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Omosessuali ed esorcisti: un documentario

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[flv:http://movies13.arcoiris.tv/movies/users/Inchiesta_1_Lot_1764.flv 420 340]

In “Guarire si deve: Chiesa ed omosessualità” – Saverio Tommasi e Ornella De Zordo documentano l’esperienza in un campo residenziale maschile, accompagnati da un prete esorcista che aiuterebbe a “guarire dall’omosessualità”. Qui il filmato su Arcoiris.tv in diversi formati anche ad alta risoluzione.

♫ dei poeti le voci [3]: MARIA VALENTE

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Maria Valente
DISCONNECT THE MACHINE O LA BUONA MORTE

 

  DISCONNECT THE MACHINE O LA BUONA MORTE  

 

La vita? la morte?… succede come i fiori e il loro vezzo
di decorare il tritacarne, renderlo confortevole- così
farcito di metastasi – rosa determinante o piuttosto
grigio accogliente che si spalanca e inghiotte tutto:
braccia e busto, gambe e busto, bastone e carota,
bastone e carota, bastone e carota

nessuna indicazione sul senso di marcia

 

se abbiamo conservato i nomi è stato per
abitudine, unicamente per abitudine, perché è b…
 

ma più spesso, preferisco confinarmi nella più
piccola delle mie idee: una formula magica, le
prime parole. il resto: l’ho già scordato come
il mio indirizzo – ammesso pure che qualcuno
mi abiti, perché dovrei farne parte?

Catalogo degli affetti

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di Massimo Raffaeli

Il poeta del livore e del risentimento, uno scrittore che ho letto molto tardi e ho imparato ad apprezzare ancora più tardi, Thomas Bernhard, dice da qualche parte che solo chi è davvero indipendente può scrivere veramente bene. Penso che per gli editori, come per i lettori, valga la stessa regola e da lettore di lungo periodo posso dire di averne la certezza, oramai. Se penso al testo che per primo ho riconosciuto come letteratura, vale a dire qualcosa che riuscisse a coinvolgermi e a svelarmi nello stesso tempo un’immagine del mondo, frontale e persino inderogabile, mi viene in mente che lo lessi scoprendolo in una antologia delle medie per poi ritrovarlo, ma molto tempo dopo, in un libretto stampato alla macchia. Era un blues di Langston Hughes, il cui riff suona pressappoco: «Andai ad Atlanta/ mai stato prima:/ i bianchi mangiano la mela/ i negri il torso». Conteneva la memoria di un dolore atavico e l’idea più elementare dell’essere al mondo, dove c’è chi domina e chi invece viene dominato, chi sta sopra e sotto, dentro e fuori, down and out.

Anarcobaleno

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[E’ uscito Album rosso, nuovo cd degli Yo Yo Mundi. Un album che trovo bellissimo, quasi ripercorresse la storia del gruppo e la superasse, nell’unico superamento possibile, quello di una voce nuova e altra e piena. Voce che s’inoltra – con un passo lieve come mai prima, e pure insieme deciso e immediatamente riconoscibile – nelle pieghe più intime della coscienza – dove il desiderio e Cefalonia non hanno soluzione di continuità. Sono davvero felice di aver partecipato all’album, con Anarcobaleno, canzone che ho scritto e cantato insieme a Paolo Archetti Maestri. La potete ascoltare qui:

[podcast]https://www.nazioneindiana.com/wp-content/2008/12/2anarcobaleno.mp3[/podcast]

Il testo, qui di seguito]

Testo: Paolo Archetti Maestri e Marco Rovelli. Musica: Andrea Cavalieri.

Autismi 1 – Il mio lavoro

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di Giacomo Sartori

[Comincio oggi la pubblicazione, che salvo imprevisti avrà scadenza bisettimanale, di una serie di racconti inediti di Giacomo Sartori. a. r.]

Il mio lavoro consiste nel fare dei buchi nella terra. Delle buche grandi e profonde, in cui ci entra comodamente una persona. Poi appunto ci entro dentro. Mi ci seppellisco, si potrebbe dire. Però a differenza di un vero seppellimento nessuno poi aggiunge della terra tra me e il buco. Contrariamente a un vero funerale posso muovere le braccia, posso respirare come voglio, posso venire fuori quando ho finito. Posso guardare un rettangolo di cielo, posso parlare, posso urlare la mia gioia, ammesso e non concesso che abbia della gioia in sopravanzo. Il mio è un seppellimento temporaneo, reversibile. Quando ho finito esco, e torno a casa mia. E poi comunque a differenza dei morti veri e propri non mi sdraio, sto in piedi. È raro che i morti stiano in piedi. Che io sappia succede solo in certe civiltà del passato.

Camorristi avanti, c’e’ posto – Dialogo semiserio fra un PM e un camorrista

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Colloquio di immaginario tra un camorrista e Raffaele Marino Procuratore Aggiunto a Torre Annunziata

di Raffaele Marino e Arcangeli Ferri

Salve signor procuratore, scusi il disturbo. Sono un camorrista e vorrei chiederle un consiglio. Come faccio a entrare nel business dell’immondizia?
Caro signor camorrista, siamo in emergenza e quindi lei si trova in una situazione molto favorevole. Approfitti e non si lasci sfuggire il momento.

Una lettera (a Nicola, non a nessuno)

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di Helena Janeczek

Questa mia- come si dice- si aggiunge a uno scambio di lettere fra Nicola Lagioia e Antonio Moresco che potete trovare qui, qui e-commentabile- pure qui. Se ci saranno nuovi interventi, vedrò di aggiornarvi. hj

Caro Nicola,
ti scrivo sebbene alla tua lettera abbia già risposto Moresco stesso, perché quel che vorrei tentare a proposito di Lettere a Nessuno è una riflessione rivolta a qualcuno. Dico qualcuno e intendo una persona di cui conosca la voce e la faccia, uno scrittore che abbia letto ed apprezzato, qualcuno, in breve, a cui rivolgermi non sia un espediente retorico astratto per allestire un gioco di posizioni opposte, ma un discorso che ti farei davvero se ti avessi davanti.

Il talento di mr Scott

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di Gianluca Veltri

Il 19 giugno del 1982 compivo diciotto anni. L’Italia stava facendo pietà ai Mondiali di Spagna. In quel giorno di teorico giubilo il mio cuore era gonfio di dispiacere: era giunta ai giornali italiani la notizia della morte di James Honeyman Scott, il chitarrista dei Pretenders. Il decesso era avvenuto il 16 giugno a Londra, per un arresto cardiaco, a causa di una overdose accidentale di eroina e pasticche. Non si seppe molto di più. Non ero a conoscenza del fatto che Scott fosse un tossico – anzi, associavo la sua chitarra a immagini piene di sole – ma la cosa non meravigliò nessuno. Qualche giorno dopo l’Italia pareggiò con il Camerun (botta e risposta di Graziani e M’Bida), e sembrò che nulla potesse più risollevarci.

Allam e l’attentato al Prof. Branca

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di Sherif El Sebaie, Salamelik

Ferdinando Imposimato, Giudice Istruttore nel Processo Moro e nell’attentato a Giovanni Paolo II, aveva definito Magdi Allam come un personaggio “che alimenta l’odio e il conflitto tra Cristiani e Musulmani”. All’epoca Allam era musulmano, Esperto Di Cose Islamiche e Vicedirettore Onorario Del Corriere Della Sera. Qualche mese dopo, il nostro si converte al cristianesimo con una specie di show allestito in Vaticano durante la vigilia pasquale, lascia il Corriere e da esperto di cose islamiche diventa esperto di cose turche: fonda un sedicente partito dei “Protagonisti per l’Europa Cristiana”, annunciando urbi et orbi la sua personale crociata contro l’Islam, definito “religione ispirata non da Dio ma dal demonio”, manco fossimo ai tempi di Pietro l’Eremita. In tempi non sospetti (il 16 aprile 2007 per l’esattezza e cioè prima della conversione e dell’esilarante partito), riportai le parole del Giudice Imposimato sul mio blog e scrissi che il suo era “un parere più che autorevole reso ancora più preoccupante da alcune strane coincidenze: l’ultima predica di fuoco di Allam, pubblicata sul Corriere, puntava il dito contro l’Islamic Relief, un’associazione caritatevole islamica riconosciuta da molte istituzioni internazionali come le Nazioni Unite e l’UE. Pochi giorni dopo una sigla terrorista finora sconosciuta – il cosiddetto “Fronte cristiano combattente” – ha appiccato il fuoco con delle molotov alla sede dell’associazione e ha condannato a morte – a nome di un sedicente “tribunale cristiano” – Paolo Gonzaga, direttore di Relief Italia”.

A gamba tesa: Michele Sovente

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Pensose facce dilagano…

Pensose facce dilagano
per tumultuose carreggiate,
non guardano avanti.
Hanno una voragine in cui
si sfilacciano i giorni.
Entrare. Uscire. Disperdersi.
C’è sempre un set pronto
a prendere al laccio le smaniose
particelle infraumane
che per inerzia si dibattono
tra il troppo pieno e il tutto vuoto
e spasmodiche combattono
con diagrammi e numeri
al limite di una
sfida con risicati margini.

Disequazioni e scuola: l’ultimo appello

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di Tina Nastasi

«1
Venite, mie canzoni, parliamo di perfezione:
ci renderemo passabilmente odiosi
.
Ezra Pound

La passione della perfezione viene tardi. O, per meglio dire, si manifesta tardi come passione cosciente.
Se era stata una passione spontanea, l’attimo, fatale in ogni vita, del “generale orrore”, del mondo che muore intorno e si decompone, la rivela a se stessa: sola selvaggia e composta reazione. In un’epoca di progresso puramente orizzontale, nella quale il gruppo umano appare sempre più simile a quella fila di cinese condotti alla ghigliottina di cui è detto nelle cronache della rivolta dei Boxers, il solo atteggiamento non frivolo appare quello del cinese che, nella fila, leggeva un libro. Sorprende vedere altri azzuffarsi a sangue, in attesa del loro turno, sul preferito tra i carnefici operanti sul palco. Si ammirano i due o tre eroi che ancora lanciano vigorose fiondate all’uno e all’altro carnefice imparzialmente (poiché è noto che di un solo carnefice si tratta, se anche le maschere si avvicendino). Il cinese che legge, in ogni modo, mostra sapienza e amore per la vita.
E’ prudente dimenticare che, secondo la cronaca, quell’uomo dovette a ciò la sua testa: l’ufficiale tedesco di scorta ai condannati non resse alla sua compostezza e gli fece grazia. E’ decente ritenere le parole che il cinese proferì, interrogato, prima di perdersi tra la folla: “Io so che ogni rigo letto è profitto”. E’ lecito immaginare che il libro che egli teneva tra le mani fosse un libro perfetto

Cristina Campo, Gli Imperdonabili, Adelphi, pp. 73-74

A quell’uomo con il libro in mano di fronte alle lame del patibolo ho paragonato l’alto consesso di luminari riunitosi quasi un mese fa, 14 novembre, in un’università romana resa deserta dalla lotta contro lo scellerato disegno di demolizione della cultura che si perpetra, ormai sistematicamente, da dieci anni, in questo nostro povero paese. Mi è parso un presagio.

Perché la Gazzetta dello Sport?

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di Darien Levani

Se stai passeggiano per la tua città ci vedi dal solito bar ci vedrai forse gridare ad alta voce. Saremmo in quattro o cinque giovani, presumibilmente studenti ma fuori corso o presumibilmente operai ma irregolari. Distanti nella nostra lingua che non ti è stato concesso di capire.

diana, tre momenti

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di Massimo Bonifazio

I

ma lo smarrirsi? ma i cani, sul sentiero inesistente,
lungo recinzioni di ruggine e ramaglie, edere: rovi senza more,
eccetera, dispersi sul pendio, fra i castagni: ma nemmeno così
parlare della linea, dei capelli: riesce. non riesce. non
parlare della linea, dei capelli. come incontro mancato
fra cane e cervo, proprio qui? che il cervo perda il sentiero
e incontri: i cani, e diana cacciatrice, per quanto sia improbabile.
che si perda, voglio dire, in quel bosco-bicchier d’acqua,
per quanto sia improbabile sulla china la figura, la sua bocca
(altrove, certo, perdersi: nel bosco degli incontri, per esempio,
delle immagini-fantasma), per trovarsi poi di fronte, sotto:
cartelli, recinzioni, cartelli con su scritto: diana, pericolo di crollo,
inondazione. pericolo, le immagini di diana, dei suoi cani?

As Athens burns

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Sui fatti di Atene si fa rete. Ho appena ricevuto via mail una storica canzone greca di protesta. In realtà non è una canzone, è un urlo, né di protesta si tratta ma di rivolta. E nemmeno greca, di tutti. effeffe

There is a recording of the song “To gelasto paidi” performed as part of a political concert filmed by the director Nikos Koundouros in 1974 (“Ta tragoudia tis fotias”), just after the end of the dictatorship in Greece. Theodorakis conducts and Maria Farandouri sings.

“L’iddio ridente” di Luigi Di Ruscio

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[Francesco Marotta ha già pubblicato qui  alcune poesie del nuovo libro di Luigi Di Ruscio, L’iddio ridente. Di seguito, la prefazione al libro.]

di Stefano Verdino

Non è la prima volta che Di Ruscio si confronta con una misura breve, epigrafica o epigrammatica, del verso, ma il precedente Epigramma (Valore d’uso edizioni, Roma 1982) indicava più un atteggiamento che una precisa stilistica: i testi avevano misura assai variabile, alcuni anche lunghi e a tratto discorsivo. Quando la misura era propriamente epigrafica inoltre, poteva anche capitare di contraddirla felicemente con una tonalità diversa, magari micronarrativa:

prendevo le vespe delicatamente per le ali
le mettevo educatamente dentro una scatola di fiammiferi svedesi

sarete tutte liberate da una bella che mi chiederà un fiammifero

 

aspettavo con calma la liberazione delle vespe

Una barca senza più cielo

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di Antonio Sparzani

Si chiama ancora Banato una regione al centro dei Balcani che comprende oggi una parte della Vojvodina – regione della Serbia – una parte della Romania, comprendente la città di Timişoara (ungher. Temesvár, considerata la capi- tale del Banato), e una piccola porzione dell’Ungheria meri- dionale. È stato per secoli luogo di incontro – e talvolta di scontro – di almeno una decina di diversi popoli e di migrazioni e meticciato. Era parte, alla fine del XIX secolo, del vasto impero Austro-ungarico e in quanto tale caratterizzato da una efficiente burocrazia e da una certa cura nell’istruzione pubblica. Titel è quella cittadina della parte sudorientale della Vojvodina dove nacque nel 1875 Mileva Marić, figlia dell’agricoltore benestante Miloš Marić: era la primogenita e la preferita dal padre che fu attento alle sue qualità e alle sue esigenze durante tutta la sua esistenza. Mileva era leggermente zoppa e considerata bruttina, ma aveva capacità intellettuali senza alcun dubbio eccezionali. Talmente si distinse nelle scuole elementari e medie inferiori che il padre la mandò al Reale Liceo serbo di Šabac, in Serbia e fuori dai confini dell’impero Austro-ungarico che a quel tempo non ammetteva le donne agli studi superiori.

A Gamba tesa (e non solo). L. R. Carrino non è L.a R.ai

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Nella foto / Budapest – il murales che ritrae il famoso bacio tra Breznev e Honecker (dal sito dell’eccellente disegnatore Riccardo Marassi)

In culo. Addio
di
Luigi Romolo Carrino

IL FATTO – Alle ore 22.00 del giorno 08 dicembre, Rai Due manda in onda Brokeback Mountain, film di Ang Lee ispirato al racconto omonimo di E.A. Proulx (Gente del Wyoming, in Italia). Il film, vincitore del Leone d’Oro nel 2005, 3 Oscar, 4 Golden Globe, va in onda in versione censurata. Ghigliottinate tutte le scene d’amore tra i due protagonisti. Via la scena di sesso tra Ennis e Jack, via il bacio appassionato, via tutti i riferimenti omoerotici. Il film, così tagliato, diventa l’opera di un regista schizofrenico; la relazione tra i due protagonisti assume i contorni ‘amicali’ di un caso freudiano, una sorta di disturbo narcissico della personalità. In sostanza, la storia di due grandi amici con la passione per le pecore e la montagna, con l’hobby della pesca ad alta quota e che si domandano per vent’anni, nudi e un po’ obstupefatti, come mai continuino a lasciare a casa moglie e figli per vedersi due settimane all’anno al freddo e al gelo.

Usura! – triptyque

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Gian Battista Vico vende i suo anello di famiglia per la stampa della “Scienza Nuova” *

Ezra Pound legge Usura

Carmine Vitale racconta.

L’usura è una forma particolare di amicizia. Almeno nella fase iniziale
La incontri sorridente all’angolo di una strada dal barbiere dal commesso di una farmacia dal dipendente comunale

Le scimmie all’aeroporto

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di Paolo Sperandio

Esimio Scrittore,
              quella che legge non è una storia vera, non è una storia inventata, forse non è una storia. Tutto quello che è sta nel titolo, che sta nella mia memoria del Poeta. Avevo oltrepassato la sua esistenza come il sangue scavalca un grumo venoso, che c’è però non fa male, finché non ho letto il Suo articolo. Più che un articolo un monito, un richiamo al rispetto: abbiate rispetto del Poeta. A chi è rivolto? Se, come Lei afferma, “il mondo è dei mediocri”, sono i mediocri a leggere i giornali. Come me.