(Si conclude qui una serie di interventi sul razzismo curati da S. Morgagni – 1, 2, 3, a. i.)
di Giorgio Pino
1. Un rapporto ambiguo
In questo contributo mi occuperò del trattamento che le teorie critiche della razza (Critical Race Theory, CRT) riservano alla libertà di espressione. Si tratta di un trattamento controverso e ambiguo, perché per un verso la libertà di espressione rappresenta una delle tradizionali libertà civili, vessillo del movimento dei civil rights negli Stati Uniti degli anni Sessanta del Novecento, e come tale rappresenta uno strumento prezioso per gli appartenenti alle minoranze per far sentire la propria voce e far conoscere la propria storia di oppressione e discriminazione. Per altro verso, tuttavia, la libertà di espressione sembra poter giocare a sfavore degli appartenenti a minoranze connotate in senso razziale, in tutte quelle occasioni in cui le parole, le opinioni, sono funzionali a veicolare e rimarcare la distanza, la differenza, tra la presunta maggioranza e la presunta minoranza, o anche sono direttamente veicolo di offesa e stigmatizzazione razziale (1).














