
di Gianni Biondillo
Mi confessi, padre, perché ho molto peccato. Quello che ho fatto, quello che voglio fare, è peccato, peccato mortale. Di che parlo, mi chiede? Oddio, e da dove comincio? Come faccio a dirle tutto? Ha tempo per me, per la mia anima?
Padre, lei conosce Il Male? Come? No, cos’ha capito? No, non intendo metaforicamente, no. Dalla sua voce mi rendo conto che lei è giovane, più giovane di me, non sa neppure di cosa stia parlando, probabilmente. No, non intendevo il Demonio, il Dolore, e tutte quelle cose che vi danno da campare da un paio di millenni, no… io parlavo del Male, la rivista di satira, quella pubblicata negli anni Settanta. Non la conosce… peccato. Ecco, sì questo è un peccato, vada a confessarsi, o quanto meno faccia un giro in qualche biblioteca, qualcuna forse ne ha ancora la raccolta completa. Va bene, mi perdoni per la battuta facile, sa, in fondo è il mio mestiere… Di che parlo? Aspetti, non si inquieti, non sono pazzo. È che per me tutto comincia da lì. Ero un ragazzino, giovane giovane, pensi che leggevo Il Male di straforo, lo rubavo a mio fratello maggiore. Era… era… liberatorio, irriverente, volgare, estremo. Era rivoluzionario. Tognazzi capo delle Brigate Rosse, l’invasione degli extraterrestri, papa Wojtyla che dubitava dell’esistenza di Dio.