra me e me, in fondo non è cambiata, è sempre quella, amata e poi odiata come solo l’amore permette, con un urlo soffocato. Mitrali ha abbassato la testa, è un giornalista serio, uno che ci crede ancora. Io non più. Io non credo che ai miei libri, che pochi leggono, sopraffatti dalla corsa senza speranza dei “titoli”, di ciò che “tira”. Tira come tira l’uccello di un vecchio dopo l’impasticcazione blu. Un mondo di droga, di drogati, di combattenti contro la droga che si drogano.
Mi ha detto: “Chi sono i ragazzi di vita, oggi? Che fanno? Hanno ancora qualcosa in comune con i borgatari di Pasolini?










