di Giancarlo Liviano d’Arcangelo
Buddie aveva fame.
Sentiva il suo stomaco irrispettoso che piagnucolava a colpi di singhiozzo balbuziente, e la tonalità ocracea del cielo disabitato che si perdeva poco più in là della sua massima lungimiranza visiva, era prova inconfutabile che il tempo di nutrirsi era sopragiunto. Si meravigliò del silenzio diffuso nel paesaggio, cactus ingobbiti e cespugli adusti color antracite, un silenzio mostruoso, che in incognito era riuscito ad appropriarsi della duna su cui la sera prima aveva deciso di organizzare l’accampamento parcheggiando con perizia la roulotte di famiglia. Quando Buddie si alzava dalla sua sdraio sgualcita e sondava il panorama con l’attenzione minuziosa di un telescopio di precisione, era come se stesse governando il destino.



di Silvio Mignano


di Beppe Sebaste