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Il resto in cantanti

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di
Matteo De Simone

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Quando si racconta una storia, e lo si fa attraverso una canzone, bisogna stare molto attenti, perché le canzoni stigmatizzano. La storia, in una canzone, diventa subito messaggio. In una canzone, le parole assumono un peso difficile da equilibrare: se io dico in una canzone che non trovo pace sessuale e mi innamoro di un uomo perché mia madre era oppressiva e mio padre assente, sto dicendo di fatto che l’omosessualità nasce da un’educazione sbagliata. Sto dicendo che l’omosessualità è una deviazione dovuta a dei traumi d’infanzia, mi devo prendere la responsabilità di questa affermazione e devo sostenerla di fronte a tutto quello che è stato detto, scritto e pensato sull’argomento, perché io l’ho pensato, l’ho scritto e lo sto dicendo (di più, cantando).

Autismi 5 – Il mio organo di riproduzione (2a parte)

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francesco_clemente2 di Giacomo Sartori

Il suo concetto di amica era molto particolare. Per lui ogni ragazzetta che passava per strada era una sua potenziale amica, per non dire già un’amica di vecchia data. Era la prima volta che la vedeva, e molto probabilmente sarebbe stata anche l’ultima, ma per lui il legame era ormai indissolubile, si trattava solo di passare ai fatti. Bionda, bruna, piccola, stangona, seriosetta, oca giuliva, occhialuta, senza occhiali, pretenziosa, aveva dei gusti ampissimi. Se fosse stato per lui si sarebbe gettato seduta stante a stringerle la mano, si sarebbe fatto una delle sue sudate. Un cagnetto eccitato in confronto a lui era un pezzo di ghiaccio, un gentleman inglese. Non avevo mai visto una maleducazione e una sfrontataggine del genere. E poi il selvaggio ero io, secondo mia madre.

Lui però vedeva le cose altrimenti. Se la prendeva ogni volta con me. Mi diceva che era tutta colpa mia, se non aveva potuto fare conoscenza con questa o quella sua amica. Non mi ero impegnato, avevo fatto tutto il contrario di quello che avrei dovuto. Ero troppo timido, troppo imbranato, troppo timorato da dio. Il mio ideale erano in fondo ancora le innocenti coccole delle maestre dell’asilo. E per di più mi ero intestardito su una sola persona, come se vivessimo in un paese socialista con un unico tipo di vodka sugli scaffali. Ero un vero e proprio impiastro.

Marmo

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di Piero Sorrentino

viamedina

Il Signore sorregge tutti quelli che cadono
e rialza tutti quelli che sono piegati

Salmo 145

Nello stesso ospedale dove per molti anni aveva lavorato a tirare fuori dalle pance di donne sofferenti bambini vivi e bambini morti, Lina, la moglie di Carlo, stava morendo. Il cielo sopra gli Incurabili era grigio e stropicciato come il foglio di alluminio che avvolgeva il pollo arrosto che Carlo si era comprato per pranzo in una rosticceria sotto i portici di via Tribunali. Era uscito su via Duomo e aveva fatto il pezzo finale della strada, prima di uscire su via Foria, con la busta che gli ballava sulla gamba a ogni passo. A porta San Gennaro si era fermato davanti all’edicola votiva del martire e si era fatto due volte il segno della croce. Qualcuno aveva messo un pupazzetto a forma di delfino troppo vicino alla cappella, e Carlo l’aveva spostato quel tanto che bastava per non dare fastidio al santo. Sulla pancia del delfino, a pennarello, una mano aveva scritto ti prego guarisci Davide.
Carlo l’aveva rimesso dove stava prima, facendosi il terzo segno della croce.

La nostra filosovietica costituzione

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null

di Francesca Matteoni

Volevo fare questo post circa una settimana fa, quando l’attuale presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, se n’è uscito con il suo giudizio ‘politico’ sulla nostra costituzione (nostra, un aggettivo possessivo che non mi sento di declinare per il suddetto presidente), scritta per tutti gli italiani e non per uno o l’altro schieramento di partito, altra cosa che chi ci governa ha dimenticato: si è responsabili di tutto il popolo, non solo di una parte.

L’annerita, prosa per De Signoribus

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di Marco Ceriani

Che cosa o chi guida la direzione di scrittura di Eugenio De Signoribus, ora che Garzanti mette a disposizione del lettore il suo “quasi tutto” («Raccolgo in questo volume i cinque libri a oggi pubblicati. I libri, non altro. Non le prove che precedono o affiancano, non i versi d’occasione o d’adesione, magari compiuti ma non entrati nel respiro dell’opera» ci dice il poeta), sagomato sapientemente in percorso da un “dentro” a un “fuori”, questo in apparenza: l’intradosso o l’estradosso? il moto centripeto o quello centrifugo? Turris eburnea e agorá…

Autismi 5 – Il mio organo di riproduzione (1a parte)

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di Giacomo Sartori

Il mio organo della riproduzione ha avuto un’infanzia difficile. È nato menomato, poverino. Non era paralitico, o cerebroleso, o sordomuto, intendiamoci. Però gli mancava pur sempre una parte importante. Uno spezzone che comprometteva la simmetria dell’insieme. Forse proprio per questo mia madre non mi tagliava mai i capelli. A quell’epoca solo le bambine avevano i capelli lunghi, perché i capelloni non erano ancora stati inventati. Quindi io avevo i capelli lunghi come le bambine. Con il cerchietto, o senza cerchietto, a seconda. Mio fratello aveva i capelli a spazzola, e con la sua faccia prematuramente arcigna e piena di angoli sembrava proprio un maschietto, io sembravo sputato una bambina.

Qualche volta mi veniva da pensare che forse mia madre avrebbe preferito una bambina. Una bambina che le diceva che era proprio brava, non come mia sorella, che s’era ammutinata, e era andata a vivere con mia nonna. Una bambina senza tutti quegli ormoncini esagitati di mio fratello, che pestava sempre i piedi come per spegnere un fuoco, e quando sbatteva le porte sembrava che venisse giù tutto. Un angioletto che le svolazzasse intorno senza fare troppo rumore di ali e senza niente di preciso sull’inguine, insomma.

Questa però è una tipica falsità da scrittorucolo, da cestinare subito. In realtà all’epoca non pensavo proprio niente.

Nella stanza separata

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di Emanuele Trevi

garboli

«Quello che eterneggia mi è poco congeniale. Più volentieri entro nell’ordine di idee che niente è più sacro di ciò che non è stato ancora redento dallo stile, non ancora raggiunto dall’intelligenza». Con questa bellissima dichiarazione d’intenti, tutta imperniata sull’ambiguità di quel «sacro» che non basterà una vita intera a sciogliere, Cesare Garboli chiudeva l’Avvertenza premessa alla sua prima raccolta di saggi, La stanza separata, uscita per Mondadori nel 1969. Questo libro introvabile, il cui ricordo visibilmente infastidiva l’autore, viene finalmente ristampato con una lunga e illuminante introduzione di Giuseppe Leonelli, a quasi quattro anni dalla morte di Garboli (Libri Scheiwiller, pp.365, euro 18,00).

Finzioni, autobiografie

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di Stefano Gallerani

said
Non si dà un’esistenza uguale ad un’altra e pure, come fossero destinate a cercarsi, se non a incontrarsi, d’improvviso due vite distanti tra loro nel tempo e nello spazio si trovano, diventano l’una il riflesso dell’altra. Che è esattamente quanto deve essere accaduto a un giovane Edward Wadie Said (1935-2003) nel momento in cui ha aperto per la prima volta i libri di Konrad Korzeniowski, alias Joseph Conrad.

Verrà San Valentino

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di Andrea Inglese

Sembra più spesso, oggi, che l’amore non esista, perché lo si capisce anche dalle facce, qualcuno che sempre ti si para davanti, strabuzza gli occhi, come fosse mezzo disperato, dice “Non c’è niente da fare”, è anche vero che l’epoca storica, con il suo fascismo fluido, un po’ rassicurante un po’ no, specialmente da noi, al paese, non aiuta, “È una scelta insostenibile”, dice un tipo che parla di donne nel metrò, l’amore è una ideale relazione in cui una persona non vuole essere totalmente abbandonata, e spinta in una stanza buia per essere presa a pugni, senza motivo ma con grandissima rabbia di chi molla i pugni, è un modo per avvicinarsi così tanto che è impossibile farsi male, eppure come fenomeno – continuano a dirlo persone intrappolate in terapie verbali – è altamente controproducente, ad esempio non funziona per via dello stalking, si vede da come si vestono certi energumeni, con il cappuccio della felpa calato sul viso, il 21% snatura l’amore telefonando con insistenza, il 30% si dedica ai pedinamenti, una piccola parte, quasi innocua, disegna tette e culo della ex e lascia i foglietti in giro nei luoghi pubblici, con scritte tipo: “Questa è lei” o “L’ha preso nel culo”, ecc., un po’ se ne trova sempre, ne parlano delle amiche a cena, hanno tutte le scarpe nuove, si odiano per bene, usano le parole “sfiducia”, “distacco”, “divertirsi”, ne rimane forse nei sondaggi, certe casalinghe non ancora intervistate, un disabile rimasto a casa, un disoccupato sdraiato nel garage, potrebbe in angoli remoti, in qualche testa confusa e disturbata, un’idea intorno all’amore farsi strada, come nuova

Ora pro Anobii: Graziano Graziani / Simona Vinci

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A proposito di Esperia, di Graziano Graziani, e Strada provinciale 3 di Simona Vinci.
effeffe su Anobii
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Perché non c’è un cazzo da fare, la scrittura di un libro, come il respiro, ha una misura precisa, è disciplina atletica più che arte della meditazione – questa appartiene a chi i libri li legge e non a chi li scrive.
E l’atletica contempla velocità, perduranza, agilità, ostacoli. In ogni caso comporta armonia di piedi e mente. Ecco perché l’arte del romanzo è podistica. Il romanziere come un atleta dovrà allora definire dal principio la gara che deciderà di correre. Duecento, quattrocento, ottocento fino agli ottomila metri.

Efferata sintesi

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Giosuè Carducci, nella sua storia della letteratura italiana, considerando il passaggio dall’Umanesimo al Rinascimento, con riferimento a Savonarola descrive ciò che questi – a parer suo – non aveva compreso: “Che la riforma d’Italia era il rinascimento pagano, e che la riforma puramente religiosa era riservata ad altri popoli più sinceramente cristiani”.
Da alcuni giorni questa frase di Carducci continua a ronzarmi in testa. In particolare dopo avere letto le reazioni al mio post sui “Disastri catechistici”.
Alla fine del Quattrocento altri europei erano più sinceramente cristiani degli italiani. Alla fine del Quattrocento altri popoli europei credevano fermamente nella incarnazione e nella resurrezione. E si comportavano di conseguenza.
Oggi non ci credono più e si comportano di conseguenza. Più sinceramente cristiani allora. Più sinceramente illuministi oggi. Sono popoli seri. Hanno buone leggi sulla fecondazione assistita, sul testamento biologico, sulle adozioni, sulle coppie di fatto e non disprezzano le unioni omosessuali.
E gli italiani, meno sinceramente cristiani allora? Ipocriti quant’altri mai oggi. E cinici. E pavidi. E senza più speranza di Rinascimento.

Franco Buffoni

La guerra civile in Italia

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santi di Massimo Gezzi

Poeta in lingua e in dialetto friulano, autore di due romanzi profondamente diversi tra loro (il neo-espressionista Diario di bordo della rosa, peQuod 1999, e il gotico-morale L’eterna notte dei Bosconero, Rizzoli 2006), traduttore di antichi e moderni, saggista, filologo e recensore (sulle pagine di “Liberazione”), Santi occupa ora con La guerra civile in Italia (Sartorio 2008, € 13,50) un’altra casella nella tabella dei generi, quella riservata alla raccolta di racconti brevi, sebbene la maggior parte delle quattordici narrazioni contenute nel volume in esame sia già apparsa in varie riviste.

Gradazioni di Viola

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di
Viola Amarelli

( necessità)

Sarà polvere, e brezza, e cerchio in goccia
o in ombra,
e cenere, e fumo di spirali e afa
pioggia e verde, e odore di muschio
e gran silenzio,
e fiamme e rombi e razzi cadenti di scie striate arcobaleni
argenti, fissi, immoti tristi
allegri sfingi
sarà l’acqua e l’aria e il fuoco con la terra
fino a una supernova
pura materia e spirito
iustum in perpetuum vivet, basta e avanza
al cuore.

La guerra culturale su Darwin

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di Lorenzo Galbiati

In tutto il mondo occidentale il 2009 è l’anno del bicentenario della nascita di Charles R. Darwin – l’esimio scienziato nacque esattamente 200 anni fa, il 12 febbraio 1809 – e dei 150 anni della prima edizione dell’Origine delle specie, il suo libro più noto e rivoluzionario. Questo mese vi sono i Darwin Day, sempre più numerosi e istituzionalizzati anche in Italia, tanto che l’ANMS (Associazione Nazionale dei Musei Scientifici), la SIBE (Società Italiana di Biologia Evoluzionistica) e Pikaia (il Portale italiano dell’evoluzionismo) hanno realizzato già da tempo il sito italiano del Darwin Day, ma le manifestazioni volte a commemorare Darwin e propagandare il pensiero biologico evoluzionista sono innumerevoli e si dipaneranno almeno fino al mese di ottobre, come si può osservare dal calendario degli appuntamenti darwiniani.

Di quand’ero poeta (e non lo sapevo)

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di Roberto Bugliani

L’opzione

Il poster
d’un clown bislacco alla parete
era il tuo doppio
fidato e silente con la lacrima
aggrappata al ciglio che rifiutava
di scivolare giù per l’abbrivo della guancia
mal rasata preferendo
la penombra truffaldina degli occhi
all’ingloriosa agonia sulla stoffa
della giacca o tra le fessure
impietose del parquet.

Fard Times and War Crimes

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speculo1
di
Azra Nuhefendic

Ci vedevamo una volta a mese, regolarmente, per anni. Da Vera, l’estetista ci andavo per curare i brufoli, lei invece per conservarsi bella. Alta, silouhette elegante, capelli biondi, occhi azzurri. Bella. La tradiva lo sguardo, tagliente e severo e che le aveva procurato il soprannome di Lady di ferro.

Dall’ estetista, come dal parrucchiere, si chiacchierava, si parlava, si pettegolava. Lei, invece, solo “buongiorno” e “arrivederci”. Se le capitava di dire qualcos’altro lo faceva con una voce nasale, come una che si sforzasse di parlare con comuni mortali. Aveva l’aria altera, di una che dà lezioni.

Infatti, Biljana Plavšić era professoressa. Insegnava biologia all’Università di Sarajevo. Specializzazione: genetica.

libertà è

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di Darien Levani

“Ma ti pago 50 euro.” Dice Ilir alzando la voce. “Se non vuoi farlo per me, fallo per i soldi.”
“Non è una cosa immorale?” risponde lei. Si chiama Mara e si tira indietro i cappelli. Come gli hanno insegnato cerca di capire dov’è la fregatura.
“Ma no. Dipende solo se ci stai o meno. Se tutti edue siamo d’accordo.”
“50 euro?”
“Giuro, tanto tu non lo usi.”

Disastri catechistici

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Punti centrali del cristianesimo sono l’incarnazione e la resurrezione. Io credo sia dannoso indurre un giovane a basare la propria etica su una nascita “divina” e sulla “resurrezione” di un uomo.

Perché glielo si insegna da piccolo, costruendogli un’etica su due eventi che deve accettare in modo dogmatico. Mandandolo incontro a due pericoli: accettare anche altre ingiunzioni di tipo dogmatico, oppure diventare cinico, amorale, sprovvisto di un’etica.

Infatti, quando – crescendo – gli frana, alla luce della ragione, l’impianto etico basato sui dogmi, è ben difficile che l’ex giovane sia in grado di costruirsi un’altra etica radicata e profonda. Da qui viene molto del cinismo, dell’opportunismo, della schizofrenia, delle ipocrisie, delle piccole e grandi astuzie che caratterizzano gli italiani. Ne è emblema chi li rappresenta oggi a Palazzo Chigi.

Dell’ora, del qui – su “Il giorno prima della felicità” di Erri De Luca

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di Marco Rovelli

C’è una musica, nei libri di Erri De Luca, che torna sempre. Sempre la stessa, e sempre nuova. E’ una forza che risuona fine alle orecchie di chi sta in attesa di un ascolto: la forza di un silenzio pieno di sguardo, che sprigiona suoni primordiali, essenziali. E’ così anche nell’ultimo romanzo, Il giorno prima della felicità (Feltrinelli, 13 euro). Musica scarna, e precisa: poche parole, ma quelle giuste (come quelle dieci parole che il giovane protagonista senza nome scambia col pescatore durante l’uscita notturna). Parole da dove tracima un di più: “Lo scrittore dev’essere più piccolo della materia che racconta. Si deve vedere che la storia gli scappa da tutte le parti e che lui ne raccoglie solo un poco. Chi legge ha il gusto di quell’abbondanza che trabocca oltre lo scrittore”. E c’è tanto che scorre, in questo libro: sangue, soprattutto (anzi, “sangui”, per citare un lemma ricorrente in altri testi di De Luca), e poi popolo che invade le strade, sperma versato, acque traversate per salvezze, lacrime che fuggono una pazzia, odori emanati in un cortile, cibi che si gustano, corpi che si toccano, libri che si offrono fuori da scaffali e nascondigli, parole che escono dalla bocca e vanno credute e fanno fede.

Il copyleft: l’esperimento pavese

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di Redazione OMP

In principio erano i quaderni, ciclostilati e graffettati a mano con la benedizione del signor Ford: piegare il foglio A4 e pigiare sulla piega, passare il foglio, prendere i gruppi di fogli e unirli, passare, aggiungere la copertina, passare, cambrettare. I quaderni, con racconti e poesie, venivano distribuiti nelle osterie, durante le manifestazioni, all’università e tra gli amici. Poi è arrivata la prova generale: esce dalla tipografia, nel 2006, il volume Ultima notte di veglia e altri racconti. Un altro anno e i tempi sembrano buoni: il Paese in crisi, il settore dell’editoria sempre più in difficoltà, i bandi di concorso per finanziamenti sempre più magri. E così, sotto i migliori auspici, nasce il progetto delle edizioni O.M.P., curate da un gruppo di volontari dell’Officina Multimediale Pavese. Le edizioni sono articolate secondo la tradizionale suddivisione poesia, narrativa, saggistica, cui si aggiunge la collana collective, dedicata alle scritture collettive.