di Orsola Puecher
Hiberno pulvere, verno luto, magna farra Camille metes.
Se d’inverno ci sarà polvere e in primavera fango, molto farro, Camillo, mieterai.
Virgilio, Georgiche, Libro I

Man Ray, Allevamento di polvere, 1920
(dettaglio de IL GRANDE VETRO di Marcel Duchamp)
di fiori di stoffa e frutta di cera
e carta di libri che si sfarina
violette candite e rose secche
la bambina corre in uno specchio
dove s’annuvolano
spruzzate nebulose
costellazioni a macchie
conosce il segreto della polvere
dei pollini e dei corpuscoli argentei
adagiati sui riccioli del legno
sui piani lucidi dei tavoli
con un panno di lana
e carezze di cerchi
la togli e ricade
poi in fiocchi di nuovo s’agglomera
per misteriosa energia centripeta
in soffice ovatta di bioccoli grigi
attratti l’un l’altro come magneti
pelucchi e capelli
e i fili del niente
sfuggiti alle trame
fuffa che fila il fuso delle Parche
sotto i letti e negli angoli di muro
svelata dal controluce del sole
in mattini d’inatteso fulgore
ed è la luce stessa
raggi di pulviscolo
miracolo mistico
i rifrangenti punti minuscoli
tre fasci un occhio di Padreterno
da varchi di nuvole cariche di neve
segnano sul mare rotte distanti
dove abita inverno
ora che non demorde
mi pare di saperlo
il freddo rende chiaro ogni istante
mamma mi ha chiesto “come ti chiami?”
nel buio smarrito in fondo ai suoi occhi
rinasco e torno al punto di partenza
e come se dar nome
fosse un nuovo inizio
io le rispondo piano
,\\’
Nella casa lasciata in fretta risuonano i giri di chiave, i passi sulle scale che s’allontanano, per ultimo lo scatto del cancello.
poi silenzio, di nuovo
Si accenderà il riscaldamento alle ore stabilite. Le finestre si faranno azzurre all’alba, buie al tramonto. Suonerà il telefono. Diverse volte. Gireranno le lancette degli orologi, chi in anticipo, chi in ritardo.
così, in quieto abbandono
Vapore appannerà i vetri freddi di condensa e poi si riscioglierà in gocce. Ci disegneresti con un dito, l’acqua che scivola in rivoli dai bordi:
ho fatto un giro in piazza
ho comprato due mele
una pera e una focaccia
e questa è la tua faccia
Una bambina corre negli specchi vecchi insieme a tutti quelli che vi furono riflessi. La schiera degli avi affolla gli specchi. Con lei. Anche gli specchi sono malati. Anche gli specchi si ammalano: un ossido brunito si mangia l’argento da dietro. Lo chiamano il cancro degli specchi. Il terso si macchia.
e s’appanna di grigio

io penso alla polvere

la polvere nevicherà non vista / con lentezza e non si sa da dove, dove deve e come sa, planando, cipria grigia. Coprirà così bene, con sapienza uniforme nella calma dei giorni che passano. La polvere si potrebbe riprendere la casa e tutto. Tutte le stupide cose di una casa, presenti da talmente tanti anni, da essere assenti allo sguardo. Tutti i gingilli che hai spolverato per tutta una vita con stracci, straccetti e piumini. Spazzole, aspirapolveri e scope a varie durezze di setole: tutta la santabarbara della celibe battaglia casalinga contro la polvere.
pulvis es et in pulverem reverteris
Evaporate le palline di naftalina nei cassetti e negli armadi, sentirai schioccare le mandibole delle tarme che si mangeranno tutte le lane.