di Isabella Mattazzi
Già negli anni ’80, Jacques Derrida aveva dichiarato la necessità di una nuova etica della psicoanalisi che tenesse conto non soltanto dei modelli teorici di riferimento, ma delle diversità culturali degli psicoanalisti in quanto soggetti con una ben precisa identità geografica, politica, sociale. Chi fa psicoanalisi oggi infatti non può non riconoscere la portata amplissima, all’interno della pratica terapeutica, del proprio vissuto storico e del profondo intreccio che questo vissuto sembra avere con i nuclei più problematici della propria formazione psicoanalitica. Ma che cosa vuole dire, per un analista, confrontarsi con la Storia? Che cosa significa porsi non soltanto come figura professionale, ma come soggetto «politico-culturale»? Ne abbiamo parlato, in occasione del recente convegno «Straniero Familiare» – organizzato a Milano dal centro milanese di psicoanalisi Cesare Musatti – con Veronika Grueneisen, psicoanalista tedesca, presidente di Partners in Confronting Collective Atrocities e organizzatrice di uno degli esperimenti più interessanti e complessi di questi ultimi anni nell’ambito degli studi sulle dinamiche psicosociali, le «Conferenze di Cipro», di cui lei stessa ci racconterà.


Provai altre volte durante quel mese di agosto a incontrare l’uomo veloce, altri sabati mattina, altre domeniche, mi piazzavo all’ingresso del paese, dove soleva passar lui, salutavo le macchine, e speravo: ora spunta, ora arriva. Cosa ci fai che ora passa?




Era ormai di spalle. Mi era passato davanti e l’avevo guardato come si guardano i turisti, abbassando il capo in saluto. Era estate, l’uomo veloce portava pantaloncini corti e maglietta, scarpe da ginnastica, un cappellino chiaro. Un turista qualsiasi, le 11, circa, di un mattino neanche troppo caldo: il sole aveva aggirato il costone e cominciava a esercitarsi sugli asfalti e gli intonaci del vicolo.
Sotto botta (titolo preso dalla tammurriata nera) sono 100 piccoli libri in fogli colorati di carta per origami, realizzati a mano dall’autrice, secondo i principi della cromoterapia. Dieci nuove poesie. Un collage differente nell’ultima pagina di ogni libro. Il tutto inguainato in un’elegante busta frigo marca “Frio” (triplo strato). 
