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Poesie e prose, 1999 – 2009

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di Alessandro Ghignoli

BUSCA CHE ?

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di Umberto Fiori

Cari amici de “La Stampa”,
ho letto con imbarazzo (a dir poco) il “Diario di lettura” curato da Bruno Quaranta su Tuttolibri di oggi (6/2/10), dedicato a Piero Buscaroli. Questo signore, che anni fa proponeva per i gay il campo di concentramento, che -riferisce Quaranta- “assolve i carnefici tedeschi di Sant’Anna e Marzabotto”, che ritiene (non si sa bene su che basi) “che Hitler non sapesse” dei campi di sterminio, che considera la Resistenza una “guerra dei comunisti”, dichiara candidamente di non avere mai letto né Primo Levi, né Fenoglio. Peggio per lui, dico io. Ma il punto è un altro: Buscaroli ha oggi libertà di parola solo grazie al sangue che altri hanno versato per liberare l’Italia dai suoi camerati e dagli aguzzini di cui erano complici. Bene. Se proprio lo si vuole interpellare come musicologo, lo si faccia parlare di musica, ma possiamo chiedere che ci vengano risparmiati i suoi deliri filofascisti e negazionisti? Leggo ogni settimana il Diario di lettura: trovo i lettori che presentate ora più ora meno stimolanti; ma il signor Buscaroli, che c’entra? Al massimo, potrebbe suggerirci due o tremila volumi “degenerati” da bruciare, sull’esempio dei suoi camerati. E poi, su tuttolibri di cosa si parla?
Cordialmente
Umberto Fiori

KURT SCHWITTERS “An Anna Blume”

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Anna Blume: Dichtungen (1919)

Ad Anna Blume
Merzpoesia I

O tu amata dei miei ventisette sensi, io a te
    amo! tu di te te a te, io a te, tu a me. – Noi?
Ma questo (detto fra parentesi) non c’entra.
Chi sei tu, innumerevole femmina? Tu sei… sei tu?
    – la gente dice, che saresti, – lasciala dire, non
   sa come sta in piedi un campanile.
Porti il cappello sui tuoi piedi e cammini sulle
    mani, sulle mani tu cammini.
Ehi, i tuoi vestiti rossi, segati in pieghe bianche.
Rossa io amo Anna Blume, rossa, io amo a te! Tu di te te
a te, io a te, tu a me. – Noi?
                            

La morte e la città di B.

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di Giovanni Catelli

Un assassino si muove nella città di B.
E’ venuto con l’autunno, con i primi freddi e le giornate brevi, quando la folla si dirada nelle strade, le persone iniziano a tornare sole nel buio.
La prima ragazza è stata trovata, distesa come nel sonno, nel vasto e desolato quartiere fra la stazione e la fortezza, dove rade officine s’alternano a garage, a villette silenziose, a prati senza nome, dove giungono stridori e lamenti di vagoni, dallo scalo ferroviario; giaceva senza scarpe, senza borsa, si scorgevano tra l’erba le sue lievi calze bianche.
Nello stesso quartiere, poche vie più lontano, dove il cavalcavia sorvola i binari e una sterpaglia morta, la seconda ragazza è stata ritrovata, si dice sepolta in un tombino.
Il buio scende sempre, quasi alla stessa ora, e le vie sono vuote, la città è grande, molti guardano davanti a sé camminando, ma non è sicuro che vedano, o che vogliano vedere.

Gli abusivi e le lettere

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di
Felice Piemontese


Luciano Caruso- Il palazzo di Odisseo.

Caro Luciano,
provo a immaginare cosa proveresti nel vedere che tutti si occupano, oggi, di Futurismo, e ignorano chi l’ha fatto trent’anni fa, in modo sistematico e avvertito, ripubblicando tutti i manifesti, ad esempio, e “riscoprendo”personaggi dimenticati come Cangiullo. Mi sembrava perfino esagerato tanto tuo impegno di fronte al diluvio di ristampe anastatiche, di grossi contenitori, di saggi che arrivavano continuamente a casa, spediti dal povero Belforte di Livorno, che chi sa se si è mai rifatto delle spese.

Il tuo trasferimento a Firenze, nel 1976, fu uno dei tanti traumi legati alla diaspora di amici e compagni di strada che, a un certo punto, gettavano la spugna e si dichiaravano sconfitti nel corpo a corpo con questa città, quella Napoli alla quale pochi anni prima avevamo dedicato un ritratto impietoso fin dal titolo, La disoccupazione mentale.

Il male che ci somiglia

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di Gianni Biondillo

La notizia lascia senza fiato. Alberto Arrighi, dopo aver ucciso a colpi di pistola Giacomo Brambilla, lo ha decapitato e ha dato fuoco alla testa della vittima in un forno a legna. Come si può parlare di un omicidio di tale inaudita violenza senza scadere nel già detto, evitando lo scandalismo di maniera? Innanzitutto, forse, ammettendo che non è affatto inaudita tale violenza. L’abbiamo vista, letta, udita, tante e tante altre volte. I moventi? Spesso diversissimi. Dalle questioni più futili – un insulto, un vicino di casa rumoroso, un rifiuto sentimentale – a quelle apparentemente più logico-razionali: un debito, un furto, una eredità.

MARADONA SKETCHES

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di Franz Krauspenhaar

Era frenato da un fisico strambo, una palla da golf che girava per un campo da calcio, un solo piede per far tutto, il sinistro, una testa matta, un appetito insaziabile, un redentore mai redento.

Maradona è il campione dell’opposizione a oltranza: da Gianni Minà parla di Fidel Castro bevendo Coca Cola, a Napoli va coi femminielli e poi dichiara: “Io sono favorevole agli omosessuali perché, grazie a loro, aumenta la richiesta di veri maschi.”

Pelé aveva di fronte gente bassa e poco atletica, lui campione d’atletismo; Maradona, vent’anni dopo, aveva a che fare con veri atleti, spallati, dai garretti di toro infuriato, Goicoichea spaccaossa. Anche per questo è stato el mejor, per poter scagliare la palla col suo piede sinistro – “di Dio”, aveva prima da seminare dobermann assatanati a caccia di malleoli scheggiati nella furia.

Era tutto concentrato sul sinistro, come se si muovesse con un pendolo sul piede buono; il resto del corpo era a servizio, gregario in ogni sua parte e funzione di quella fetta fatata, che teneva tutto, la fortuna, l’estro, la potenza.

OPPURE NIENTE. Appunti su Fuoco fatuo di Louis Malle

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Il saggio è tratto dal numero 13 della rivista A+L, che raccoglie gli interventi della rassegna SGUARDI A PERDITA D’OCCHIO. I poeti leggono il cinema. L’introduzione si può leggere qui.

di Milo De Angelis

Fuoco fatuo è molto di più di un bel film. Fa parte di quel ristretto gruppo di opere, appassionanti e necessarie, che hanno illuminato il cinema di ogni tempo: da Il posto delle fragole di Bergman a Il grido di Antonioni, da Ordet di Dreyer a Andrej Rubliev di Tarkovskij.

Attualismi 2 – Come vincere Berlusconi

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di Giacomo Sartori

Facciamo una colletta. Accettiamo finalmente di giocare sul suo terreno, invece di cercare di tirarlo sul nostro (un ippopotamo potrebbe imparare a mangiare con la forchetta?), invece di aspettare sempre che la sinistra risorga e batta un colpo. Se ci mettiamo dieci euro a testa, e siamo anche solo dieci milioni, raggranelliamo cento milioni di euro. Se facciamo uno sforzo ulteriore e ne sganciamo cento a testa, il che certo non ci rovinerà, arriviamo a UN MILIARDO di euro. Già una bella sommetta. Se poi stringiamo la cinghia, a costo di indebitarci per qualche tempo, a costo di mangiare pane e asiago per sei mesi, e ne sborsiamo mille (bisogna spiegare che ne vale la pena), il totale sale a DIECI MILIARDI di euro. Con DIECI MILIARDI di euro la vittoria è a portata di mano.

Ma naturalmente chi vuole può mettere di più, anzi deve farlo. I cantanti lirici e i semiologi famosi, i cervelloni che hanno dovuto fare le valige, gli esuli sconfortati, o anche solo quei semplici emigrati che vedono ogni giorno la loro terra di origine additata e ridicolizzata. E coinvolgiamo le istituzioni internazionali quali l’OMS, l’UNHRC, la Croce Rossa. Perfino gli immigrati clandestini, nel limite delle loro ridottissime possibilità, qualcosa possono mettere lì.

l’ideologia è un errore di sintassi

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(ragionamenti su tre città)

di Gianluca Cataldo

Sono cresciuto tra la le macerie dell’ospedale Ingrassia e un bicchiere di rosolio al pistacchio, mia madre mi ha garantito una capacità linguistica che mi ha consentito una sopravvivenza fisica e culturale di cui le sono grato. Le sue paturnie mi hanno forgiato in una decisa convinzione di superiorità da spendere sulla cellulosa altrui in una redazione romana. Grazie a lei sono disposto ad acquistare ogni barbone di tutte le città nelle quali ho vissuto con la carità che tanto assomiglia a una lettera di dimissioni non datata. Conosco F., conosco Paulo, chiacchiero allegramente con Pierino cui recentemente hanno bruciato il motorino (un vecchio Sì dai colori cangianti). Ho vestito Mario, per tutti semplicemente Bocchino, rimproverandolo garbatamente per i suoi eccessi linguistici al limite della violenza. Mi sono tutti grati, di una gratitudine innocente e speranzosa, inconsapevoli della differenza che passa tra le loro intenzioni e le mie, figlio della logica dell’atrocità attraente da sospensione dell’etica. La loro condizione serve a riscattare la mia, la loro deprecarietà a forgiare nella redenzione la mia stabilità sociale. Non economica bensì ideologica, e sociale. Nella disfunzione borghese da assenza di difficoltà le disgrazie altrui servono a elevarsi a una condizione meno umana, eterea probabilmente, stimabile sicuramente.

ISTAT PRO NOBIS

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di Gay.it

In queste settimane l’Istat sta allestendo i moduli per il prossimo censimento generale della popolazione italiana previsto per l’autunno del 2010: si tratta dei questionari da sottoporre ai cittadini per conoscere, tra l’altro, la situazione famigliare di ciascuno.

Nel 2001, quando si svolse l’ultimo censimento generale della popolazione, furono conteggiate come “coppie di fatto” le sole coppie eterosessuali, mentre le decine di migliaia di cittadini e contribuenti omosessuali che avevano barrato la casella “conviventi” furono declassati ad “altra forma di convivenza”, quella dove principalmente finiscono le coppie formate da una persona anziana e dal/dalla suo/sua badante.

Questa volta non ci stiamo. La statistica è una scienza, e come tale deve essere neutrale e imparziale: deve limitarsi a studiare le coppie di fatto etero e omo che siano, indipendentemente dalle valutazioni che ne danno concezioni etiche o fedi religiose. Se la politica italiana – opponendosi alle direttive UE – non vuole ammettere le coppie omosessuali a stipulare il contratto denominato matrimonio civile, o altro contratto ad esso assimilabile, che almeno l’Istituto di Statistica ci consideri per quello che siamo: coppie, coppie di fatto.

PER FIRMARE L’APPELLO ALL’ISTITUTO DI STATISTICA

www.gay.it/contaci

Delle Smarrite Lettere

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Il progetto è aperto a tutti.
Romanzi in atto unico, dispersi per essere ritrovati e per far giungere altri fin qui, a raccontare ancora e far esistere sempre nuovi mondi. Inviate i vostri contributi a microcenturie@gmail.com, allegando (in formato word o compatibile) la vostra microcenturia lunga una sola pagina circa, corredata dal vostro nome o nickname, dalla url del vostro eventuale spazio web e dall’indicazione del luogo in cui smarrirete la microcenturia, in modo da poter tracciare una cartografia complessiva fatta di storie. Chiunque può stampare e smarrire racconti altrui: lo segnali, anche in modo dettagliato, nello spazio dei commenti corrispondente al testo disperso.

I racconti, pubblicati secondo l’ordine di arrivo, potranno essere stampati in formato pdf da autori e lettori utilizzando l’apposita funzione presente in calce alle singole microcenturie. Le pagine andranno quindi disperse presso cantieri edili, viali, negozi, metropolitane, reparti di fabbrica, mense scolastiche, uffici postali, parcheggi multipiano di centri commerciali e ogni altro interstizio del mondo reale. I contributi comunque disseminati dovranno contenere l’indirizzo www.microcenturie.it.

Ogni autore permette e auspica la diffusione del proprio contributo tra le fondamenta del reale.
a cura di Flaviano Fillo (effe), Zena Roncada, Lucia Saetta, Salvatore Mulliri (webmaster)

da “Tracce”

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di gherardo bortolotti

(2003-2008)

23. lavando i denti prima di dormire, una specie di mossa interlocutoria, un passo da tentare nel gioco del tempo che si perde, del continuo approssimarsi alla morte.
24. riferendoci, in sede di discussione, ad alcuni eventi secondari come alla nostra vita.
25. facendo shopping, implicati in qualche vicenda collettiva.
26. fra le puntate settimanali di un serial, avvenimenti di poco conto, discussioni interrotte, fraintendimenti in ufficio.
27. stupori silenti di fronte allo schermo del televisore.
28. sensibile alle stagioni ed alle tattiche di manipolazione dei media.
29. rivolgendoci al futuro, aspettando che il sogno si interrompa.
30. nel silenzio delle tue convinzioni.
31. mentre le confezioni di detersivo ci riempiono gli occhi.

carta st[r]amp[al]ata n.3

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di Fabrizio Tonello

Questa settimana avrei voluto occuparmi di telefonini e di criminalità ma, purtroppo, sabato, il solito Daily Mail ha fatto irruzione nel mio tranquillo weekend e quindi dovrò rinviare l’analisi del problema di come 6 miliardi di esseri umani possano essere proprietari di 220 miliardi di iPod, cioè 36,66 iPod a testa. Io due ne ho, ma Vittorio Zucconi dovrebbe spiegarmi chi si è fregato gli altri 34 che mi spettano.

Auschwitz e Rosarno tra demomafie e mafiocrazie

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di Pino Tripodi

Ho sollevato con l’appello dell’11 gennaio, per alcuni in modo discutibile, lo spettro di Auschwitz. Intendevo così indicare una realtà incontrovertibile: la china di degrado, di abbrutimento, di trionfo del pregiudizio, di riduzione in schiavitù, di distruzione di ogni forma di cooperazione sociale e di reciprocità rischia di non essere una fastidiosa parentesi che si incunea tra un passato di barbarie e il sol dell’avvenire ma la prospettiva concreta in cui rotola il nostro più immediato futuro.

Non è solo Rosarno il problema.

Blog Notes: Magritte, les belges, Libero e i cavalli scossi

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di Francesco Forlani

1.lo stupro costante delle nostre menti

Quando passi attraverso le case, le luci, i cieli, soprattutto i cieli, delle opere esposte, qui, nel museo Magritte, è tutta una successione di ricordi e sogni sognati. Una realtà che rimane tale per pochi attimi, l’affiche acquistata al Pompidou vent’anni prima e che si stacca dal muro trascinando con sé un pezzo di intonaco insieme alle due strisce di scotch, a croce, nel mezzo della cameretta. Sono soprattutto i colori delle gouaches appese ai titoli, onirici e rreali del ” saboteur tranquille”: la voix du sang, la lettrice spaventata, chambre d’écoute, e provi estrema dolcezza di visione dall’utopia sospesa del fantastico Château des Pyrenees. “J’aime l’humour subversif, les taches de rousseur, les genoux, les longs cheveux de femme, le rêve des jeunes enfants en liberté, une jeune fille courant dans la rue.” Magritte scrive di amare l’ Humour sovversivo, le guance arrossite, le ginocchia, i capelli lunghi delle donne… Per questo il piccolo quadro, in bianco e nero, le viol, – una parola che è una beffa, dolce come un colore, leggera da evocare volo – è un inferno. Un’opera che nessun Maurizio Costanzo Show – ricordate le copertine magrittiane usate durante le trasmissioni per i consigli per gli acquisti?- avrebbe potuto mettere a fuoco e in pasto ai famosi milioni, di telespettatori. Pensi a Munch, Goya, con quel volto, faccia che diventa corpo, i seni sono occhi pestati, il naso ritratto nel volto, affossato da un pugno, e la bocca, cucita a silenzio, un orifizio muto.

I mandarini e le olive non cadono dal cielo

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In data 31 gennaio 2010 ci siamo riuniti per costituire l’Assemblea dei lavoratori Africani di Rosarno a Roma. Siamo i lavoratori che sono stati obbligati a lasciare Rosarno dopo aver rivendicato i nostri diritti.

Lavoravamo in condizioni disumane. Vivevamo in fabbriche abbandonate, senza acqua né elettricità. Il nostro lavoro era sottopagato. Lasciavamo i luoghi dove dormivamo ogni mattina alle 6.00 per rientrarci solo la sera alle 20.00 per 25 euro che non finivano nemmeno tutti nelle nostre tasche. A volte non riuscivamo nemmeno, dopo una giornata di duro lavoro, a farci pagare. Ritornavamo con le mani vuote e il corpo piegato dalla fatica.

La prosa del mondo

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 di Lorenzo Esposito

Lo strabismo necessario
Cominciamo dalla cosa più bella (uso qui questo termine in senso strettamente filosofico, cioè come punto fulmineo di risalita, di svelamento, del continuo brulichio, sotto e sopra la superficie, del senso). La cosa più bella di Avatar è il suo appellarsi a un unico movimento. Uno scivolamento morbido che ondula la luce e l’aria come la discesa medusea di una piuma, come se fosse un carrello curvilineo, capace non solo di solcare e tratteggiare l’orizzonte, ma di seguire la traiettoria ripidissima del salto nel vuoto e quella senza gravità del volo. La cosa più bella è dunque il suo modo di parlare e di planare, di con-cedere la visione, il modo in cui, semplicemente, consente il vedere.

Questo modo però, non è solo movimento, né solo una sorta di inter-cessione d’autore – la forma in quanto tale, ma la procedura scelta per indagare e scardinare l’automatismo da cui la tecnologia sempre sogna di liberarsi: il vedere, appunto e di nuovo, cioè l’unica vera tecnica, la sola in grado di scindere l’arte dall’artificio, comprendendo e accludendo, nel suo tuffarsi cieco, menomazioni instabilità persistenze.

Wrestling Spoon River [vintage version]

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di Carlo Carabba

La notte tra sabato 21 e domenica 22 novembre si terranno le Survivor Series, l’ultimo grande evento della stagione del wrestling. Gli organizzatori prevedono che il pacchetto pay-per-view che permette di vedere gli incontri in diretta sarà acquistato da 350.000 persone solo negli Stati Uniti d’America, e che gli spettatori sparsi per il mondo supereranno complessivamente il milione. Nel leggere questi dati, è facile immaginare la voce di migliaia di genitori che, rivolgendosi con tono sdegnato ai figli pubescenti rapiti davanti allo schermo, li scherniranno: “Come fate a guardare questa boiata? Non sapete che è tutto finto?”