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Mediterraneo e Oriente

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LocandinaMediterraneo&Oriente [ricevo e volentieri segnalo]
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Venerdì 20 novembre
Padiglione esterno,
Palazzo San Niccolò
via Roma 56, Siena

Mediterraneo e Oriente

ore 17.00
– Wu Ming presenta “Altai”.
ore 18.30
– Marco Rovelli presenta “Servi. Il paese sommerso dei clandestini al lavoro”
ore 21.30
– Scrittori Precari
& Vanni Santoni
nel reading/performance “Trauma Cronico”

Ingresso libero

I tortuosi sentieri del capitale / Giovanni Arrighi intervistato da David Harvey

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file_117191_165x225_scale Giovanni Arrighi, dall’inizio degli anni Sessanta fino al giorno della sua scomparsa, il 18 giugno scorso, è stato qualcuno che ha creduto, con tenacia illuministica, nella possibilità di penetrare nel fatum capitalistico. Per questo suo sforzo è considerato, a livello mondiale, uno dei massimi studiosi del capitalismo in un’ottica storico-comparativa. Avendo lasciato l’Italia per gli Stati Uniti, nel 1979, il nostro paese lo ha ricambiato prestando poco interesse alla sua opera. Non credo che questo sia mai stato per lui un dispiacere. Gli era perfettamente chiaro che gli strumenti intellettuali che aveva elaborato sarebbero stati usati da generazioni di intellettuali asiatici, africani o americani piuttosto che europei. Un bel ricordo di Arrighi da parte di Piero Pagliani qui. A. I.

Traduzione di Gherardo Bortolotti

[Presentiamo alcuni brani dall’ultima intervista di Arrighi, rilasciata a David Harvey e apparsa sul numero 56 (mar.-apr. 2009) della New Left Review. Ringrazio David Harvey, Beverly Silver, Kheya Bag per la disponibilità, Nicola Montagna per i pareri sulla traduzione e la Fondazione Istituto Gramsci Emilia-Romagna per le indicazione bibliografiche. Gh. B.]
[…]

Uno nessuno sessantacinquemila

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di Alessandro Busi

Una volta un agente, giovane, poco più vecchio di me, mi si mette di fianco, mentre ci passavano davanti i detenuti di ritorno dall’aria, e mi fa: non senti come puzzano? Io attivo le narici e tiro su due volte, ma niente, no, sinceramente no, gli dico. Allora lui mi guarda come a dire che certo, che è ovvio, tanto per chi entra da volontario quelli sono tutta brava gente, che non odora nemmeno, poi chiude, madonna, e come se puzzano. Si lavano tre volte al giorno e puzzano. Sono delle bestie, delle bestie.

Ora, io non credo che quel ragazzo fosse particolarmente cattivo, sinceramente penso piuttosto che, quando ci si rapporta per tutto il giorno con altre persone, all’interno dei giochi di forze che contraddistinguono il carcere, disumanizzare l’altro sia normale.

Memoria del presente

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di Andrea Cortellessa

arbasinoSiamo qui con questo Meridiano aspettando suo Fratello. Come all’incipit celebre («Siamo qui a Fiumicino…») di Fratelli d’Italia: che del tanto atteso volume è naturalmente magna pars (e fosse riportata – come degli altri libri – l’ultima versione, i Fratelli «quarti e supremi» di trent’anni dopo, ci sarebbe voluto un Meridiano tutto per loro…). È quindi tempo di farci i conti, con Arbasino: proprio come l’opus magnum prometteva di «fare infine i conti col proprio paese, mimando le contraddizioni più deliranti della realtà italiana attuale con “estremi rimedi” percettivi e linguistici». Nasceva così l’attitudine «antropologica» di Arbasino, che gli ispirerà (maiuscoli) libri a venire come In questo stato e Un paese senza, per non parlare degli scintillanti scritti di viaggio e di memoria (primo fra tutti, per oltranza, Marescialle e libertini).

Percival Everett in Italia

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Percival Everett sarà in Italia la settimana prossima per presentare il nuovo libro “Deserto americano” (Nutrimenti). Da non perdere.

Torino – Lunedì 23 novembre ore 18.00 – Scuola Holden, Corso Dante 118 – Con Giorgio Vasta

Milano – Martedì 24 novembre, ore 18.00 – Feltrinelli International, Piazza Cavour 1 – Con Tullio Avoledo, Luigi Sampietro e Sara Antonelli

Roma – Mercoledì 25 novembre ore 18.00 – Casa delle Letterature, Piazza dell’Orologio, 3 – Con Luca Briasco ed Emanuele Trevi

Roma – Giovedì 26 novembre ore 18,30 – Libreria Giufà, Via degli Aurunci 38 (San Lorenzo) – Con Flavio Soriga, Sara Antonelli, Leonardo G. Luccone

L’oro vero. Ritratto dell’artista da vecchio

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di Salvatore Mannuzzu

«Non immaginavo che la morte di Aldo Contini (30 ottobre 2009) potesse essere, per me, così lunga e difficile da digerire. E non trovando altra medicina – perché medicine non ce ne sono, specie alla mia età – sono andato a ripescare dai grigi sprofondi del computer una specie d’intervista che gli avevo dovuto fare per il catalogo d’una sua mostra antologica sassarese, nel 1997. Scrivevo, allora, che ci conoscevamo da mezzo secolo; e adesso?  Adesso che sono passati questi altri dodici anni (e lui non sta più qui). Ma da troppo tempo ho imparato che i debiti più veri non si possono pagare. Resta infungibile, comunque, la sua sensibilità visiva: irritante, spaventosa; quasi infallibile. Né io mi pento d’avere detto che tra i pittori viventi era il numero uno in Sardegna. Malgrado si gettasse via molto, forse moltissimo: forse inevitabilmente; per eccessi (continui) di rigore (o di semplice difesa dall’indecenza): che lo spingevano dentro una crescente afasia. È questa, questa afasia, la sua eredità più legittima, per qualcuno di noi? Lo sconfinato territorio da cominciare a percorrere e a esplorare, adesso, sino alla fine». (S.M.)

È una specie di loft, piuttosto bello, lunghissimo: vi si accede da un cortiletto sotto la strada, per una gran porta carrabile di metallo verniciato in nero. Tutto buio: salve le luci in fondo sul quadro dorato (o forse, d’oro). Quadro che, così incandescente, sembra piccolo alla distanza. Il fotografo è un giovanotto alto, legnoso, di poche o nulle parole: nemmeno ci guarda un attimo, mentre fa capire che non è il caso. Sicché Contini trasporta verso quella porta nera, da cui filtra scarsa un po’ della luce del giorno, gli altri suoi quadri, a uno a uno. Ma poi sono quadri? Ho paura, subito, che possa offendersi a chiamarglieli così. Comunque lui li appoggia sul pavimento, nella penombra che spegne gli ori e gli argenti: contro un divano che c’è là e, dopo, contro un altro arredo del loft, mettiamo una scala a pioli.

Giuseppe

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di Maurizio Salabelle

A metà febbraio iniziò una fase in cui tutti noi soffrimmo molto spesso di sonnolenza. Le giornate, che si erano fatte molto più calde di quanto sarebbe stato invece normale, si susseguivano luminose ed ognuna identica alla precedente. Per esigenze di lavoro riguardanti nostro fratello ci trasferimmo in un appartamento in una zona chiamata «Orientale». In questo punto della città, che le linee degli autobus disdegnavano ed in cui mancava un Pronto Soccorso, vegetammo settimane senza riuscire affatto a sentirci a casa.

Nascita e sviluppo del cinema d’autore e del cinema indipendente cinese

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A cura di Zhang Yi

responsabile del gruppo francese di distribuzione film indipendenti “14 Megahertz

Istituto Confucio dell’Università di Roma “La Sapienza”

lunedì 16 novembre 2009

ore 17:00 – Aula magna

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Facoltà di Studi Orientali

via Principe Amedeo 182/b – 00185 Roma

tel./fax 06 4464135

info@istitutoconfucio.it

www.istitutoconfucio.it

Simpliciter & Complicatibus

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Giovanni CÁMPI scrisse
Nevio GÁMBULA recitò
Orsola PUÉCHER animò

 
Simpliciter: – Come contare su di me, che son nulla più di un personaggio, per altro di un dialoghetto teatrale in cui mi si imagina autore dello spettacolo “La burla del tempo” e suo spettatore al contempo?
 
Complicatibus: – Il tempo, al meno quel tempo, va ora interrotto, ché non c’è più tempo, se non d’altri tempi, ora.

 

RAID. UNA FORMA DEL CONTEMPORANEO TRA GUERRA, MITO E LETTERATURA

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di Alberto Volpi

Di cosa parliamo?

Se è ancora vero che le parole custodiscono il senso dei fenomeni designati, una breve chiarificazione del significato dei termini inglesi raid e raider appare un buon viatico per l’itinerario che ci accingiamo a percorrere. Il verbo significa appunto “fare un’incursione in” che presuppone un’improvvisa andata e un veloce ritorno. Esso ha vari sinonimi che declinano l’azione: razziare, saccheggiare, rapinare, fare scorrerie. Qui lo scopo pare sempre legato alla sottrazione e viene incarnato dalla figura eterna del bandito o del predone che colpisce e si dilegua, sia esso il barbaro, il pirata, il terrorista rapitore. Il raider tuttavia può essere anche il guastatore che si caratterizza per l’azione del danneggiamento o il soldato del commando che porta spesso il termine in un’area semantica favorevole.

Samuel Beckett e la matematica

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di Francesca E. Magni

Samuel Beckett
Samuel Beckett
«Per tutti gli anni ‘60 e ‘70 i lettori devoti di Beckett salutarono ogni opera sempre più breve del maestro con una mistura di reverenza e apprensione; era come vedere un grande matematico lavorare sull’analisi infinitesimale, con le sue equazioni che si avvicinavano via via di più al nulla.» John Banville, The New York Review of Books, 13/8/92.

L’opera di Samuel Beckett, premio Nobel per la letteratura nel 1969, è colma di matematica. Sia che si tratti di opera poetica, narrativa, teatrale, radiofonica o televisiva, l’elemento matematico vi compare in maniera chiara ed esplicita oppure più nascosta, ma è senza dubbio presente.

Samuel Beckett, irlandese di nascita e francese d’adozione, ha rivoluzionato la letteratura e la drammaturgia del Novecento, al pari di James Joyce, suo maestro e amico, anche se però in maniera del tutto differente.
Beckett è noto al largo pubblico soprattutto per l’opera teatrale Aspettando Godot, rappresentata per la prima volta a Parigi nel 1953.

La dimora unica

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di Elio Matassi

La tragedia è un genere che ha goduto di una sua durata ormai venuta meno per sempre, come argomenta con estrema finezza George Steiner o, piuttosto, si assiste ad una trasformazione profonda della dimensione tragica? A tal proposito sono molto penetranti le osservazioni avanzate da Gilles Deleuze nella prima parte di “Differenza e ripetizione”, quando Kierkegaard e Nietzsche vengono eletti a padri putativi di un nuovo movimento tragico, completamente alternativo a quello semplicemente logico-astratto, argomentato da Hegel in quella che può essere definita una tragedia eminentemente filosofica, mendacemente rappresentativa. Di contro Kierkegaard e Nietzsche postulano un movimento autentico, “capace di rinnovare lo spirito al di fuori di ogni rappresentazione”, rendendo quello stesso movimento “un’opera, senza interposizione”. È questa un’idea da uomo di teatro, un’idea da regista, in anticipo rispetto al suo tempo. In questo senso con Kierkegaard e Nietzsche comincia qualcosa di completamente nuovo. Essi non considerano più il teatro alla maniera hegeliana, non fanno più un teatro filosofico, ma inventano, per la filosofia, uno straordinario equivalente di teatro ed in questo modo costruiscono un teatro dell’avvenire e insieme una filosofia nuova…

Che la festa cominci

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ammaniti di Marco Belpoliti

Niccolò Ammaniti, Che la festa cominci, Einaudi, pp. 328, € 18

Che la festa cominci è un perfetto esempio della letteratura che Gianni Celati definisce “industriale”, prodotta per avere successo, scalare le classifiche dei libri più venduti, e sostanzialmente per intrattenere, ma non certo per far pensare. Dopo aver letto l’ultimo libro di Niccolò Ammaniti cosa ho imparato di nuovo su me stesso, sul mondo, sulla realtà che ci circonda? Niente di più di quello che apprendo guardando un talk show televisivo.

Mala Lengua

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I’m in H.
(And my heart beats so that I can hardly speak)
di
Francesco Forlani

Or ke lu effeffe nun se l’era mica scurdate, oubliè, forgot, azz, ke ce stivino li Lyons, nu paire, ‘n coppe a lo scalun central, sur centu ducento trecento gradi gradini, qu’il paraît k’el rimbombo des pas t’assordava, ah bon!
Et que au lieu de descendre se imaginava ça, ka se glissait, scivolava, sur la pierre, lo marbre, du pogia braziu, et ka s’envulava la ggente il paraîssait.
And I seem to find the happiness, quanno du purtone – ka si lo virivi de li campeti, du vialun, te paraît l’anima d’un cannun, Obice, ka sparavi li oci in cima allu turrione cum cascade de mille gouttes d’eau, aqua smossa, et du parco, funtana funtanela, aqua plata,caroza carozela, mierda des horses, ‘o cacia o caval, e nun te dérangeait, sturbava, manco ca ce fossero milliun de venditur ambulanti cum Guides do Palacio Real, do Parco, daa Regia? Se se!

quasi falso

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di Chiara Valerio

Si ravvisa, dunque, la necessità di elaborare una legge che contemperi il rispetto dell’esercizio della libertà del soggetto con la tutela della dignità di ogni uomo e del valore dell’inviolabilità della vita. (…) Il diritto di autodeterminazione (…) deve sempre lasciare uno spiraglio alla revisione e persino alla contraddizione. In caso contrario esso si trasforma nella presunzione fatale di poter determinare il proprio destino una volta per tutte (…) Ciò premesso, il seguente disegno di legge intende, nel pieno rispetto del diritto positivo e in primis della Costituzione italiana, riaffermare il valore inviolabile della indisponibilità della vita.

Il disegno è diventato legge. Ho guardato tua madre coprirsi il viso con entrambe le mani. Avrei voluto che qualcuno me lo mettesse davanti come una macchia di Roscharch e mi chiedesse cosa ci vedevo. Avrei risposto Il futuro.

Grave

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di Alberto Cellotto

Ecco, pensiamo, per un attimo, che le parole che compongono i versi di questa raccolta poetica siano dei sassi; sassi che, ab origine, furono massi, crolli di cime a seguito di frane o erosioni; pietrame che l’acqua trascina e modella nel corso tortuoso dei torrenti, dei fiumi, e che poi, nelle anse di questi letti, o perché in quei tratti il corso si fa asciutto, scompare sotterraneo, forma greti, le grave appunto, ampie distese di ciottoli. (…)I versi di Alberto Cellotto hanno la forma semplice, pura e levigata dei ciottoli, ne hanno la durezza e, pur essendo scaglie di un qualcosa di maestoso, ne conservano la loro compattezza, creano concentrici aloni di senso, nel foglio, come lo è l’acqua trafitta dal loro peso. (Dalla prefazione di Fabio Franzin)

RIPORTANDO TUTTO A CASA

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“Al termine del viale principale, imboccando la strada laterale che avevo percorso tante volte da ragazzo, la villa dei Rubino conquistò il parabrezza come una dichiarazione di resa. Il cancello era aperto per metà su un giardino regredito a vegetazione spontanea. (…)
Scesi dalla macchina, attraversai il cancello e solo allora mi accorsi che, semiemerso tra le ortiche e le barbe di capelvenere, c’era lo stupor mundi di tanti anni prima. (…) Quando ancora non avevo mosso il primo passo sulla scalinata, si aprì la porta d’ingresso ed eccolo… Eccoci ancora insieme. (…) Sorrise – un pieno, reale, gentile sorriso d’amicizia e quindi disse: “Scommetto che se mi avessi visto per la strada, non saresti riuscito a riconoscermi”, disinnescando il mio imbarazzo e i miei sensi di colpa ma dando allo stesso tempo un colpo ben assestato alle certezze su chi dovesse consolare chi. Ci fu un abbraccio delicato e pieno di attenzione, durante il quale ognuno cercò di calcolare al millimetro quanto bisognava stringere per trasmettere calore umano ma non turbare l’altro.”

Nicola Lagioia

Vampiri di mezza età

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di Franz Krauspenhaar

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[Questa sera alle 20.45, giovedì 12 novembre, Franz Krauspenhaar presenterà il suo nuovo volume Franzwolf al Circolo Sud, via Corsico 5, Milano; l’annuncio dell’evento dice tra l’altro letteralmente così: “Sono versi lucenti e durissimi come un diamante, e vale la pena di venire a sentirlo, anche perché Franz è pazzo e oltre a presentarci il suo libro ci intratterrà con monologhi, canzoni, deliri e chi lo sa…” a.s.]

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Usciti dalle auto, spalle depresse, malinconici
come sonde lunari, navighiamo per rotte di portineria.
Entrando pensiamo già al non da farsi.
E’ stata una giornata dura, di geli, di lampade spente.
Abbiamo bisogno di nuotare in una birra, in un biscotto,
in un rumore che sia caldo, di lana, rumore di tappeto.

Morsi contorti, lame e lapidi nella testa,

Autismi 15 – Il mio primo editore

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di Giacomo Sartori

Keith Haring, Andy Mouse (1986) © Keith Haring Foundation

Il mio primo editore era un editore molto prestigioso, lo è tuttora. Io invece ero una nullità, lo sono tuttora. Apprezzo le persone che nella loro testa tengono ben separate le capre dai cavoli. È lui che mi ha insegnato che a scrivere i romanzi al giorno d’oggi non ci vuol niente, quello che è difficile è appiccicarci sopra una bella copertina e venderli. È una lezione che mi è stata enormemente utile. Fa piacere quando si impara qualcosa che davvero serve, nella vita.

Il mio primo editore mi è rimasto nel cuore, perché la prima fidanzata e il primo editore non si dimenticano tanto facilmente. Come la mia prima fidanzata era un po’ vanitosetto, ma proprio per questo mi piaceva ancora di più. Come la mia prima fidanzata era un po’ bugiardino, ma questo non mi disturbava più di tanto.

Canzoniere brasiliano 4 – Uragano Elis

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di Sergio Pasquandrea

(con un ringraziamento particolare a Vincenzo)

Elis Regina è uno dei motivi per cui quest’universo merita di esistere.