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Da: Il mare alto. Inediti di Renata Morresi

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infra

di Cristina Babino

Il mare alto è una linea d’orizzonte. Quella che si intravede in certi giorni dalle colline che ci sono familiari. Quella che si scopre all’improvviso, nella sua carica ovvietà, dalla prospettiva abbassata di una spiaggia. Che ci riconduce alla nostra infinitesima dimensione, che ci rimette al nostro posto.
Questa raccolta di inediti è una cattedrale in costruzione. Non ha ancora una forma definitiva, né un numero di mattoni stabilito; è un work in progress di cui si possono però saggiare già la solidità delle fondamenta, i tratti caratterizzanti e le discontinuità di una ricerca stilistica che sa farsi cifra a un tempo individuale e indicativa di una via, di uno degli infiniti percorsi possibili di ricerca del senso, e della sua espressione poetica. Una quȇte fatta di un graduale, faticoso riconoscersi sempre più in se stessi e nella propria rappresentazione del mondo: per quanto fatta di scarti, di frenate, di sorpassi e ripensamenti emozionali, prima ancora che formali.

POVERI MA VECCHI ::: rassegnetta di suoni apparentemente italiani :::

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camomilla

A Roma, giovedì 26 febbraio 2009, dalle ore 19:00

presso la Libreria Empiria (via Baccina 79)

POVERI MA VECCHI

— rassegnetta di suoni apparentemente italiani —

quattro giovani poeti attestati negli anta
introducono testi nuovi :

Andrea Inglese, Andrea Raos, Marco Giovenale, Michele Zaffarano

leggono pagine inedite e èdite.

Cose che dovete fare se volete essere recensiti (positivamente) da Emanuele Trevi su Alias

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alias

di Gianni Biondillo

1. Non scrivete un giallo.
2. Se proprio lo avete fatto, scrivete sulla quarta di copertina che è “molto più di un giallo”.
3. Nel caso sia inequivocabilmente e noiosamente un giallo, sulla bandella fate riferimento ai precedenti illustri di Carlo Emilio Gadda e di Fiedrich Dürrenmatt.
4. Scrivete un anti-romanzo.
5. Se non sapete cosa sia un anti-romanzo, fate delle lunge digressioni a caso, scombinate un po’ i caratteri tipografici nei vari capitoli, scrivere un testo sterminato, aggiungete grafici, mettete flussi di coscienza, parole a caso, citazioni, note a pie’ di pagina, elenchi della spesa, massacrate la trama, fate parlare tutti i personaggi con la stessa inverosimile lingua, immaginatevi una struttura portante fittizia dove buttarci dentro tutto questo ciarpame: la struttura è tutto (ad es: il numero dei capitoli deve essere “tondo”: 1000 capitoli, 666 capitoli, etc.). Dite che ogni capitolo corrisponde a una serie di costellazioni visibili solo nell’emisfero boreale, o che la scansione è data dalla sucessione di Fibonacci, che i nomi dei personaggi corrispondono alle vie del tuttocittà del quartiere dove vivete voi, etc.

Da tutte le parti

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di Vincenzo Martorella

Prendete “Both Sides Now”. Direte: quale? Buona domanda, perché la questione è tutta lì. La prima e l’ultima, come un pendolo definitivo. La prima, e la sua ingenuità soltanto apparente; l’ultima, che gronda e trasuda, tracima ed esonda qualcosa, difficile da definire. Dove tutto è sottile, e subdola, innocenza Joni Mitchell sostituisce la vita, la grana delle cose, le rughe della sua voce. Si cresce, già. E si matura. Si cambia. Sembra facile. Non sempre gli artisti ci riescono, in fondo.

Se, e quando, invece, si è anche un retro, oltre che una faccia, diventa possibile qualsiasi meraviglioso prestigio: come, ad esempio, guardarsi indietro (brivido), riprendere tra le mani fette e spicchi di un passato, di schegge di vita annegate in un bourbon dal gusto ormai amarognolo, ma che si è bevuto, brindando, alla salute. E alla faccia.

Chanson Diptyque ( parole Livio Borriello – musica Gabriella Giordano)

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bisogna così acchiappare il tempo e rivoltarlo nell’eternità, scamosciarlo e inciderlo, sguainarlo, e lasciarne così la polpa assurda all’aria e il suo afrore marcio alla luce, alle parole

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io misuro il mare con le linee, e i fili elettrici correndo avanti al mare entrano asciutti in mare, trasportano i mini-animali pullulanti e non sfrigolano nell’acqua e nell’umor vitreo, e tutta la cosa che è il mondo sembra un cruciverba ontologico e un’equazione e un sapiente tessuto afghano e un cervello nitidissimo e blu, il cervello del futuro, la mielina del non-ancora, la dura madre del mondo

Per Witold Gombrowicz: un elogio

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di Giuseppe Montesano

Sono felice di pubblicare un pezzo di uno dei miei autori italiani preferiti. È così: tutti gli scrittori europei e latinoamericani che amo sono dei grandi lettori di Gombrowicz. Gombrowicziani di tutto il mondo no todo está perdido! (M. R.)

Chi era veramente Witold Gombrowicz? Confesso che questa domanda insensata mi ha sfiorato e tentato mentre rileggevo Ferdydurke, Pornografia, Bacacay, Cosmo, il Diario, Una giovinezza in Polonia, Trans-Atlantico, e leggevo tutto ciò che ero riuscito a procurarmi su di lui: saggi, interviste, prefazioni.

La materia umana

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di Sara Palombieri

Avevo vent’anni. Ero al secondo anno di medicina, bruciavo dall’impazienza di scoprire quale sarebbe stata la mia strada, quale microcosmo specialistico m’avrebbe rapito l’interesse. Per questo vagabondavo per i reparti, alla scoperta di un mondo.
La terapia Intensiva Neurologica mi metteva addosso la più insana curiosità perchè è un luogo tanto affascinante quanto proibito anche al più stretto dei parenti che deve accontentarsi di contemplare il proprio caro da un televisorino, posto in una specie di sala di regia.Ma io sono entrata lo stesso.Una volta dentro mi ha colpito subito l’odore intenso di disinfettante e il silenzio quasi religioso. All’improvviso, però, la mia attenzione è stata attratta da un rumore particolare, lo stesso che si sente quando la cannuccia succhia dal bicchiere le ultime gocce di bibita, ma molto più cupo, più profondo, più umido. Dirigendomi verso la stanza di provenienza di quella colonna sonora, vi ho scoperto una persona. Era sveglia e stava sdraiata sul letto, ma con lo schienale alzato. Non aveva capelli, al loro posto solo una fitta peluria grigiognola. Era nuda nel letto, come vuole la prassi della terapia intensiva.

Quattro poesie

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di Franco Arminio

stavo al sole
dalla panchina dell’edicola
guardavo la domenica
della gente.
mi chiamano per dirmi
di uno che è morto
e torno spugna
legna topo
niente.

Confronti a distanza

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di Franco Buffoni

Qualche giorno fa mi è capitato di riordinare i primi numeri dello storico FUORI (Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano). Proprio nel primo numero colpisce in modo particolare il bel reportage di Enrico Airone sul franchismo in Spagna.
Correva l’anno 1972, ero in Inghilterra per il dottorato (pure Mario Mieli era spesso in Inghilterra in quei mesi) e ricordo benissimo alcuni studenti spagnoli che non nutrivano alcuna speranza circa un possibile cambiamento della “situazione” nel loro paese. Troppo sigillato era il patto tra chiesa cattolica e franchismo. Dicevano: se Francisco Franco dovesse morire andrà al potere Carrero Blanco, non cambierà nulla. Io, italiano, mi sentivo al confronto fresco e giovane, lottavo per il divorzio, per la legge Basaglia, per quella sul cambiamento di sesso: potevo manifestare, scendere in piazza. Vivevo in una democrazia.

Vivere ad libitum

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di Chiara Valerio

C’è un istante tra il quindicesimo e il sedicesimo sorso di champagne, in cui ogni uomo è un aristocratico. Causa di Forza Maggiore di Amélie Nothomb (Voland, 2009) è una storia di personalità liquide. E non solo per i fiumi di champagne.

L’ennesima rottura di coglioni (su scala mondiale)

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ovvero come far fronte alla piaga Facebook

di Andrea Inglese

C’è già la rottura di palle delle finestre. Che non puoi più lasciarle aperte, manco per cinque minuti, che ti ritrovi un vescovo in casa. Sono abilissimi, nonostante la faccia raggrinzita, il corpo mummificato, e il tonacone abbottonato, inforcano facilmente il davanzale, e hop! sono dentro casa a ravanare tra le tue cose. E un vescovo mica lo puoi cacciare via in malo modo, come fosse un rumeno qualsiasi o un ladro. Lo devi accompagnare alla porta con i sacri crismi. Ora ci si è messo pure Facebook, questa irresistibile catena di Sant’Antonio, che si sta espandendo a macchia d’olio per il pianeta, sorta di vorace tamagotchi, che dobbiamo costantemente nutrire, inchiodati a una manutenzione giornaliera di diverse ore… Che uno crede sia un modo per procacciarsi rapporti sessuali protetti a gratis e in tempi brevi. E non è vero niente, anche mettendo foto false, di divi dal pettorale bombato, o riempiendosi il costume di tovaglioli arrotolati.

Schema per un’Odissea

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argodi Un funzionario

Oggetto: CONDIZIONATORE BRUCIATO (decreto del D. G. n. 4445 del 6/7/2006: esigenze degli Uffici della *****)

Gentili Funzionari,

Come certamente ricorderete nell’afosa estate scorsa, il condizionatore dell’aria fredda (climatizzazione) in questa stanza 47** fu del tutto inutilizzabile, essendosi stato fuso il compressore già da parecchi mesi (inizio giugno) senza ripararlo né sostituirlo. A causa della torrida calura e dell’umidità soffocante che ostacolò non poco l’ordinaria respirazione e traspirazione dei corpi, sopraggiunse subito un rischio e un pericolo – e una grande sofferenza – per la salute personale di chi scrive nonché dei due funzionari allora presenti (X*** e Y***) nella stessa stanza.

Non sono state applicate, altresì, le disposizioni normative relative al decreto legislativo n. 626 del 19 settembre 1994, integrato col decreto legislativo n. 242 del 19 marzo 1996 per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo del lavoro, e fu miseramente accantonata una ricca corrispondenza, due messaggi inviati al **** dal sottoscritto e una lettera ufficiale a firma del capoufficio con protocollo n. ***** del 25 giugno 2008.

Per non ripetere il medesimo dramma, vi chiedo cortesemente di voler dare corso a una sollecita sostituzione del condizionatore modello “Argo” (marchio AWA) nella viva speranza di non incontrare altri inquietanti ostacoli o impedimenti nella prossima estate 2009.

Con osservanza,

A*** B***

Su Marco Giovenale, Criterio dei vetri

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di Fabio Moliterni

Ormai da tempo, la scrittura di Giovenale è testimonianza in atto di una ricerca progettuale, laboriosissima, che investe il fare poetico nella convergenza di plurimi riferimenti culturali e apporti teoretici. Sono i necessari approfondimenti per testare la tenuta e le possibilità sociali del linguaggio lirico all’altezza del presente. Laddove la pratica di nuove strade di comunicazione (la rete come archivio aperto, deposito di tracce ragionative, vetrina di scambi intellettuali) non è disgiunta da un (invisibile e) tenace lavoro di ricerca, anche interdisciplinare – tra saggistica e fotografia, arti figurative e traduzioni, poesia prosa e arte contemporanea: prevalentemente in dialogo con esperienze o tradizioni estranee alle codificazioni di esclusivo ambito nazionale. Il percorso di scrittura, a sua volta, viene restituito provvisoriamente per schegge o frammenti, mentre prova e riprova la propria affidabilità di fronte agli incerti della verifica in versi, i possibili innesti culturali, l’urto con gli eventi del vissuto.

Teocrazia imperfetta

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di Alessandro Carrera

Un mio collega che segue le cose italiane mi ha chiesto di spiegargli che cosa significa per l’Italia la controversia intorno a Eluana Englaro (che in America ha fatto capolino anche su CNN). Senza pensarci, istintivamente, gli ho detto che per capire l’Italia di oggi deve pensare all’America coloniale, prima della dichiarazione d’indipendenza. Finché è durata la Prima Repubblica, la Democrazia Cristiana aveva un’importante funzione di mediazione tra il Vaticano e l’Italia. Venuta meno la DC, la mediazione è saltata, e gli italiani si sono trovati esposti alla lotta che da allora, a Roma come nel resto d’Italia, si svolge tra due stati per il controllo dello stesso territorio. Il risultato è una situazione coloniale e una teocrazia imperfetta.

In una nota dello “Zibaldone” datata 1 dicembre 1825, Leopardi osserva che i romani e in generale gli italiani, per via del gran numero di papi non italiani che hanno avuto, sono l’unico popolo che non trova strano il fatto di essere comandato da un capo di stato straniero. Tale situazione di “pacifica e non cruenta schiavitù, e quasi conquista” (parole testuali) non solo è data per scontata, è anche obliata. Molti italiani non sanno affatto di vivere in una colonia e non in uno stato sovrano, che le curie vescovili agiscono sul loro territorio come agenzie coloniali, e che lo stato non è retto da governanti ma da governatori.

No alla legge-tortura. Sì al testamento biologico. Tutti a Piazza Navona sabato 21 febbraio ore 15

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Appello di Lorenza Carlassare, Andrea Camilleri, Furio Colombo, Umberto Eco, Paolo Flores D’Arcais, Margherita Hack, Pancho Pardi, Stefano Rodotà:

La vita di ciascuno non appartiene al governo e non appartiene alla Chiesa. La vita appartiene solo a chi la vive. Il decreto legge di Berlusconi, trasformato in disegno di legge dopo che il presidente Napolitano, da custode della Costituzione, ha rifiutato di firmarlo, vuole sottrarre al cittadino il diritto sulla propria vita e consegnarlo alla volontà totalitaria dello Stato e della Chiesa. Rendendo coatta l’alimentazione e l’idratazione anche contro la volontà del paziente, impone per legge la tortura ad ogni malato terminale.
Pur di imporre questa legge khomeinista, Berlusconi ha dichiarato che intende sovvertire la Costituzione repubblicana. E’arrivato ad oltraggiare una delle costituzioni più democratiche del mondo, la nostra, definendola “filosovietica”, mentre non perde occasioni per elogiare il suo “amico Putin”, ex-dirigente del Kgb. Al governo Berlusconi che ha ormai dichiarato guerra alla Costituzione repubblicana, è dovere democratico di ogni cittadino opporre un fermo “ora basta!”.
Per dire sì alla vita e no alla tortura, per dire sì alla Costituzione e no al progetto di dittatura oscurantista, per dire sì al Presidente che sostiene la Costituzione contro chi la viola, la svilisce, la insulta, chiediamo a tutti i democratici di auto-organizzarsi per una grande e pacifica manifestazione, senza bandiere di partito, solo con la passione e l’impegno civile di liberi cittadini, a Roma, a piazza Navona, sabato 21 febbraio alle ore 15.Passa parola, la democrazia dipende anche da te”.

FIRMA L’APPELLO: http://www.micromega.net

Il resto in cantanti

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di
Matteo De Simone

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Quando si racconta una storia, e lo si fa attraverso una canzone, bisogna stare molto attenti, perché le canzoni stigmatizzano. La storia, in una canzone, diventa subito messaggio. In una canzone, le parole assumono un peso difficile da equilibrare: se io dico in una canzone che non trovo pace sessuale e mi innamoro di un uomo perché mia madre era oppressiva e mio padre assente, sto dicendo di fatto che l’omosessualità nasce da un’educazione sbagliata. Sto dicendo che l’omosessualità è una deviazione dovuta a dei traumi d’infanzia, mi devo prendere la responsabilità di questa affermazione e devo sostenerla di fronte a tutto quello che è stato detto, scritto e pensato sull’argomento, perché io l’ho pensato, l’ho scritto e lo sto dicendo (di più, cantando).

Autismi 5 – Il mio organo di riproduzione (2a parte)

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francesco_clemente2 di Giacomo Sartori

Il suo concetto di amica era molto particolare. Per lui ogni ragazzetta che passava per strada era una sua potenziale amica, per non dire già un’amica di vecchia data. Era la prima volta che la vedeva, e molto probabilmente sarebbe stata anche l’ultima, ma per lui il legame era ormai indissolubile, si trattava solo di passare ai fatti. Bionda, bruna, piccola, stangona, seriosetta, oca giuliva, occhialuta, senza occhiali, pretenziosa, aveva dei gusti ampissimi. Se fosse stato per lui si sarebbe gettato seduta stante a stringerle la mano, si sarebbe fatto una delle sue sudate. Un cagnetto eccitato in confronto a lui era un pezzo di ghiaccio, un gentleman inglese. Non avevo mai visto una maleducazione e una sfrontataggine del genere. E poi il selvaggio ero io, secondo mia madre.

Lui però vedeva le cose altrimenti. Se la prendeva ogni volta con me. Mi diceva che era tutta colpa mia, se non aveva potuto fare conoscenza con questa o quella sua amica. Non mi ero impegnato, avevo fatto tutto il contrario di quello che avrei dovuto. Ero troppo timido, troppo imbranato, troppo timorato da dio. Il mio ideale erano in fondo ancora le innocenti coccole delle maestre dell’asilo. E per di più mi ero intestardito su una sola persona, come se vivessimo in un paese socialista con un unico tipo di vodka sugli scaffali. Ero un vero e proprio impiastro.

Marmo

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di Piero Sorrentino

viamedina

Il Signore sorregge tutti quelli che cadono
e rialza tutti quelli che sono piegati

Salmo 145

Nello stesso ospedale dove per molti anni aveva lavorato a tirare fuori dalle pance di donne sofferenti bambini vivi e bambini morti, Lina, la moglie di Carlo, stava morendo. Il cielo sopra gli Incurabili era grigio e stropicciato come il foglio di alluminio che avvolgeva il pollo arrosto che Carlo si era comprato per pranzo in una rosticceria sotto i portici di via Tribunali. Era uscito su via Duomo e aveva fatto il pezzo finale della strada, prima di uscire su via Foria, con la busta che gli ballava sulla gamba a ogni passo. A porta San Gennaro si era fermato davanti all’edicola votiva del martire e si era fatto due volte il segno della croce. Qualcuno aveva messo un pupazzetto a forma di delfino troppo vicino alla cappella, e Carlo l’aveva spostato quel tanto che bastava per non dare fastidio al santo. Sulla pancia del delfino, a pennarello, una mano aveva scritto ti prego guarisci Davide.
Carlo l’aveva rimesso dove stava prima, facendosi il terzo segno della croce.

La nostra filosovietica costituzione

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null

di Francesca Matteoni

Volevo fare questo post circa una settimana fa, quando l’attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, se n’è uscito con il suo giudizio ‘politico’ sulla nostra costituzione (nostra, un aggettivo possessivo che non mi sento di declinare per il suddetto presidente), scritta per tutti gli italiani e non per uno o l’altro schieramento di partito, altra cosa che chi ci governa ha dimenticato: si è responsabili di tutto il popolo, non solo di una parte.

L’annerita, prosa per De Signoribus

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di Marco Ceriani

Che cosa o chi guida la direzione di scrittura di Eugenio De Signoribus, ora che Garzanti mette a disposizione del lettore il suo “quasi tutto” («Raccolgo in questo volume i cinque libri a oggi pubblicati. I libri, non altro. Non le prove che precedono o affiancano, non i versi d’occasione o d’adesione, magari compiuti ma non entrati nel respiro dell’opera» ci dice il poeta), sagomato sapientemente in percorso da un “dentro” a un “fuori”, questo in apparenza: l’intradosso o l’estradosso? il moto centripeto o quello centrifugo? Turris eburnea e agorá…