Primo di alcuni brevi essais philosophiques, per una fenomenologia del Noi, che dedico al mio amico Faber Centofanti

di
Francesco Forlani
La mano è sospesa a mezz’aria. Le due dita, indice e medio incollate come se stringessero una sigaretta. Il movimento in profondità quasi a toccare me poi se stesso.
E la parola Noi, a coronamento del tutto. Proferita con sicumera, proclamata, annunciata dal tuo interlocutore. A chi? A te, naturalmente ma soprattutto a tutti gli altri. A Voi, per esempio. E già. Perché ogni volta che si pronuncia la parola fatidica, Noi, da qualche parte del mondo ne spunta un’altra, quasi simile, Voi. Simile ma con qualcosa in meno, certo, e a testimoniare quella diminutio c’è la stanghetta in meno, come se la N avesse perso un suo piede – una gamba, pare una gamba – e diventa V. Del resto la parola Noi appare ad un occhio attento come un No! dalla vocale esclamativa e a testa in giù. Infatti si dice, Noi, non Voi! E così tutte le volte che sento dire Voi da qualcuno è come se nelle sue parole scorgessi un’antica colpa, la responsabilità di quel Voi intanto trasformato in Noi autore di un’amputazione, di una sottrazione e alla stregua di un chirurgo che avesse fallito un’operazione chiamo un collega, un avvocato cercando di capire. Ogni dialogo possibile – ancora possibile?- tra Io e Tu diventa immediatamente una guerra, quando i contendenti si chiamano Noi e Voi, per una separazione delle acque in cui annega ogni idea di complessità. Destra vs sinistra, sopra vs sotto, uomo vs donna, ricco vs povero, giovane vs vecchio, Nord vs Sud astratti e pacifici, diventano d’un colpo guerrieri e fascisti. Perché Noi del Nord, ( Voi del Sud ), Noi di sinistra ( Voi di destra ), Noi poveri ( Voi ricchi ), con la conseguenza che chi era a Sud scivola ancora più a Sud, i poveri diventano sempre più poveri. Da che parte stare allora? Su quale carro da Key pride montare e muovere il culo, aprire le porte giuste?
La mano è sospesa a mezz’aria. Una delle due dita, l’indice, si stacca dall’altro per raggiungere il resto della mano. Così mi viene da dire, con il dito medio a un palmo dal suo naso, e lo dico: uno. Sono arrivato uno. Come quel ciclista…