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La Vie en Rose

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di
Francesca Bellino

La pratica dell’aborto selettivo tra indiani, cinesi e pakistani elimina milioni di bambine l’anno, secondo l’Onu. La tecnologia favorisce crudeli tradizioni si eliminazione sistematica: le ecografie sono un mercato prospero in India. Come si posiziona, in questo contesto, la libertà di scelta? Le opinioni di Matha Nussbaum, Amartya Sen, Remo Bodei e Roberto Esposito

Il tradizionale modo di dire diffuso in tutto il mondo “Auguri e figli maschi”, in India acquista un senso concreto e tragico che rispecchia uno dei paradossi più grandi incarnati oggi dal Paese. Lo sviluppo tecnologico e il miracolo economico non hanno cancellato valori culturali e usanze dell’antica tradizione tra cui quella di desiderare un figlio maschio, preferenza che rientra nella più ampia attitudine indiana delle discriminazioni di genere a danno delle donne. Nell’“Incredibile India”, nonostante dal 1994 viga una legge che proibisce la pratica degli aborti selettivi di feti femminili e consideri illegali le ecografie prenatali che permettono di conoscere il sesso del nascituro, si registra un aumento del fenomeno con cifre allarmanti che hanno causato uno squilibrio demografico tra maschi e femmine quasi superiore a quello cinese dove vige la “politica del figlio unico”. Negli ultimi vent’anni “le donne mancanti”, così definite dall’economista Amartya Sen, sono state oltre 20 milioni.

Misha Glenny: McMafia – viaggio attraverso il nuovo crimine organizzato

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di Federico Varese – Professore di Criminologia all’Università di Oxford e direttore dello Extra-Legal Governance Institute. È autore di The Russian Mafia. Private Protection in a New Market Economy (Oxford University Press, 2001) e di Mob and Mobility, di prossima pubblicazione in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

MISHA GLENNY, McMafia. Droga, armi, esseri umani: viaggio attraverso il nuovo crimine organizzato globale, trad. di Anna Zapparoli, Milano, Mondadori, pp. VIII-448, € 18,00

Negli anni Novanta ho viaggiato spesso nella Russia Centrale e soprattutto nella città di Perm’, ai confini con la Siberia, per raccogliere materiale destinato a un libro sul crimine organizzato, e a ogni visita mi trovavo ad aprire un conto corrente in una banca che al viaggio successivo non esisteva più. Una volta parlai del fallimento delle banche con uno dei miei intervistati, il leader di un gruppo mafioso locale – un tipo corpulento, la cui corte si riuniva in un ristorante alla periferia della città. Indossava un completo bianco e parlava nel gergo dei criminali russi, che aveva imparato nel carcere dove era stato incoronato “boss”.

L’ormai attestata egemonia degli autori sperimentali in Italia

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[Il testo è stato pubblicato su Culturalia.]

di Marco Giovenale

Qua e là in siti web e riviste di letteratura si legge che la scrittura sperimentale, e specialmente la poesia di ricerca, sarebbe “egemone” nel nostro paese.
Trovo sia assolutamente fondato. A fatica la mattina mi faccio strada, in tram, fra gente che tiene ostentatamente aperto davanti a sé “il verri”; alcuni per tutto un viaggio in bus godono a infastidirti urlando al cellulare i propri progetti di traduzione di testi di Robert Smithson, di Kaprow, di Morris. Altri cianciano di Gysin. Viene la nausea. Cosa vogliono? Si ha la sensazione di essere circondati. Si ha questa sensazione, ogni giorno.

Ci salveranno i piedi, non le radici – Intervista a Marco Aime

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di Marco Rovelli

Marco Aime, docente di Antropologia culturale all’università di Genova e scrittore, ha pubblicato di recente due libri: La macchia della razza (Ponte alle Grazie), Il primo libro di antropologia e Una bella differenza (entrambi per Einaudi). Ma è soprattutto un appassionato antropologo che guarda al nostro presente, e ci è parso importante riflettere con lui, mettendo in gioco il suo acuto «sguardo da lontano», su quella che è la vera emergenza italiana di questi tempi: l’emergenza razzismo.
Nel suo «La macchia della razza» riflette a lungo sul linguaggio, sulle parole usate per «dire» l’immigrazione: una grandissima operazione di mascheramento, di costruzione di una realtà fittizia.
«La retorica comunicativa relativa al problema immigrazione, come a quello della sicurezza è significativa di una precisa volontà di stravolgere i fatti. Pensiamo al grande spazio dato agli sbarchi e ai respingimenti. La percentuale di stranieri che arriva dal mare è irrisoria, ma adeguatamente mediatizzato questo diventa il problema principale. Innanzitutto, quando avviene un reato si enfatizza l’origine se a commetterlo è uno straniero, ma non si fa la stessa cosa se a delinquere è un italiano. Così si mettono le basi all’equazione “straniero uguale criminale”, tacendo sulla stragrande maggioranza di immigrati che lavorano onestamente nel nostro paese. Poi si passa all’etnicizzazione del crimine. Basti pensare alle aberranti parole di Calderoli: “Ci sono etnie che hanno propensione a delinquere”. Ecco come ci si avvicina pericolosamente alle teorie razziali. Nel Manifesto della razza del 1938 c’era scritto: “È ora che gli italiani si proclamino francamente razzisti”. Il tono non è molto diverso da quel «Finalmente cattivi» della Padania, il giorno dopo i primi respingimenti».

Natale con bambino

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di Helena Janeczek

Sta per arrivare il Natale, il Santo Natale, e Gilda è nervosa più del solito: ferma in macchina allo svincolo dell’autostrada mentre cerca di uscire da Milano, ferma con davanti un cartello che sovrasta i cavalcavia, un rettangolo gigantesco che dice “Aiutare chi è rimasto indietro”. Gilda, oltre ad essere rimasta indietro nell’ingorgo prenatalizio, lo era anche rispetto a quei cartelli che nei mesi dei suoi piccoli spostamenti con carrozzina per il centro di Gallarate non ha visto sorgere e ora vede spuntare dappertutto. Certo, li conosceva. Però ne conosceva soprattutto le parodie, quelle tipo “Meno tasse per Totti” che Bruno trova e stampa in ufficio e poi si porta a casa per farsi perdonare i suoi rientri a sera tardi.

Lettura Fresca

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Eugenio Tescione legge, Racconti di qui, di Davide Vargas

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Parlerò del titolo, proponendo una possibilità di interpretare il testo – né per storicismo né per estetismo – preferendo al versante psicologico e antropologico quello semiologico e logico. Dirò quello che ho pensato durante la lettura, partendo dal luogo, dalla terra scritta in queste pagine; proverò a dire della necessità della letteratura, della scrittura realistica e onirica, della visione del reale e della cecità, e dunque della necessità dell’espressione lirica e della costruzione letteraria.
Il titolo mi ha fatto subito pensare ad un romanzo molto famoso, incompiuto, scritto negli anni venti (1922). Un’opera molto distante dalla scrittura di Davide, per stile e contenuto, ma, per qualche ragione a me sconosciuta, è rimasta, durante tutta la lettura, come sfondo di pensiero. La ragione per cui si è così imposto sta forse nella peculiarità delle vie associative, che mi sembrano abbiano funzionato per contrasto, per l’opposto che mediante la dissomiglianza diventa punto degli antipodi che spinge ad immaginare un arco entro il quale può essere racchiusa tutta la diversità del mondo.

Sembra ci sia qualcuno . . .

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[molto volentieri pubblico la traduzione, l’originale è in figura, di una poesia cinese classica particolarmente bella, gentilmente affidatami da una cara amica che molto ne sa. Sua è anche, naturalmente, l’introduzione al testo. a.s.]
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“Lo Spirito del Monte” (Shan gui) fa parte dei “Nove Canti” (Jiu ge), una raccolta di poesie cerimoniali sciamaniche cinesi, che secondo la tradizione furono raccolte e rielaborate dal poeta Qu Yuan.
Le poesie sono databili al IV secolo a.C. e appartengono a luoghi e civiltà precedenti all’avvento degli Han, che segnò l’inizio della cultura cinese nei suoi aspetti a noi più familiari (unico potere centrale, confucianesimo, sofisticata struttura burocratica…).

Sembra ci sia qualcuno – hsi…nella piega del monte,
tralci d’edera l’avvolgono – hsi…il convolvolo gli cinge i fianchi.
Ecco, egli mi contempla – hsi…e sorride con approvazione.
“Signore, tu mi osservi con desiderio – hsi…la mia grazia ti ha ammaliato”.
Alla guida di rossi leopardi – hsi…linci screziate al mio seguito,
monto un carro di magnolia – hsi…e di cassia ho intrecciato una bandiera.
Orchidee mi rivestono – hsi…la mia cintura è di zenzero in fiore.
Colgo fiori soavi – hsi… per donarli a colui che domina i miei pensieri.

Tre Apocrifi

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di Marco Ercolani

Visione

Inedito di Samuel Beckett, 1 gennaio 1970.

Attraversa il sentiero correndo; si impenna, appare, scompare; è di un bianco lucente, investito dal sole, non ne avevo mai visto uno simile, sebbene avessi sentito parlare di cavalli fin dall’infanzia…
Dovremmo potere. Ma con prudenza, passo dopo passo, rammentando il fango che blocca i muscoli, ricordando la stretta delle corde e il gelo delle sbarre. Un movimento dopo l’altro. Il piede destro sopra un punto, il piede sinistro sopra l’altro punto, curvi, la bocca aperta, gli occhi serrati.
Il cavallo bianco mi impressiona, ma anche le altre cose bianche, le lenzuola, le pareti, i fogli, i fiori, e soprattutto l’idea del bianco, agghiacciante in mezzo alle tenebre, quando io, sveglio, la fronte sudata, come un sudario alzato fra il letto e la porta…

Milk and Mara [cinema sho(r)t #2]

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di Nicola Ingenito

Elementi di critica omosessuale: lettera aperta al Ministro delle Pari Opportunità Mara Carfagna.

Ministro Carfagna, le scrivo,come spettatore cinematografico e come cittadino, per consigliarle la visione di un film: Milk di Gus Van Sant. A me il film, dal punto di vista cinematografico, non ha convinto nemmeno un po’, ma, allo stesso tempo, credo che sia pensato e girato più per lei che per me.

La volpe (15 luglio 1997-15 luglio 2009)

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di Francesca Matteoni

a S.

Tulse Hill, dicembre 2007

I

Ti scrivo da quest’ultimo mese, in cui ci si raccoglie. Si richiama il freddo dall’esterno, a palme schiuse, si strizzano gli occhi nel sole di ghiaccio: il vento taglia le bocche, indurito contro il pensiero. Ormai vivo di partenza, tra l’Italia e Londra. Abbandono le montagne tutte attorno alla provincia toscana, il senso di un mondo protetto, per la metropoli di tempi fagocitanti, vertiginosi, che scendono dalla City ai villaggi delle periferie. Nel suo cuore è un raccordo di antico e moderno – s’infuocano i palazzi di specchi, l’acciaio architettonico proprio accanto alla cattedrale di St. Paul, all’Old Bailey dalla giustizia bendata, dove le folle si accalcavano per vedere gli assassini, i ladri, la miseria ignorante delle streghe tutti esposti nei ceppi tre secoli fa. La domenica gli uffici sono chiusi: mi piace camminare in questo deserto gigante di pietre, colonne, vicoli tra le banche serrate. Non come a Leicester Square con l’irritazione crescente per i turisti che non sanno mai dove attraversare; sulle scale mobili non stanno sulla destra, discutono allegramente tra di loro, collezionando sfilze di accidenti mentali da chi si affretta nel sottosuolo, per i treni. Poi a volte mi lascio trasportare negli snodi riprodotti, moltiplicati delle strade e della metropolitana – non c’è un altro mondo di paesi e natura, Londra lo divora, ci si inventa sopra. Un treno si blocca per l’uragano, i cavi elettrici sbattuti sui binari, e devo camminare fino alla stazione di Totteridge, all’estremo nord. Ci sono colline brune e foreste, che svettano sulle case a schiera. Mi fermo in un bar minuscolo, ad ordinare una delle terribili cioccolate inglesi, con troppo poco cacao in una tazza enorme. Penso che comunque la solitudine è anche bella, non devo rendere conto a qualcuno, posso restare lì, semplicemente a osservare le cose, lasciare che la loro storia ignota sia la mia. Le mie giornate sono questo scoprire e chiedere del passato. Uno strascico vago, persistente di informazioni, di fili che si raggiungono nella rete del paesaggio, quasi che niente avesse mai significato di per sé, isolato nell’attimo in cui accade. Incontro di nuovo gli eventi trascorsi, brillano in frammenti estranei, come la neve di Joyce sui vivi e sui morti, smantellano l’inganno degli anni, del loro spostamento.

Like a Rolling Stone

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di
Gian Paolo Ragnoli detto Giambo

Francia del sud, anni ‘70



Lo so, lo so, qualsiasi idiota potrebbe dire c’ero anch’io, le backing vocals sono basse nel mix e non si distinguono chiaramente. Non ho mai capito se fosse stata una scelta stilistica di Keith e di Jimmy Miller o fosse capitato per caso, registrando nelle cantine di casa di Keith invece che in uno di quegli studi pazzeschi che gli Stones si sarebbero potuti permettere.
Ma era un periodo strano, questo esilio francese, e il fatto che fossero quasi sempre quasi tutti strafatti contribuiva a dare alle cose un tocco surreale, a farti pensare che c’era un’accorta regia mentre invece le cose succedevano come al solito, come pare a loro, e noi stavamo lì a ricamarci sopra qualche disegno superiore, il tuo karma è negativo, amico, no , guarda, è solo che tu sei troppo fuori anche solo per capire l’espressione karma negativo, insomma dialoghi così, come un Corman girato a doppia velocità. 
Comunque c’ero anch’io, secondo voi il testo su Angela Davis chi l’ha scritto? 
Me ne stavo a Villefranche, guardavo il sole tramontare, bevevo Côtes du Rhône, aspettavo l’estate come se questo significasse che stavo facendo qualcosa di sensato. 
D’altra parte non mi capita quasi mai…



GranTorino: Gaetano Cappelli

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l’originale qui:

Note per uno Story Border

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Narcisse Revisited, Caravaggio ?

« Fece alcuni quadretti da lui nello specchio ritratti. Et il primo fu un Bacco con alcuni grappoli d’uve diverse »
Giovanni Baglione su Caravaggio , nelle Le Vite de’ Pittori, Scultori, Architetti, ed Intagliatori del 1642

Mentre attraversava la strada, diretto verso la farmacia all’angolo, girò involontariamente la testa ( un bagliore gli aveva colpito di rimbalzo la tempia ) e vide – col rapido sorriso con cui salutiamo un arcobaleno o una rosa- che dal furgone stavano scaricando un parallelepipedo di cielo di un bianco accecante, un armadio a specchi su cui, come su uno schermo cinematografico scorreva il riflesso impeccabilmente nitido dei rami, scivolando e oscillando in modo tutt’altro che ligneo: era un vacillare umano, condizionato dalla natura di chi portava quel cielo, quei rami, quella sdrucciolante facciata.”
Vladimir Nabokov, Il dono

Un pittore, Caravaggio e uno scrittore Nabokov, dunque, alle prese con un’esperienza che è ben oltre la semplice visione di un fenomeno. Diciamo pure che quella apparizione di seconda mano, l’immagine riflessa, permetteva l’accesso alle cose nella loro più intima essenza. Come se la cornice, dello specchio, del quadro, rendesse possibile una visione più autenticamente “umana” del mondo. Storicamente fu quando le pareti delle case si sostituirono agli altari delle chiese, che le opere, affreschi, si staccarono dall’immaginario sacro per diventare quadri trasportabili nel quotidiano delle stanze.

Il sonno della ruggine

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di Marina Pizzi

1.
la giacca della rupe l’ho messa
accanto alla culla. così si capirà
che non è nascita essere bambini
i ragazzini con le caviglie esangui
le lunghe nuche senza fidanza.
in palio non c’è niente se non vedetta
di vendetta guardarci dritti negli occhi.
un compagno di asilo è stato ammesso
a fischiettare con le rondini. questo il
buono che si staglia tutto fecondo e dotto.
una minaccia di pioggia fa da tara
all’abaco che non conta che sfila
il pallottoliere dentro il pozzo.

2.
in merito alla girandola furbetta
resta la nube imbrattata di sangue.
qui le sanguisughe sono condominiali
i panni stesi non nascondono amori.
i dondolii di cuori reciproci
gemellano i cipressi ben futuri
al prossimo adesso, adesso.
qui sfinito il mosto senza nettare
condanna la fuga fradicia di muschio.
devo restare per un diverbio netto
con le ciliegie spinose sotto la rena
e fingono languori le formiche
operaie. tu in gola al nome
mi chiami febbre tanto per
innamorarmi. ma è tardissimo
il movimento di ancorare i gabbiani.

SCIOPERO DEI BLOGGER

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di Dirittoallarete

IL 14 LUGLIO IL PRIMO SCIOPERO DEI BLOGGER

E IL RUMOROSO SILENZIO DELLA RETE!!

CONTRO IL DDL ALFANO E L’OBBLIGO DI RETTIFICA PER I GESTORI DI TUTTI I “SITI INFORMATICI”.

L’iniziativa nata in Rete e per la Rete ha avuto un insperato successo raccogliendo l’adesione di migliaia di blogger, gestori di siti internet di informazione non professionistica e molte associazioni di categoria.

A questo punto il 14 luglio si avvicina e bisogna prepararsi per il rumoroso silenzio.

Ecco cosa fare:

– alla mezzanotte del 13 luglio, se hai un blog o un sito internet pubblica il logo dell’iniziativa che puoi scaricare attraverso il sito www.dirittoallarete.ning.com con un link all’iniziativa.

– il 14 luglio, alle 19, quindi, non mancare all’appuntamento a Roma, in Piazza Navona dove la blogosfera e la Rete si siederà in circolo a fare una chiacchierata su quello che sta accadendo, perché così possiamo ancora parlare e poi ci imbavaglieremo simbolicamente per qualche minuto per far capire a tutti cosa potrebbe accadere alla libertà di informazione on-line se le disposizioni del DDL Alfano in materia di obbligo di rettifica venissero approvate.

Nel corso della manifestazione tanti giornalisti e blogger scatteranno foto e riprenderanno la manifestazione così da consegnarla poi alla memoria della Rete e consentire a quanti non potranno esserci di partecipare comunque all’iniziativa facendone rimbalzare on-line le immagini.

Ci vediamo a Roma!

(Alessandro Gilioli, Gudo Scorza, Enzo Di Frenna)

Per maggiori informazioni consulta il sito www.dirittoallarete.ning.com o scrivi a dirittoallarete@gmail.com

AntiLars [cinema sho(r)t #1]

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di Carlo Mazza Galanti

Ossigenato il cervello e sciacquati gli occhi in un bagno di sana luce estiva, le vibrazioni apocalittiche dei titoli di coda che ancora filtrano dalla vicina sala di proiezione suscitano un sorrisetto pietoso.

Art. 67 Il bambino comunista dandy: alimentare what’s on?

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articolo dedicato al PCD (poeta comunista dandy) Andrea Inglese che compie gli anni. E al 1967, la belle époque.
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Quando il bambino comunista dandy ha fame sono cazzi. Per evitare assalti frontali alla tranquillità domestica è opportuno che l’entourage rispetti una dopo l’altra le regole che seguiranno, con una coscienza assoluta del rischio in cui si incorre nel caso in cui non fossero rispettate, come quello di ritrovarsi un adulto in casa o peggio ancora un bimbo democristiano.

Il bambino comunista dandy e gli omogeneizzati
Essendo di natura anticonformista e panico, il bcd messo di fronte a una simile poltiglia reagirà con una contaminazione, pollockiana, via sputo, della carta da parati appena sistemata, manifestando una predilezione per quella liberty del salone ma senza trascurare quella finto social democratica, apposta in cucina a fasce regolari. A nulla servirà riprodurre allora fantasiosi aeroplanini wroom wroom con volo in picchiata del cucchiaio né tanto meno l’odiatissimo seppur gettonato elicottero. Accade infatti inspiegabilmente che parta la musica di Apocalypse Now, e in quella nuova, tutta moderna cavalcata delle valchirie il bambino comunista dandy cominci dapprima con rigurgito e poi con eccessi di vomito a bombardare velivolo e mano del pilota con la stessa perizia di un’antiaerea israeliana.

Premio Stephen Dedalus 2009

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[La classifica pordenonelegge-Dedalus di luglio si può leggere qui]

Cinquine dei finalisti al Premio Dedalus 2009:

NARRATIVA

Antonio Moresco, Canti del caos, Mondadori 2009
Francesco Permunian, Dalla stiva di una nave blasfema, Diabasis 2009
Francesco Piccolo, La separazione del maschio, Einaudi 2008
Laura Pugno, Sirene, Einaudi 2007
Giorgio Vasta, Il tempo materiale, Minimum Fax 2008

La caduta

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di
Roberto Bugliani

Da domenica 28 giugno in Honduras è in corso un colpo di stato nella sua forma classica, che sembra tratta pari pari da un manuale della CIA degli anni Sessanta, con tanto di gorilla dell’esercito, stato d’assedio, sospensione delle garanzie costituzionali, dura repressione delle manifestazioni di protesta, arresto dei dirigenti sindacali e dei movimenti indigeni, sociali e popolari del paese, e che ha destituito il legittimo presidente Manuel Zelaya, un impresario cinquantaseienne del Partito Liberale eletto nel 2006, il cui mandato avrebbe dovuto scadere nel gennaio 2010. Zelaya aveva iniziato a governare il paese attuando una politica di centro-destra, ma negli ultimi anni aveva virato verso posizioni di centro-sinistra mal tollerate dall’élite oligarchica honduregna oltreché dagli ultimi governi zelantemente neoliberisti del subcontinente.

Vale la pena ricordare che Mel, come lo chiamano i suoi sostenitori, è stato uno dei promotori più attivi per la riammissione, avvenuta all’inizio di giugno, di Cuba nella OSA (Organizzazione degli stati americani, o OEA in spagnolo), da cui era stata esclusa nel 1962 per una risoluzione imposta degli Stati Uniti, e che, alla presenza della silenziosa Hillary Clinton durante il vertice tenuto nella città honduregna di San Pedro Sula, aveva concluso il suo discorso con le seguenti parole: “io dico al comandante Fidel Castro: oggi lei è stato assolto dalla storia”.