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Processo a Dio

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di Giuseppe Rizzo

Capelli di donna. Biondi, scuri, grigi, secchi. Ossa. Femori, clavicole, crani. Denti. Di adulti, di bambini. Valigie. Vestiti. Scarpe, libri, collanine, anelli. Centinaia di lettere mai spedite. Fascicoli. Schedari, numeri. Report di esperimenti. (Tagli coscia destra, soggetto morto per dissanguamento. Ripeti).
Questo è il mondo del padiglione 41 del campo di concentramento nazista di Lublino-Maidanek fino al momento della liberazione.

La traduzione del testo poetico

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Roma, sabato 29 marzo 2008
Teatro dei Dioscuri, via Piacenza 1
LA TRADUZIONE DEL TESTO POETICO

GIORNATA DI STUDIO
PER IL VENTENNALE DELL’ISTITUZIONE
DEI PREMI NAZIONALI PER LA TRADUZIONE

Gioventù tedesca I

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313d-flying-dutchmanm.jpgdi Dario Borso e Hans Ebner

Verso la fine del 1839 un 26nne Wagner giunse alle porte di Parigi, e subito… (ma lasciamo parlare lui, auf englisch visto che siamo in rete) I made the acquaintance of Meyerbeer. I brought under his notice the two finished Acts of my Rienzi; he promised me, in the friendliest fashion, his support in Paris. Entirely without any personal references, I could rely on no one but Meyerbeer.

Turritani

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di Giovanni Cossu

Anche se a dire la verità, non tutta la vita di Titto trascorreva tra la casa e la mescita.
Anche lui coltivava le proprie lattughe, come si sarebbe detto, con espressione idiomatica, in quella terra, Turritania, chiusa, a sud, tra gli orti che circondavano il ricco capoluogo, Tattari, il cui nome sembrava trarre significato, a detta di alcuni, da un’originaria occupazione del luogo da parte di certe popolazioni tartare, ma che in seguito, per un’inopinata civilizzazione, a detta di altri, si era trovato a perdere, stando almeno alla lettera, assieme all’originaria fierezza, anche la r, e, ad est, le vigne di male amati cugini, di cui si diceva che non tanto per ragioni storiche, e attualmente economiche, coltivassero quella pianta dagli oscuri quando non del tutto chiari e rigogliosi grappoli, ma per poter nascondere, dietro gli indubitabili effetti di una non moderata ingestione dei succhi fermentati di questi, una loro genetica mollezza di cervello, escogitando a questo fine la stessa denominazione del paese, che proprio con la determinata rimozione dell’articolo – determinato o indeterminato che fosse, ma piú indeterminato che determinato nella sua assenza – lasciava intendere, nella sua reiterata affermazione letterale: Sorso… Sorso… Sorso…, esattamente quello che speravano gli altri bevessero, e cioè che in quello, e solo in quello, si trovava il segreto dell’idiozia collettiva di cui da sempre era stati accusati da parte dei circonvicini parenti.

I cantieri del romanzo – 2

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di Giacomo Sartori

5. I cantieri del romanzo
L’arte del romanzo può in effetti essere vista come un vasto territorio di sperimentazione, un vasto cantiere, dove convergono gli strumenti specialistici provenienti dalle discipline umanistiche e dalla scienza. O meglio, il romanzo si spinge nelle zone d’ombra non ancora esplorate, spesso anticipando (in particolare nel campo della psicologia, o anche in quello scientifico), crea dei corti circuiti tra approcci diversi, alligna sulle contraddizioni che li oppongono. Questo rapporto è di solito più facilmente rinvenibile nelle narrazioni di tipo mimetico o realista. Ma anche le narrazioni più lontane dalla mimesi (il Beckett romanziere, o Cortázar, o la Ortese, per intenderci) a ben guardare non prescindono mai – e sempre astraendo dalle influenze più strettamente letterarie – da un ben maturato posizionamento rispetto a tali saperi. Calvino, con la sua curiosità intellettuale e il continuo sforzo di capire cosa succedeva in discipline anche molto lontane dalla sua formazione, e di tradurre le evoluzioni di queste nella propria poetica (o comunque di adattare quest’ultima alle prime), è per me un ottimo esempio (indipendentemente dall’affinità che si può provare o meno per l’universo delle sue opere) della necessità e della fecondità di questo confronto.

La pausa pranzo è la merenda d’ogni morte

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di Franz Krauspenhaar

Quando puntualmente tornai in sedia a rotelle dall’ultima presentazione del mio Memorie di due vecchi blogger pentiti, scritto in collaborazione con Loredana Lipperini, ero completamente sfinito.
L’infermiera Korrada Iordanescu m’infilò la flebo in bocca per alimentarmi coi soliti quadrucci liofilizzati del Mulino Bianco.
Una volta ripreso un po’ di tono, Korrada mi condusse a letto. Con le ultime forze tentai di palparle la natica destra di bianco coperta, poi la mia piccola mano grinzosa cadde nel freddo vuoto bianco del letto ospedaliero. Deve dormire dotore Kappa, disse la simpatica sessantenne spiegando un sorriso transilvanico.

Succede che l’Italia

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di Christian Raimo

Succede che l’Italia, come dicono i manifesti elettorali, sta cambiando, è vero. Se come cerca di illustrare la famosa teoria di Girard sul meccanismo vittimario, una società si costruisce su un modello di persecuzione, è vero che la nostra società sta cambiando. Emergono nuovi capri espiatori, emergono nuove categorie di vittime, emerge un nuovo bisogno di regole fondanti. L’altro giorno per dire ero in metropolitana a Roma e un’inedita security si è avvicinata un po’ minacciosa a un vecchio suonatore di fisarmonica e l’ha invitato a smettere e a scendere. Nuove e precise regole, ho pensato.

Il silenzio della poesia

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di Francesco Accattoli

Dai quattro angoli di quattro piazze di questa terra
un silenzio quadrato
un solido platonico che ora si smussa
nel torpore. E corre ingombrato
dai neon, dalle porporine, dalle teste di plastilina,
dalla vigilia di quest’altro secolo.

E poi con questa poesia ho fatto un aeroplanino

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 di Zachary Schomburg traduzione di Marco Simonelli

PIENO DI COLTELLI

1) La sua schiena è piena di coltelli. Sulle lame sono incise delle scritte.
2) La notte dorme a faccia in giù nel suo perimetro di gesso.
3) Ha dei problemi con i metal detector.
4) Alle feste di compleanno c’è sempre qualcuno che gli chiede educatamente scusi, mi passerebbe un coltello per tagliare la torta al cioccolato?
5) Preferisce stare con le spalle al muro, al ristorante si siede ai tavoli nell’angolo.

L’ACROBATA di Sylvia Plath

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Acrobates da Parade di Erik Satie (1917)


Ogni notte quest’agile giovane donna
Riposa fra lenzuoli
A brandelli sottili come fiocchi di neve
Finché un sogno non ne solleva il corpo
Dal letto ad ardue sfide
D’acrobazie sul filo.

 

Tutta la notte in equilibrio
Con destrezza da gatta sulla perigliosa fune
In una sala gigantesca
Balla delicate danze
Allo schiocco di frusta ed al ruggito
Degli ordini del suo maestro.

 

Dorata, avanza precisa
Attraverso quell’aria greve.
Un passo e si ferma, sospesa
Al fulcro del suo gesto
Mentre grossi pesi le cadono attorno
Ed incominciano a volteggiare.

 

Addestrata a tal punto, la ragazza
Para l’affondo e la minaccia
Di qualunque oscillazione;
Con un improvviso slancio e una piroetta
Chiama l’applauso, la corda luccicante
Le affonda affilata in ogni coraggioso arto.

 

Poi, finito il difficile esercizio, fa un inchino
E serenamente si lancia giù
attraverso il pavimento di vetro
in salvo verso casa; ma, roteando occhi allenati
un domatore di tigri ed un pagliaccio sogghignante
si accovacciano, lanciandole palle nere.

 

Alti carri rotolano dentro
Con tuono di leoni; tutto s’adopera
Ed avanza sgraziato
Per intrappolare questa oltraggiosa leggera regina
E sbriciolare in atomi
Le sue nove vite cosi inafferrabili.

 

Ma lei s’accorge dello stratagemma
Di pesi neri, palle nere e carri neri
E con un’ultima abile finta salta
Attraverso il cerchio del suo rischioso sogno
Per balzar sù seduta del tutto desta
All’arrestarsi dello squillo della sveglia.

 

Ora come punizione per il suo talento
Di giorno è costretta a camminare temendo
I guanti d’acciaio del traffico, terrorizzata
Dalla paura che, per dispetto, tutta
L’elaborata impalcatura del cielo sopra la sua testa
Cada alla fine fragorosamente sulla sua fortuna.

 

AERIALIST

 

Each night this adroit young lady
Lies among sheets
Shredded fine as snowflakes
Until dream takes her body
From bed to strict tryouts
In tightrope acrobatics.

 

Nightly she balances
Cat-clever on perilous wire
In a gigantic hall,
Footing her delicate dances
To whipcrack and roar
Which speak her maestro’s will.

 

Gilded, coming correct
Across that sultry air.
She steps, halts, hung
In dead center of her act
As great weights drop all about her
And commence to swing.

 

Lessoned thus, the girl
Parries the lunge and menace
Of every pendulum;
By deft duck and twirl
She draws applause; bright harness
Bites keen into each brave limb.

 

Then, this tough stint done, she curtsies
And serenely plummets down
To traverse glass floor
And get safe home; but, turning with trained eyes,
Tiger-tamer and grinning clown
Squat, bowling black balls at her.

 

Tall trucks roll in
With a thunder like lions; all aims
And lumbering moves
To trap this outrageous nimble queen
And shatter to atoms
Her nine so slippery lives.

 

Sighting the stratagem
Of black weight, black ball, black truck,
With a last artful dodge she leaps
Through hoop of that hazardous dream
To sit up stark awake
As the loud alarmclock stops.

 

Now as penalty for her skill,
By day she must walk in dread
Steel gaunticts of traffic, terror-struck
Lest, out of spite, the whole
Elaborate scaffold of sky overhead
Fall racketing finale on her luck.

 

 

(traduzione di Orsola Puecher)

 

[AERIALIST – delicata e crudele – fa parte di un piccolo gruppo di poesie che Sylvia Plath (Boston, 27 ottobre 1932 – Londra, 11 febbraio 1963) scrive negli anni del college, fra il 1950 e il 1955, talvolta come compiti assegnati dal suo professore di Letteratura Inglese, Alfred Young Fisher]

 

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Musica da qui

Perché la mafia ha vinto

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di Giancarlo Caselli

Più di un secolo fa, nel suo saggio “Che cosa è la mafia” Gaetano Mosca scriveva: “È strano notare come coloro che discorrono e scrivono di mafia […] raramente abbiano un concetto preciso ed esatto della cosa, o delle cose, che colla mafia vogliono indicare». Un vecchio vizio, tutto italiano, che per fortuna contempla vistose ed importanti eccezioni. Tra queste – indubbiamente – le ricerche e gli studi di Nicola Tranfaglia, ormai patrimonio consolidato per tutti coloro che di mafia vogliano sapere qualcosa di più serio rispetto alle…fiction televisive di moda. L’ultima fatica di Nicola Tranfaglia (preziosa come le precedenti) si intitola “Perchè la mafia ha vinto”. In realtà si tratta di una storia della mafia che ci aiuta a capire meglio che cos’è la mafia oggi, nel terzo millennio, a quindici anni dalle tremende stragi palermitane del ’92.

I cantieri del romanzo – 1

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di Giacomo Sartori

1. Il romanziere e le sue materie prime
Come moltissimi altri autori contemporanei di narrativa, anch’io per ogni testo che scrivo, e naturalmente a maggior ragione per i testi lunghi, per i romanzi, utilizzo molti materiali che mi servono per attingere delle idee e delle informazioni di vario tipo. Che mi servono quindi come ‘documentazione di base’, come ‘materia prima’. Dando a questo termine un senso lato: si va da testi teorici che poi si riflettono nelle tesi di fondo/assi centrali del testo, a scritti tecnici molto specialistici legati appunto a qualche dettaglio di minore importanza (testi sul linguaggio corporale per descrivere un determinato e non ricorrente gesto di un personaggio, testi sulle armi da fuoco per descrivere un fucile che appare nelle mani di un personaggio…).
L’insieme di questi materiali comprende a seconda dei casi testi di storia, di filosofia, di psicologia e di psicanalisi, di etologia, scientifici, tecnico-specialistici, iconografici, biografici e autobiografici… (Naturalmente tra i materiali di documentazione ci sono anche quelli che provengono da internet, che io stesso come molti altri scrittori utilizzo in modo sempre più massiccio. E qui, proprio per il carattere aleatorio della navigazione, la ricostruzione dei percorsi, dell’ordine temporale e della gerarchizzazione dei vari strati di informazione, delle quali parlerò nei paragrafi seguenti, si farebbe ancora più difficile).

Bici

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di
Azra Nuhefendic
Editing:Patrizia Bevilacqua

mcmpsgade0105zansella.jpg immagine trovata qui

Il primo ad accorgersi dell’abbandono di una bici è il ragno. Tesse in fretta la tela sotto i due steli del manubrio. Poi capita che un ubriaco le si addossa di peso, deformandola, o che qualcuno, arrabbiato con se stesso e con il resto del mondo, si sfoga assestandole un colpo.
Ora la bicicletta è visibilmente storta. Passano alcuni giorni senza che nessuno ne se occupi. Ormai è evidente che è stata abbandonata. E con la pioggia fa la sua comparsa la ruggine, il sigillo dell’abbandono.

Black Hole

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blackholeunico.jpg di Michele R. Serra

Charles Burns, BLACK HOLE, Coconino Press, pagg. 368, € 19,00

Sesso e sangue. La sinossi più breve che si possa fare del primo vero romanzo grafico di Charles Burns, autore statunitense di nascita ed europeo d’adozione, con un importante passato di militanza – parola piuttosto appropriata – all’interno del gruppo Valvoline.
Sesso e sangue sono argomenti che non passano mai di moda, dalla letteratura alle prime serate televisive, tant’è vero che molti li usano come scorciatoie per un facile successo. Per evitare fraintendimenti, diciamo subito che Burns è al riparo da qualsiasi insinuazione riguardo a eventuali calcoli commerciali: la sua opera è quanto di meno mainstream possa esserci, costruita per spiazzare, non certo per titillare gli istinti bassi del lettore. Per quello, meglio rivolgersi a BrunoVespa.

in c – Terry Riley

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di Franz Krauspenhaar

non ho voglia di canzoni di rolling di beatles
di manie morte di note di cantanti di scorci ugole
e balzi di piedi pari, di cose strane ma secche
di piscio e di cervello strizzato, di note adunche
e false voci fesse, e belle voci a birignai buone la prima,
non ho voglia di beethoven, di sinatra, di battiato
di purcell di henze di cuxniverden, di ghelamy, di khu,
di berio e di aaron copland, di tampakx di keith richards
di elvis costello, di elizabeth fucking, di nessun dorma
e di veglie funebri e trauermarsch e code di paglia patetiche
e di foxtrot, e tanghi lupestri e lugubri shimmy for dummies,
e steppenwolf al ballo cronenberg, e danze macabre –
e non ho voglia di mazurke e di sham 69 e sex pistols

La stele

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di Tommaso Ottonieri

Prima che la pioggia riprendesse a battere. Prima che, e nel silenzio dei pianeti, fossimo dispersi. Prima che fossimo dispersi: e nel tempestare di costellazioni, sullo specchio che lascia pattinarci, lo stridere di lama sul vetroghiaccio mugolante, prima che il manto si sollevasse a onda, a raggio, per rivoltarsi qui su noi, a interrare. Prima del ruggito delle madri, o che i fiori di cavolo spuntassero tutti insieme, digrignando i dentoni in un immenso plop, e ciondolasse la corolla, come eiettata dalla scatola a molla, proiettata su noi: qui su noi: noi, a cerchio sullo specchio, lo specchio della piana, noi pattinando, lama dietro lama, prima che la pioggia riprendesse sul duro del piano il tintinnìo crudo, a punta, dei minuscoli cristalli.

L’altra faccia di Israele (una lista di autori)

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(Questa vuole essere una proposta di un dossier dedicato alla dissidenza intellettuale in Israele. Di esso fanno già parte alcuni pezzi postati su NI – qui e qui.)

Di Francesco Forlani, Lorenzo Galbiati, Daria Giacobini, Diego Ianiro, Andrea Inglese, Fabio Orecchini.

È passato più di un mese dalla proposta – pubblicata qui su Nazione Indiana – che intendeva essere un’alternativa sia al pieno sostegno della Fiera del libro di quest’anno sia al suo boicottaggio. Da allora non molto è cambiato se si eccettua l’escalation della violenza fuori e dentro gli incerti confini del Paese ospite della Fiera. Violenza che fa rumore e scuote solo quando raggiunge certi picchi ciclici di mostruosità, ma che lascia generalmente indifferenti nel suo costante – e del tutto asimmetrico – stillicidio quotidiano.

Violenza che giorno dopo giorno ha reso quella proposta anacronistica e, per certi versi, quasi offensiva, se non si finge di considerare il carico di morte e di lutto che un mese e più ha lasciato a un pugno di famiglie israeliane e a decine e decine di famiglie palestinesi, già provate dalla sistematica distruzione fisica e morale della loro esistenza.

Cinc ghei

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dal voster Giuanin, teruncel de Milan

Sunt püssé vecc’ de cinc ann,
e g’ho ancammo’ cinc ghei in tasca,
incoeu Nasiun Indiana
(la mé gabia de matt preferida)
l’è püssé veccia anca lè de cinc ann.
L’è minga pocc, fioeu!
Foeura l’è primavera,
i mée amis indiani –
i giùin, i vecc’ –
inn tucc’ derent’al coeur
(gh’è nient de fàa,
mi sunt un sentimental).

Ex-Voto

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…e ci si chiede allora: “perché i poveri votano a destra?”
anche qui
Nota di Jean Claude Michéa,all’ultimo libro di Thomas Franck

Censura legale

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di Paolo Barnard 
Cari amici e amiche impegnati a dare una pennellata di decenza al nostro Paese, eccovi una forma di censura nell’informazione di cui non si parla mai. E’ la peggiore, poiché non proviene frontalmente dal Sistema, ma prende il giornalista alle spalle. Il risultato è che, avvolti dal silenzio e privi dell’appoggio dell’indignazione pubblica, non ci si può difendere. Questa censura sta di fatto paralizzando l’opera di denuncia dei misfatti sia italiani che internazionali da parte di tanti giornalisti ‘fuori dal coro’.

L’asciutto e la marea

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di Davide Morganti

Nella chiesa le vecchie avevano da poco terminato i vespri. Procolo era ancora seduto a sgranare il rosario, sentiva il mare ritrarsi dalla riva negli angoli bui della chiesa, dietro le statue, in un cupo rimbombo che pareva uscire dalla fiamma delle candele.