Home Blog Pagina 463

L’amore a due

10
di Linnio Accorroni

 

Christoph Willibald Gluck, “Philémon & Baucis”
Ditte Andersen,  Aria Il Mio Pastor Tu Sei

 

Tra le tante storie raccontate nelle Metamorfosi ovidiane ce n’è una in particolare che stranisce e turba: sta nell’ottavo libro delle Metamorfosi dove si narra la vegetale trasformazione dei due anziani sposi Filemone e Bauci: “A un tratto Bauci vide Filemone mettere fronde, mentre il vecchio Filemone, dal canto suo, vedeva le membra di Bauci irrigidirsi e metter fronde anch’esse. Intanto che la cima degli alberi cresceva, i due sposi si scambiavano parole di saluto, fino a quando fu loro possibile.”Addio, sposo mio” si dissero a un tempo. In quello stesso momento le loro labbra scomparvero sotto la corteccia”. Così vedevano realizzarsi, in finale di vita, il loro desiderio: essere trasformati in una quercia ed in un tiglio, uniti per il tronco perché insieme avevano trascorso tutta la vita: “che io non debba vedere il sepolcro della mia sposa, né essere da lei sepolto”.

Testamento biologico

5

Giulio Mozzi su vibrisse e Antonio Moresco insieme alla redazione de Il primo amore propongono un’iniziativa che riguarda il testamento biologico.

Rispetto all’astrattezza della discussione che si è scatenata a partire da alcuni casi come quello di Eluana Englaro, Mozzi sottolinea:

“Sono convinto che un modo per discutere seriamente di certe faccende sia quello di non domandarsi che cosa sarebbe giusto in generale, ma domandarsi piuttosto che cosa si vorrebbe per sé, che cosa si riterrebbe giusto per sé.”

E Moresco ribadisce:

“Ci sembra infatti che su questo tema – enfatizzato ma anche deformato e falsato dalla presenza di tecnologie che sono in grado di prolungare enormemente condizioni di vita sottratte a ogni partecipazione umana dell’individuo – si stiano fronteggiando, anche in modo minaccioso e ideologico, posizioni generali e preconcetti di diverso tipo. È venuto il momento, in mezzo a queste contrapposizioni spossessanti di ragioni e di incubi, di far sentire le voci più importanti: quelle delle singole vite. Di spostare il baricentro dalle generalizzazioni delle idee alle ragioni e alle proiezioni irriducibili e inermi delle singole vite.“

Non abbiamo altro da aggiungere alle loro parole chiarissime, di cui condividiamo l’impostazione.

Chiunque di voi sentisse l’urgenza di partecipare, può scrivere il proprio testamento biologico e mandarlo o qui o qui, dove potete inoltre seguire tutta l’iniziativa.

Alcuni testamenti biologici sono stati già pubblicati presso vibrisse e presso Il primo amore

Nel fuoco della scrittura

23


Roma – Sabato 20 settembre ore 18.00
Inaugurazione della mostra di pittura e presentazione del libro
Nel fuoco della scrittura
di Biagio Cepollaro

La mostra si può visitare fino al 17 ottobre
dalle ore 17.00 alle ore 23.00, esclusi i lunedì. Di mattina su appuntamento.

Centro Culturale
»LA CAMERA VERDE«
Via Giovanni Miani, 20, 20/a, 20/b – 00154 Roma
Cell. 340 5263877
e-mail: lacameraverde@tiscalinet.it
www.lacameraverde.com

*

Da: Nel fuoco della scrittura

C’è la scrittura, ci sono le ‘cose scritte’ e c’è l’atto dello scrivere, il movimento del braccio e della mano nella percezione del contatto con il supporto. E c’è un atto dello scrivere che è un vero e proprio atto sacrificale in cui la parola appena scritta è sin dall’inizio solo una traccia e uno strato della nuova (che magari è la stessa) parola scritta e così, tendenzialmente, all’infinito.
L’atto dello scrivere a questo punto è un fare strato su strato che non è cancellazione ma sedimentazione della traccia. Tale sedimentazione è già immagine e visione: quando ciò che conta non è la sua funzione informativa né quella espressiva ma il fisico esserci, il segno di un’invocazione ripetuta, di un’apertura del cuore, di una speranza.

Urbanità 2

52

di Gianni Biondillo

Non bisognerebbe mai fare una vacanza all’estero con i propri figli. È quello che sto pensando ora, di ritorno dalla Germania. Mai. È frustrante. Come faccio ora a spiegare alle mie due bambine perché ho deciso di farle crescere in una città come Milano?

Plettro di compieta (prima parte)

2

di Marina Pizzi

…. il cane gioca
a eludere per volere
il cappio che ha

MARCO GIOVENALE

1.
stagioni al pane
critica e memoria
dove la casa in estro di giostrina
secca le stanze che si stanno atee.
in meno di un marsupio
il nodo della corsa
per rivedere il sasso
che mi portò sott’acqua
dalla canoa più sciatta
alla novellina tanica di fuoco.
2.
un mansueto sconfitto intorno al coro
del subìto abito da sposa
bifronte anemone di amore
corto nel corto fuso del mondo tutto.
tu m’incedi in gola un incensiere
io ne dico il lascito di briciole
il crollo del cipresso nel palese
elemosinante stormo di conserve
più dolci del vestale che non voglio.

Variazioni su un omicidio

28

di Helena Janeczek

1) Adul Salam Guibre e i suoi amici John e Samir entrano all’alba al bar “Shining” di Via Zuretti, zona Stazione Centrale di Milano, e rubano una scatola di biscotti. I gestori, padre e figlio, se ne accorgono e li rincorrono urlando cose tipo “ladri, negri di merda”. Pensano a inseguirli col loro furgone bar, ma poi uno dice all’altro, ”lasciamo perdere, chiudiamo la baracca che è meglio, andiamo a dormire”.
2) Adul Salam Guibre e i suoi amici John e Samir entrano all’alba al bar “Shining” di Via Zuretti, che sta per chiudere, e rubano una scatola di biscotti. I gestori del bar li rincorrono al grido di “ladri, ladri”, prendono il furgone bar, li raggiungono e tirano fuori una spranga e un bastone. Anche i ragazzi di colore hanno un bastone, scoppia una rissa. Samir e John, quando capiscono che quelli del bar menano di brutto, si danno alla fuga, mentre “Abba” non ce la fa e rimane a terra, colpito più volte alla testa. Muore all’ospedale “Fatebenefratelli” qualche ora dopo.

L’insulto

42

di Franco Buffoni

(in reazione a questo post)

Perché è vero, tutto comincia con un insulto, sentito da bambino e non indirizzato a te, poi lo senti indirizzato a te e sogni di potertene liberare, ma dentro di te già sai che non sarà possibile. L’insulto è il primo e più dirompente mezzo di conoscenza che il mondo presenta all’omosessuale. Ancora peggio dell’insulto, è la barzelletta ascoltata da bambini in famiglia, la battuta del fratello maggiore, del cugino o persino del padre. Sono queste parole che per prime creano la nostra identità. Pettegolezzi, allusioni, insinuazioni che anche persone care, parenti stretti, lasciano cadere.  Contro altri, magari, ma che tu – omosessuale – percepisci immediatamente come rivolte contro se stesso.
Mentre impari a parlare, mentre cresci, ti entra in circolo anche la consapevolezza che esistono persone che devono essere insultate per certe loro caratteristiche fisiche, psicologiche o comportamentali. Se riconosci queste caratteristiche in te, devi negarle anche a te stesso, oppure occultarle. Crescere mentendo è una grande palestra di vita.

David Foster Wallace [Ithaca, 21 febbraio 1962 – Claremont, 12 settembre 2008]

50


 

Reading di David Foster Wallace
celebrazione del 150° Anniversario di HARPER’S MAGAZINE
New School Writing Program, May 25th, 2000
The New School Auditorium, New York City

Ticket To The Fair

 
I’m once again at the capacious McDonald’s tent, at the edge, the titanic inflatable clown presiding. There’s a fair-sized crowd in the basketball bleachers at one side and rows of folding chairs on another. It’s the Illinois State Jr. Baton-Twirling Finals. A metal loudspeaker begins to emit disco, and little girls pour into the tent from all directions, gamboling and twirling in vivid costumes. In the stands, video cameras come out by the score, and I can tell it’s pretty much just me and a thousand parents.

Gulp!

11

Una conversazione con Lucia Saetta curatrice insieme a Cristina Vannini Parenti di :

Pensieri puliti

36

di Alda Allegri

Le madri sono fatte di merda
raccolgono merda
puliscono merda

raccattano instancabili resti
da cui ricavano segni
in stanze ostili
conosciute e fetenti

si avvinghiano
nei meandri più nascosti
per carpire
segreti di figli

si accorgono di un intoppo
lo cullano
sentendosi fiere e necessarie

trovano solo
peli pubici attorcigliati
un tutt’uno con la grata mobile
del tappo del lavandino.

cronache da Pechino #1

4

di Gabriella Stanchina

Oggi ho visitato il Dongyuemiao, uno dei più grandi templi taoisti della Cina.

Il tempio è costituito da una vasta successione di padiglioni e cortili, circondati da bassi edifici rossi a due piani, una sorta di chiostri. Salendo al secondo piano, tra grate di legno laccato e lanterne la vista spazia su un oceano pietrificato di tetti a pagoda, onde schiumanti dell’alterno corso del destino. Ai quattro lati dei cortili coperti di finissima ghiaia crescono alberi antichissimi. Alcuni di questi sono oggetto di culto, come anziani sapienti: centinaia di tavolette di preghiera esondano intorno a loro, dei pali verdi e azzurri verticali e orizzontali, si incrociano per sostenerne il tronco obliquo e innervato di rughe, si incurvano dolcemente sotto il legno che lentamente li divora, inglobandoli come radici aeree: splendida immagine dell’armonia compassionevole tra l’uomo e l’ambiente naturale.

I cortili sono ricolmi di tavole taoiste: enormi steli di pietra su cui famosi calligrafi e imperatori dell’antichità hanno inciso le loro preghiere. Dietro le steli la roccia mi sembrava stranamente scabra, mi sono avvicinata e ho visto che era cesellata da un arazzo fittissimo di migliaia di ideogrammi. Tartarughe dal volto di leone le sostengono, sopra di esse si attorcigliano draghi dai barbigli fiammeggianti e volute di nubi: tutto qui è in perenne mutamento, fluente e vaporoso, anche la pietra perde la sua rigidità e si fa aereo gioco di superficie. Le bandiere colorate con il simbolo dello yin-yang ricordano che la trasformazione e l’alternarsi degli opposti è la legge della vita e dell’universo. Un ponticello conduce al tempio del dio della montagna a cui il tempio è dedicato. Ai due lati una stratificazione di migliaia di tavolette di preghiera copre le balaustre come un’edera esuberante. Si tratta di piccoli rettangoli di legno laccato di rosso, con inciso in oro il disegno di una fenice e una breve preghiera: uno spazio è lasciato libero per scrivere il nome del fedele che chiede aiuto. Dalle tavolette pendono frange di fili scarlatti annodate secondo l’antica arte cinese: sfiorando le tavolette si leva un delicato tintinnio di xilofono e fili oro e scarlatti fluttuano nella brezza leggera.

Storie di ordinari bullismi

68

disegno di Magnus da L'uomo che uccise Ernesto Che Guevara

testo di Mauro Baldrati, illustrazione di Magnus

Di fronte al cancello della scuola media Da Vinci, al di là del viale, vi è una fermata dell’autobus; di fianco alla pensilina una strada secondaria costituisce un esempio perfetto di “sofferenza urbanistica”: i ragazzi all’uscita da scuola sciamano verso la fermata, si fermano, fanno la lotta, ostacolano il traffico.
Alle 13.10 arriva un Suv Cayenne nero che deve svoltare, si ferma perché un drappello di ragazzi si spintona in mezzo alla strada. Un colpetto di clacson, i ragazzi non si spostano. Si abbassa il finestrino, un uomo sporge la testa, una testa grossa, da uomo grande, con una massa di capelli neri. L’uomo dice “allora, vi spostate? VI SPOSTATE?”

12 settembre. Triptyque.

9

I

II

Ma allora accadde qualcosa che rese ogni lingua muta e ogni occhio attonito. Il funambolo aveva cominciato la sua opera: era uscito da una piccola porta e stava avanzando sul filo, che era teso fra due torri; sospeso lassù in alto, stava sopra il mercato e la folla. Quando giunse a metà del suo cammino, la piccola porta si aprì ancora, e un suo compagno verzicolore, simile ad un buffone, ne saltò fuori e a passi rapidi lo seguì: “Avanti, piedi dolci,” gridò la sua voce terribile “avanti, poltrone, contrabbandiere, viso pallido! Vorrei farti assaggiare il mio calcagno! Che cosa stai facendo qui fra le torri? Dentro la torre devi stare, ti dovrebbero mettere in gattabuia, tu che impedisci il passaggio a chi è migliore di te!”

Lettere alla Reinserzione Culturale del Disoccupato 7

9


[18 immagini + lettere invernali per l’estate; 1, 2,
3,4,5,6…]

di Andrea Inglese

 
Cara Reinserzione Culturale del Disoccupato,



lo stare male, per me, non è mai stato un problema.
Quando c’è da stare male, sono in grado di farlo,
di stare male a lungo, ininterrottamente, senza
riserve.	A Buenos Aires, una città fredda,
sono stato male per più di un anno, con qualche
breve interruzione al tramonto, e dopo cena, via, 
si riprendeva.		(E al porto, o al ristorante

seduto solo al tavolo, imparando a memoria
la breve frase della mia ordinazione: «sogliola
in salsa di cipolle rosse con riso bianco».)

O solamente ti nascondi

10

di Danilo “Manlio” Agutoli

Prefazione.
Sono accerchiato e sono fottuto.
Piove, piovono soprattutto calci allo stomaco, cazzotti al petto, ad occhi chiusi per evitare i danni collaterali, un bulbo fuori dall’ orbita, che ne so… so che piovono mazzate come non erano mai piovute prima, e la quantità e la frequenza… mi colpiscono così velocemente al petto che non ho il tempo di prendere fiato, ogni colpo mi mozza in gola il tentativo di inspirazione, non riesco a respirare. Non so quanti sono, non lo voglio sapere e non me lo chiedo; la verità è che voglio incassare. Passivo passivo passivo, non muoverò un dito, me ne starò lì a terra, senza reagire, innamorato.
Innamorato. È solo questo, sono innamorato.

Vedi alla voce dolore. Mimmo Calopresti.

27

John Cage: 4’33” for piano (1952)

di
Carlo Grande

Un uomo urla, mentre sta morendo. Qualche strumento (un cellulare, una videocamera) Io registra: io – webmaster, regista, giornalista – in possesso dell’audio, ho il diritto di renderlo pubblico, di utilizzare il suo ultimo grido? Mimmo Calopresti, nel suo film-documentario sulla tragedia della Thyssen, in un primo momento ha detto sì. Ha ha inserito le grida di uno degli operai morti nella fabbrica torinese. Poi, di fronte alle proteste della madre della vittima, ha deciso di toglierle. Ha fatto bene.
Calopresti avrà agito con le migliori intenzioni: per denunciare le morti sul lavoro, per fini artistici, di cronaca. Ma quella voce corre il rischio di essere troppo simile ad altre che hanno dato vita a un’insopportabile giostra mediatica, a una partita di giro di emozioni digerite e sputate da radio, tv e giornali.

Come sono diventato un professore della scuola italiana

33


di Sergio Soda Star

Il Tirocinio
Il tirocinio è una attività che si compie per allenarsi a diventare professore della scuola italiana. Si fa nelle scuole affiancando professori che ti insegnano a diventare come loro abili nell’insegnamento e quindi si impara a contribuire a formare la società italiana.

La prof.ssa Vengo
La prof.ssa Vengo oggi ha cominciato a insegnarmi a diventare professore.
Lei è un tipo spigliato e aperto che contesta la destra che sta al governo facendo riferimenti ironici a Berlusconi e al nord che è produttivo ma non ha la cultura. La prof.ssa Vengo ha un rapporto paritario con gli alunni che danno molto fastidio facendo battute in continuazione o scrivendo sul muro.
Lei mi ha spiegato che il registro è un’arma antidemocratica nei confronti degli allievi, poi non ho capito come, mi ha detto che i suoi alunni cambieranno in meglio la società.
Mi ha detto che anche il professore impara dagli alunni e che i voti si contrattano con la classe.
Insegna in uno dei licei classici più antichi della città e ritengo che le sue idee sono ancora troppo difficili per l’Italia.
Io la stimo già però se avessi un figlio lo metterei in un’altra sezione.

Lettere al microonde

0

di Domenico Pinto

Quasi un decennio della vita di Antonio Pizzuto è rifratto nei nuovi carteggi – dopo quelli con Nencioni, Margaret e Gianfranco Contini, Betocchi – che Polistampa rende adesso disponibili, seguitando l’opera di reimpressione integrale di un vertice del nostro Novecento: Antonio Pizzuto e Alberto Mondadori, (L’ultima è sempre la migliore. Carteggio (1967 – 1975), a cura di Antonio Pane, introduzione di Claudio Vela, pp. 288, euro 18,00 Polistampa). Il volume raccoglie 263 missive: 92 a Alberto Mondadori e le repliche pervenute; 171 a Madeleine Santschi – di cui un piccolo numero a Pierre Graff, marito di lei –, spericolata traduttrice e scoliaste del Pizzuto definitivo di Pagelle I, Pagelle II, Ultime.

Maschio e femmina dio li creò!? Il binarismo sessuale visto dai suoi zoccoli (1)

18

binarismo sessuale

Pubblico un estratto della lezione su transgenderismo e intersessualità che Lorenzo Bernini ha tenuto il 9 settembre 2008 presso il corso di dottorato di ricerca in Studi Culturali dell’Università degli Studi di Palermo, corredato da fotografie scattate da Giovanni Hänninen agli ultimi gaylesbiantransgender pride di Milano (7 giugno 2008) e Bologna (28 giugno 2008). Il 27 giugno, in occasione del pride bolognese, Bernini era intervenuto sugli stessi temi all’iniziativa “intersex pride” organizzata dal collettivo “antagonismogay” JR.

di Lorenzo Bernini

1. Perché questi punti, perché questi zoccoli: Il titolo che ho scelto per questa lezione è una citazione del versetto 1, 27 della Genesi – “Maschio e femmina Dio li creò” – a cui ho aggiunto un punto esclamativo e uno interrogativo. E per iniziare vorrei spiegarvi il senso di questa aggiunta poco elegante e piuttosto “pop”. Ho aggiunto il punto esclamativo per esprimere un tono imperativo: infatti, dal momento che tutto quello che Dio fa è cosa buona e giusta, le descrizioni degli atti divini contenute nella Bibbia devono essere lette come prescrizioni. In particolare, il versetto 1, 27 della Genesi deve essere letto come una frase che ci ordina: “Tu devi essere maschio oppure femmina – punto esclamativo! – perché così vuole Dio”. Il punto interrogativo simboleggia, invece, la collocazione che ho scelto di assumere di fronte a questa ingiunzione divina. Per illustrarvi questa collocazione, mi è però necessaria una breve digressione.

Oliviero Toscani vs Flash Art: l’arte della beffa

15

Stamattina, prima di prendere il treno mi sono chiesto come si fosse risolto il contenzioso tra il direttore di Flash art , Giancarlo Politi e il fotografo Oliviero Toscani. La cosa mi interessa perché all’epoca dei fatti, eravamo nel 2002, una rivista francese, Le vrai papier Journal mi mandò in Italia come corrispondente per scoprire la verità, la vera verità di una delle più grandi beffe mediatiche giocate ai danni dell’Arte contemporanea in Italia. Per essere più precisi l’attacco fu portato a uno dei suoi più importanti riferimenti critici, Flash Art. E così, navigando in rete ho scoperto che circa un mese fa il direttore della storica testata replicando a una lettrice sosteneva la cosa seguente:

Tu mi ricordi la questione Toscani di anni fa?