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Mia madre discorre sempre di nature morte

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lalla
di Chiara Valerio

Nasce una specie di bellezza, fatta di negazione,
di ingenuità, di spavalderia.

Ero dunque sorda, arida, dura. Come potevo non essere appagata una volta per tutte, capire tutto di lui una volta per tutte? Dev’essere che non c’è mai una volta per tutte. Le parole tra noi leggere è un libro di simboli e pertanto è un’opera al nero. Si apre con una premessa di carne Comunque, io sono soltanto un antefatto e si chiude con una ripetizione, che è formula alchemica Cosa le interesserebbe fare?
Posso dire con esattezza di aver provato estraniamento. Come entrare in un museo delle cere e assistere a persone che mimano statue di cera. Ridondante estraniante e con un convincente senso di artificio. Non che io mi sia mai preoccupata di segnare confini netti tra reale e immaginario ma è vero che nella vita di ogni lettore irrompono libri che lampeggiano di avvertimenti.
Per esempio in Vicino al cuore selvaggio Clarice Lispector scrive Nessuno sa a quale abisso di amore possa giungere la tenerezza. E in A ritroso Des Eissentes confessa Dopo i fiori finti che imitavano i fiori veri volevo i fiori veri che imitassero quelli finti.

Zoria

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 di Esther Grotti

Zoria

Sua Signoria

permette?

Nascita

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di Ingy Mubiayi

[Amori bicolori (a cura di Flavia Capitani e Emanuele Coen, Laterza 2008) è un libro di quattro racconti di scrittrici e scrittori immigrati, nati o cresciuti in Italia. Quattro storie che sono quattro intramature di mondi, intersezioni che sono come un varco su un tempo a venire, fatto di rapidi – e anche inevitabilmente traumatici – cambiamenti.

Dossier: Israele paese ospite della Fiera del libro di Torino

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Il post, cui seguiranno altri nei giorni a venire, nasce dalla felice collaborazione partita da qui tra redattori di NI ed alcuni commentatori intervenuti a proposito dell’appello al boicottaggio della Fiera del Libro di Torino.

Polemica sulla presenza d’Israele al Salon du Livre di Parigi : intervista in esclusiva con Benny Ziffer.[01/03/08]

a cura di Frédéric Martel, traduzione di Francesco Forlani

Scrittore, giornalista, blogger, Benny Ziffer è redattore capo del supplemento letterario del più importante quotidiano israelita, Haaretz. E’ promotore dell’appello al boicottaggio degli scrittori israeliani al Salon du Livre di Parigi che apre le porte venerdì prossimo (scorso, ndt.)
In esclusiva per Nonfiction.fr, ci spiega
:

nonfiction.fr: Come si definirebbe ? Scrittore, redattore capo del più autorevole supplemento letterario israeliano quello di Haaretz, blogger, commentatore della vita dei libri? Allora qual è il suo mestiere?

Su “Capitoli della commedia”, di Martino Baldi

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di Franz Krauspenhaar

Non poeta nero, non poeta della sperimentazione linguistica, il pistoiese Martino Baldi, nato nel 1970, fine saggista, ha da tempo scelto di usare la parola e il “mezzo” poetico per raccontare la contemporaneità, per svellere tonnellate di terra coprente dai cimiteri dei vivi della nostra società semiaddormentata.

Made in China

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Stamattina mi sono svegliata e ho capito che se dovessi eliminare le merci cinesi da casa mia, rimarrei quasi senza mutande……

Tortura di Stato

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(Dal sito di “Repubblica”)

Le violenze impunite del lager Bolzaneto

di GIUSEPPE D’AVANZO
C’ERA anche un carabiniere “buono”, quel giorno. Molti “prigionieri” lo ricordano. “Giovanissimo”. Più o meno ventenne, forse “di leva”. Altri l’hanno in mente con qualche anno in più. In tre giorni di “sospensione dei diritti umani”, ci sono stati dunque al più due uomini compassionevoli a Bolzaneto, tra decine e decine di poliziotti, carabinieri, guardie di custodia, poliziotti carcerari, generali, ufficiali, vicequestori, medici e infermieri dell’amministrazione penitenziaria. Appena poteva, il carabiniere “buono” diceva ai “prigionieri” di abbassare le braccia, di levare la faccia dal muro, di sedersi. Distribuiva la bottiglia dell’acqua, se ne aveva una a disposizione. Il ristoro durava qualche minuto. Il primo ufficiale di passaggio sgridava con durezza il carabiniere tontolone e di buon cuore, e la tortura dei prigionieri riprendeva.

I morti

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di Nadia Agustoni

Ricordo case come querce e i campetti di calcio, un paese nudo con il tempo disteso e la luce a sera presa di foschie. C’era un freddo più intero a ottobre, più compatto nel mutarsi dei colori e il cielo era di alta nuvolaglia e di dura tramontana. I muretti gelavano al primo trimestre scolastico e selvatica la pioggia, neanche cadeva, veniva avanti a giornate, sembrava sciolta sulla terra e brucava l’aria. In disparte, appena certa di noi, c’era la muraglia degli stabilimenti, un crollo sui nostri crolli.

Premio Baghetta

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Dopo la prima edizione del Premio Baghetta, che l’anno scorso all’Arci Turro di Milano aveva premiato Valentino Ronchi, ieri notte al Castello Colleoni di Solza la seconda edizione ha proclamato vincitrice Livia Chandra Candiani (seconda Vivian Lamarque, terza Elisa Biagini).

Delle spietate purezze

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La materia del dire
su Spietate purezze di Cesare Cuscianna (commentario)
di
Lucio Saviani

ma la vera materia duole
e non sa dire

Quello che chiamano realtà
altro non è che il pallore dei fatti,
la loro patina insapore
solo quando la luce tace

viene il mostrarsi delle cose
tiepido effondersi tra le vite
contro l’azoto e i metalli del giorno

Esiste un versante notturno della parola; la regione buia, silenziosa, dai bordi vacillanti, incerti come il debole appartenersi della piccola fiamma e del suo cuore, oscuro e intangibile.
Questo versante nell’opera poetica è – nel suo senso più profondo – inquieto. E’ all’opera, scorre, pulsa, emerge, sprofonda e, lasciando emergere la parola, la pronuncia e passa sotto silenzio.

El boligrafo boliviano 14

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di Silvio Mignano

13 ottobre 2007

Sono tornato a Copacabana.
La prima cosa che ho fatto è stato girare come niente fosse tra le bancarelle dei fiori e delle statue della Vergine, guardando di sottecchi oltre la cortina di oggetti e colori. No, la lettrice di Proust non c’era. Ho sperato che fosse a scuola, ma no, era sabato. Ho sperato che stesse a casa a riposarsi dopo aver passato con successo l’esame, o forse lo stava ancora preparando. Certo, le scuole finiscono tra un paio di mesi, deve essere immersa nei libri, ripetendo affannata le lezioni, immaginando le domande che le faranno come abbiamo fatto tutti prima di lei, decennio dopo decennio, a ogni latitudine. Chissà i suoi insegnanti come avranno accolto la sua scelta di Proust come esempio di innovatore dell’umanità. Perché non Isacco Newton, Galileo Galilei o Alessandro Volta, avranno pensato.

Testimoni di Geova

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Elettori fantasma nel paese dei clan
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di
Rosaria Capacchione

La giornalista Rosaria Capacchione, il magistrato Raffaele Cantone e Roberto Saviano sono oggetto di una lettera intimidatoria firmata dai boss casalesi Francesco Bidognetti e Antonio Iovine (latitante da 12 anni) letta ieri dai loro avvocati durante un’udienza dell’appello al “processo Spartacus“.

L’astensione è comportamento esemplare del testimone di Geova. Se proprio vuole, può
annullare la scheda elettorale scrivendo «sono per il regno di Dio». Tutto il resto è segno di debolezza dello spirito, di non conformità alla legge divina, di propensione agli umani compromessi. Il testimone di Geova non vota, né negli States né in Italia. Tranne che a Casal di Principe, provincia di Caserta.

Anteprima Sud n°11- no direction home

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immagine di Antonia Colasante

Ritorno a Belgrado
di
Azra Nuhefendic

Pareva un punto nero nel gran bianco di neve che copre l’altipiano ad ovest di Sarajevo, sulla strada verso Belgrado. Avvicinandosi diventava grande. Oh Dio, è un cane! Morto! Mi scappa ad alta voce.
Una cagna. È stata investita tre giorni fa, spiega l’autista con voce impassibile. Un altro cane, un pastore tedesco, seduto vicino al corpo immobile, fa la guardia. A distanza di pochi metri un cucciolo camminava su e giù, confuso.
Altri passeggeri dell’autobus, zitti dall’inizio del viaggio, mi lanciano uno sguardo breve, senza curiosità. Un cane morto non fa impressione alla gente che è sopravvissuta alla guerra in Bosnia.

Genealogi(c)a (… sarei padre se lo fossi…)

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di Stefano Gallerani

“ineluctable modality of the visible: Signatures of all things… … If you can put your five fingers through it, it is a gate, if not a door. Shut your eyes and see.”
James Joyce

“… the ragged old brute bent double down in the ditch leaning on his spade or whatever it was and leering round and up at me from under the brim of his slouch… I went in terror of him as a child. Now he is dead and I resemble him.”
Samuel Beckett

Andando al sodo, Joyce è tutto forma, ogni sua parola è ipersignificante, il che lo porta a scrivere un libro che è, da cima a fondo, un’invenzione lessicale o glottofonica con intenzioni iperespressive. I personaggi dei grandi poemi o romanzi di Beckett vivono dell’insignificanza dichiarata.

E Calloni la butta dentro

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di Matteo Ongari

Il momento concordato era l’intervallo tra il primo e il secondo tempo.
Appena l’arbitro fischiava e nello spazio aperto tra la tribuna e il cemento dei gradoni quel fischio diventava un lamento, ci alzavamo.
Scendevamo al bar, quello sotto la tribuna centrale.
Mio padre si faceva un caffè, l’ennesimo, o magari sorseggiava un mignon di Borghetto fumandosi una sigaretta. Io ne approfittavo per fare un salto al bagno.
La domenica, quando ero piccolo, sembrava scorrere secondo un preciso ordine.
Alla mattina mi mettevo a fare i compiti, approfittando del silenzio, del fatto che il mulino finalmente tacesse e i macchinari fossero in riposo. Mia madre rigovernava, mio fratello andava a messa con gli amici, sempre che non accompagnasse mio padre, e quest’ultimo partiva abbastanza presto, prima delle dieci, diretto al mercato.
Mi piaceva la mezza stagione, per lo stadio. Ma anche l’inverno aveva il suo fascino: i terreni pesanti, il fiato solidificato oltre la bocca, gli enormi fari che illuminano il campo già alle quattro, il naso gocciolante, il freddo che si infilava dappertutto e il viaggio di ritorno fatto con le mani arrossate poggiate alle bocchette del riscaldamento, la ventola al massimo e la radio sintonizzata su Ameri e compagnia.

Il somaroconiglio

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di Carlo Cenini

a Fernando e Luce

Il 16 luglio 1819, il poeta inglese George Byron si trovava a Jesolo, vicino a Venezia, per visitare le rovine dell’antica cattedrale di Santa Maria Maggiore; giunto dove un tempo sorgeva l’edificio, Byron notò un folto gruppo di uomini affaccendati intorno ad un cumulo di macerie. Dalla concitazione dei movimenti delle persone, e dall’espressione dei loro volti, il poeta immaginò che uno dei muri della chiesa fosse rovinato addosso a un malcapitato; quando si fu fatto strada tra i presenti, gli venne confermato che in effetti pochi istanti prima ciò che rimaneva della parete sud della cattedrale era crollato, e che il crollo aveva provocato una vittima, ma che la vittima non era una persona, ma un animale: un somaroconiglio.

Conoscere i tè Pu’er a Milano

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Domenica 16 marzo ore 14:30-18:30 presso La Teiera Eclettica di Milano, Livio Zanini terrà un seminario per conoscere ed apprezzare la famiglia dei tè cinesi pu’er:

  • Evoluzione storica, definizione e chimica dei tè Pu’er;
  • Classificazione e nomenclatura dei tè Pu’er;
  • Le principali aree di produzione;
  • La modalità di conservazione e invecchiamento;
  • Strumenti e modalità di preparazione dei tè Pu’er;
  • Degustazione di alcune varietà di tè Pu’er “crudi” e “maturati”, freschi e invecchiati, a foglie sfuse e compressi;

Anteprima Sud n°11- crocevia

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foto di Emiliano Bartolucci

Siamo strade
di
Davide Vargas

Agli occhi umidi degli uccelli, occhi speciali che possiedono coni che più degli uomini sanno distinguere i colori, a quegli occhi larghi che sanno riconoscere persino tra i vapori che salgono dalla terra i colori dei sogni degli uomini che il sole ha seccato lasciando loro soltanto il respiro pesante, vapori che vanno a ingrossare le nuvole nel cielo lontanissime dalla terra, agli occhi di uccelli migratori che hanno preso il volo da piste inospitali per una navigazione verso sponde mai viste, a quegli occhi che seguono le nuvole gonfiarsi come una pasta appetitosa e poi si rivolgono verso i territori che stanno lasciando, a loro appaiono sottili spaccature nella terra tracciate con il filo a piombo.
A quegli occhi schierati in parata che inseguono il presagio di luoghi leggeri e caldi appaiono tra le fenditure di sotto i miraggi dei colori rosati della sabbia.

Librarsi

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[Le ho promesso già da tempo che andrò in galera! Quanti colleghi vogliono seguirmi? G.B.]
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una segnalazione di Michela Sfrondini
  
Da ragazzo tanto lessi che non ebbi più paura.
Heinrich Heine
 
Leggendo questa frase mi è venuto da pensare che chi sta vivendo in carcere un pezzo della sua vita di paura deve averne tanta, anzi tantissima.
Pochi i lettori, ancora meno la dimestichezza con i libri, scarsa la disponibilità di libri in lingua straniera, disorganizzata la presenza di libri scritti in italiano. Ai detenuti rimane la paura mai colmata dalla lettura, un tempo infinitamente dilatato da dedicare alla branda e alla televisione, una solitudine vissuta in promiscuità che rappresenta, spesso, l’anticamera della passività più irrimediabile. Il carcere uccide di noia, di ristrettezze, di dolore, di rincoglionimento.

Dell’amicizia: Sartre / Camus

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E così quando tutti si concentravano sulla cazzimma degli scrittori e/o artisti fra loro, cominciai qualche tempo fa a raccogliere prove del contrario. Camus muore quando l’amicizia con Sartre si era già interrotta da un pezzo. Tre giorni dopo, il 7 gennaio 1960, Jean Paul Sartre pubblicherà su France-Observateur il suo omaggio all’amico perduto.
Questa prima uscita la dedico a Ivan Roquentin, perché ne parlammo a lungo e fu proprio lui a procurarmi le tre paginette che seguono e che avevo solo nell’edizione originale.
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immagine presa qui

Vita di Evasio Stoppani

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(Pubblico questo frammento di una più ampia e delirante scrittura di molti anni fa, anni di gioiose dissipazioni, facendolo dialogare con le opere di Gianluca Sbrana, visionario pittore massese, che all’epoca avevo trasfigurato nel personaggio di Fausto).

di Marco Rovelli & Gianluca Sbrana

Quando mancavano venti minuti alla sesta ora, quella dello humour nero, Fausto era sulla soglia del sonno. Accanto a sé, una ragazza della quale non ricordava il nome (in realtà, non lo aveva mai conosciuto). Lei dormiva da pochi minuti, e fino a un attimo prima l’aveva osservata minuziosamente, con sguardo da entomologo in preda a mistico furore. L’aveva trovata divina.