Era, se ben ricordo, la primavera del 1981. Accogliendo l’invito dell’ assessorato alla Cultura del comune della mia città, Paolo Volponi era venuto per un duplice incontro con gli studenti delle medie superiori, che si svolse la mattina nell’aula magna del Liceo Classico, il pomeriggio nel grande auditorium dell’istituto tecnico per geometri. La sera, a cena, assieme agli organizzatori del ciclo di incontri inaugurato alcune settimane prima da Franco Fortini, si conversava a ruota libera. A un certo punto Volponi , per definire il sicuro insuccesso e insieme il velleitarismo di certa azione politica ipotizzata in quella conversazione, emise il seguente verdetto. E’ come istigare il vento. L’espressione mi piacque e me l’annotai.
Tempo dopo ritrovai quell’appunto e l’icasticità dell’immagine si trasformò in condotta per l’azione (utopica)
Roberto Bugliani
Istigare il vento
questo vento che nella sera s’attarda
e s’arresta incerto su altane e coppi
se dar di testa o planare lieve
dai tetti delle ville, dagli apici dei pini
involgendo misericordioso le loro diplomazie di menzogne.










