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Ancora sulla Fiera del Libro di Torino

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Una proposta, nel nome dell’onestà intellettuale, di Diego Ianiro

Cari amici di Nazione Indiana,
chi vi scrive ha sostenuto, e sostiene, una posizione nettamente critica nei confronti della politica dello Stato d’Israele da quando ha avuto modo, per brevissimo tempo, di toccare (sfiorare?) con mano i suoi effetti nella West Bank nel 2005. Ne ha parlato proprio qui come altrove.
Chi vi scrive sa che il governo italiano, indipendentemente dal colore sbiadito che possa assumere, è un fedele alleato di quello israeliano, con il quale ha – per esempio – stipulato un accordo di cooperazione militare (legge 17 maggio 2005 n°94).
Chi vi scrive, ovvero io signor nessuno, crede di essere abbastanza in grado di riconoscere la cruda realtà dei fatti e le ragioni delle parti in causa nell’affaire della grande esposizione torinese.

Etere 2: i secoli “bui” e anche no.

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di Antonio Sparzani

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Dopo un inizio all’insegna della poesia, l’etere s’inoltra proteiforme nelle tenebre dei cosiddetti secoli bui, che bui non furon poi tanto, intrufolandosi negli scritti degli scienziati e dei filosofi, parole a quei tempi davvero equivalenti. Questi secoli vanno dall’ottavo al quattordicesimo, molto approssimativamente dico, perché distinguere il buio dalla luce non è agevole per nessuno, con quella retina poi così limitata che abbiamo tutti. Limitata realmente perché mentre è in grado di percepire i meravigliosi colori dell’iride, è invece del tutto cieca a tutte le altre radiazioni elettromagnetiche, infrarosso, ultravioletto, e su su fino ai raggi X, raggi gamma, e, d’altra parte, alle onde radio di tutte le frequenze possibili. Del resto pensate che spavento se la retina “vedesse” le onde radio, le UHF e tutto il resto, non vivremmo più – la televisione in diretta continua. Ma ancor più limitata metaforicamente, perché come facciamo a percepire le sconosciute latitudini dei pensieri di uomini così lontani da noi, se già facciamo così fatica a percepire quelli di chi ci sta a due passi.

Buon compleanno, mr. Darwin

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di Lorenzo Galbiati

Charles Robert Darwin compie oggi centonovantanove anni e questa settimana è festeggiato in molte città d’Italia nelle manifestazioni chiamate “Darwin Day”.
Non che il Darwin Day sia nato quest’anno. È già un’abitudine, anzi, una fiera abitudine. A Milano, per esempio, la manifestazione è alla sua quinta edizione e nella locandina di presentazione si può leggere che il “Darwin Day di Milano è diventato a pieno titolo un atteso appuntamento annuale della vita culturale della città e, grazie al coinvolgimento di un numero crescente di altre sedi in Lombardia, si consolida come la più importante iniziativa regionale dedicata all’evoluzione. Come ogni anno i protagonisti del dibattito evoluzionistico internazionale si confronteranno fra loro e con il pubblico. In vista delle celebrazioni del bicentenario darwiniano del 2009 la manifestazione come d’abitudine abbraccerà linguaggi diversi e sarà composta non soltanto dalle sessioni di convegno, ma anche da serate a tema, spettacoli, laboratori per bambini e per ragazzi. Lo stile divulgativo, misto agli approfondimenti, sarà calibrato per un pubblico curioso, non necessariamente di addetti ai lavori, con particolare attenzione agli studenti delle scuole superiori e agli universitari, nell’intento di coltivare l’interesse per la cultura scientifica in un paese dove ancora essa non sembra adeguatamente valorizzata.”
Eccoci al punto: è diffusa la cultura scientifica in Italia?

L’etica dello shomin-geki: omaggio a Naruse Mikio

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in collaborazione con Centro La Soffitta del Dipartimento di Musica e Spettacolo Alma Mater Studiorum – Università di Bologna
The Japan Foundation-Istituto Giapponese di Cultura, Cineteca di Bologna

I film della settimana:

MARTEDÌ 12 ore 20.00
Attori girovaghi (Tabi Yakusha, Giappone/1940) di Naruse Mikio (71’)
Versione originale sottotitoli italiani

Il sogno del nomade. Appunti dalla terra estrema.

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di Francesca Matteoni

“In una certa stagione della nostra vita, noi siamo
soliti considerare ogni pezzo di terra come possibile luogo
di dimora”.
HENRY D. THOREAU

“Per quale diavolo di motivo volete tornare là? Non è che
un vecchio autobus”.
BUTCH KILLIAN, uno dei cacciatori d’alce che trovò il
corpo di Chris McCandless a Stampede Trail, in Alaska nel
Settembre 1992

 

ricordare la propria ignoranza

Quando tra il 1845 ed il 1847 il filosofo americano Henry David Thoreau si trasferì a vivere in una capanna nei boschi presso il lago Walden nel Massachussetts, non lontano dalla sua città natale, non compiva una fuga dalla civiltà moderna, ma, parafrasandolo, “recuperava la sua ignoranza” – seguiva un’attitudine primigenia nell’uomo di scoperta e indagine del mondo, che viene inesorabilmente repressa dall’aderenza a modelli prestabiliti (il lavoro, la famiglia, la reputazione) con l’età adulta. Era il suo un atto profondamente etico, teso a dimostrare che conformandosi senza riserve al modello sociale consolidato si finisce spesso con il disobbedire alla nostra indole più intima, azzittendo quel particolare “genio” che dà all’individuo la sua singolarità.

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gennaio1.jpgdi Sergio Garufi

“Uomo non stupido ma scrittore improbabile”. Così dice Cortellessa di Genna, stroncando il suo Hitler. La frase è sembrata ad alcuni una stonatura, un indebito (e inusuale) spostamento di tiro dall’opera alla persona. In realtà è sempre sulla scrittura che il giudizio critico bastona, è lì che si sottolinea il valore avversativo della congiunzione. La logica della lingua è molto diversa da quella matematica: il risultato cambia eccome se si inverte l’ordine dei fattori. “Scrittore improbabile ma uomo non stupido” dice le stesse cose però lo salva, e con buona probabilità preannuncia un ulteriore complimento. Un po’ come nel film Poveri ma belli, in cui l’avvenenza riscatta la miseria solo grazie al fatto che segue il “ma”. Ecco, forse il problema è proprio quel “ma”. E se non ci fosse alcuna opposizione, bensì un nesso causale fra le due cose? “Uomo intelligente ergo scrittore improbabile”?

“L’entytà maffiosa”. Une histoire drôle.

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di Andrea Raos

a Laura P., appena nata, già sciacquata in Arno.

(Cette histoire drôle se déroulait il y a bien longtemps:)

Certains États étrangers refusaient même d’utiliser le nom officiel, Ytalya, et persistaient à l’appeler “l’entyté maffieuse”, tout simplement, comme pour en nier l’existence. Ils appuyaient bien fort sur chaque syllabe en prononçant, jusqu’à ce que ça siffle comme un serpent furieux, piegé dans la nasse du chasseur. Le fait même que la “démocratie” dite “Ytalya” existât était pour eux – des démocraties achevées, parfaites en vertu du fait même qu’elles étaient conscientes de leur imperfection – une “catastrophe”. Ils se drapaient de bons sentiments vis-à-vis d’une poignée de damnés, de pouilleux, qui à la naissance de cet État avaient été dépossedés de leurs terres et jetés pourrir dans des no man’s land aux conditions de vie innomables. Ils réfusaient d’admettre que ces culs-terreux, ils étaient les premiers à les mépriser, les haïr, les ignorer (quitte à en faire un drapeau, le cas échéant, en les transformant en l’objet d’une instrumentalisation politique des plus abjectes).

Mais d’autre part:

Un viaggio con Francis Bacon # 2

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di Franz Krauspenhaar

Per vincere la stanchezza provata per l’opera compiuta si consiglia di donarsi con pieno disinteresse ad altre arti. Dopo un lungo periodo di infatuazione per la musica, e senza aver imparato a suonare nulla più del glorioso campanello di casa, ho da qualche anno trovato il mio asessuato riposo del guerriero nella pittura. Un’arte simile alla scrittura, non foss’altro perché nel frequentarla si possono evitare accuratamente scuole, accademie, corsi a pagamento e parrocchiali. La pittura la si può facilmente disimparare fin dalla prima lezione nelle accademie; e imparare, dopo acuti sforzi per raggiungere un certo grado di oblio del passato, da soli, pasticciando con la propria creatività e con la propria capacità di trasgredire, stando però attenti a non intaccare poche, indispensabili regole del gioco.

Variazioni Meridiano – 1: Marina Pizzi

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Un progetto di Luigi Pingitore

Sono passati 38 anni da Il Meridiano di Paul Celan.
Quel discorso, pronunciato in occasione dell’assegnazione del premio “Büchner”, fu tra le tante cose una riflessione lucida, tutt’altro che dogmatica, e piena di strazi, sul significato che Celan attribuiva al proprio fare poesia; in un’epoca in cui la poesia aveva ampiamente dismesso la propria identità millenaria.

Otto poeti italiani. Oggi. Che abbiano già esordito (quindi con almeno una pubblicazione alle spalle che li abbia consegnati all’esterno).
Tracciano il proprio meridiano, seguendo le coordinate intime delle proprie necessità, dei propri slanci e delle proprie abiure.
La scelta di questi poeti è puramente arbitraria. Ne mancano altri. Potevano essere altri. Ma è una scelta. Non ci sono note bibliografiche. Di ciascuno di loro è possibile rintracciare in rete molteplici informazioni. Qui basti il testo.

N.B. Questo esercizio nasce dopo che Nazione Indiana ha già proposto un’operazione analoga – usus scribendi – dedicata a 4 narratori. Era stato pensato alcuni mesi fa ma tant’è, forse era necessario che si completasse la mappatura di un certo territorio della letteratura italiana.

Luigi Pingitore

Molta poesia alla Casa della poesia (Milano, martedi, 12)

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Casa della Poesia (Palazzina Liberty, largo Marinai d’Italia)
Milano, Martedì 12 febbraio, alle ore 18:00 e alle ore 21:00

ore 18:00
Andrea Cortellessa presenta:
fuoriformato. Collana di testi contemporanei

Emilio Villa – Attributi dell’arte odierna (1947/1967)
nuova edizione ampliata a cura di Aldo Tagliaferri, (Le Lettere, 2008)

ne parlano: Cecilia Bello Minciacchi, Andrea Cortellessa, Claudio Parmiggiani, Marco Vallora e il curatore

Un viaggio con Francis Bacon # 1

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di Franz Krauspenhaar

La prima volta che vidi un quadro di Bacon dal vivo fu a Palazzo Reale, in una grande mostra sul ritratto curata da Flavio Caroli. Stavo nella sala guardando un bellissimo ritratto di Alberto Donghi, un pittore che trovo affascinante e soprattutto inquietante per induzione, come sono affascinanti in tale modo certe belle donne che però non vogliono particolarmente colpirti col loro charme. Conoscono il valore della loro bellezza, e perciò, saggiamente, non ne abusano. Girai la testa e vidi un piccolo quadro che ritraeva un uomo dell’ipotetica età di cinquant’anni con un pezzo di carne in bocca. Vestito scuro da executive, faccia dilavata da fantasma cittadino, lo sfondo notturno indifferenziato; e quelle tracce di bianco ai lati della figura, come tocchi magici di un diavolo sornione che fa luce a brani sulla triste e oscura condizione umana.

Una firma non problematica

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Per Sante Bernardi e tanti altri malati come lui.
Si può sottoscrivere qui.

Dal basso e altre poesie

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di Jacopo Galimberti

La ferrovia

Appare dietro una scuola, poi fa perdere le proprie tracce
rintanandosi tra due orti. Sbuca oltre il ponte
e sotto i tralicci il ventre bianco balena per un istante,
subito la massicciata lo spinge in un tunnel.
La corsia d’acciaio incide in città una striscia gremita,
battuta da un vento di sguardi.

Perché ho firmato l’appello

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band1.jpg di Gianni Biondillo

Innanzitutto una premessa necessaria: in questi giorni ero fuori Milano, senza alcun accesso ad internet. Se non ho risposto nei commenti ciò è dovuto alla mia assenza forzata.
Solo ora riesco ad accendere il computer e solo ora vedo quanto l’appello da me postato abbia avuto centinaia di commenti. Così come ho solo ora visto la serie di post, altrettanto commentati, che fanno da corollario a quell’appello. Scrivo queste note di getto, prima ancora di leggere tutto quel materiale, come faccio sempre con tutta l’attenzione che merita. Laddove si trovassero ridondanze o argomentazioni già superate nel dibattito me ne scuso da subito.

Martedì pomeriggio scorso, sul tardi, ho ricevuto via email il testo dell’appello in questione a firma di Raul Montanari, scrittore che rispetto e persona che mi fregio di avere come amica. Non è la prima volta che firmo una appello, non sarà l’ultima. Sergio Garufi, come è nel suo stile, ci rammenta con le (a me) note pagine di Manganelli del vizio italico dell’apporre firme ad ogni pie’ sospinto. Sapevo, e so, del pericolo della deriva firmaiola. Ma sinceramente me ne impipo.

Vola!

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Livres aspirés par le ciel, di Esther Shavev-Gerz

Hitler di Giuseppe Genna

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hitler-genna.jpgdi Andrea Cortellessa

Non è inopportuno scrivere un romanzo su Adolf Hitler (magari si potrebbe evitare di farlo uscire il Giorno della Memoria, ma questo è un altro discorso). Mai come oggi, infatti, vediamo che Hitler ci riguarda. Come dice Georges Didi-Huberman nel libro ora tradotto da Fazi, Il gioco delle evidenze, questa storia guarda noi che la guardiamo. È insomma un test: perché, per quanto la si esorcizzi, è la nostra storia.

al dio di agar

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di Marco Rovelli

Era la schiava di Sara, moglie di Abramo. Fu costretta ad accoppiarsi col vecchio Abramo perché questi avesse una discendenza. Rimase incinta. E Agar l’egiziana seguì l’umano istinto di rivalsa sulla padrona. Cominciò a guardarla con disprezzo. Allora, con il permesso di Abramo, Sara trattò Agar con durezza di padrona. E Agar fuggì nel deserto, e nel deserto si perse.

Un angelo la trovò presso una sorgente d’acqua. Agar udì la sua voce. L’angelo conosceva il suo nome, e le domandò il senso del suo tragitto. Torna dalla tua padrona, le disse. Poi le mostrò la sua discendenza, che sarebbe stata smisurata moltitudine.

Ismaele, ‘Dio ascolta’, sarebbe stato il nome della creatura che aveva in grembo. Egli era il segno che Dio aveva ascoltato la sua afflizione. L’angelo soggiunse: “Egli sarà tra gli uomini come un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti, e la mano di tutti contro di lui; e abiterà di fronte a tutti i suoi fratelli”.

‘Atta-El-Roi’, Tu sei il Dio della Visione. Così disse Agar alla sua visione. La seguì, e fece ritorno. Ma poi, ancora, riprese la via del deserto, e ancora fece ritorno. E così per sempre: in questa erranza Agar sarebbe rimasta, a questa erranza Agar si sarebbe abbandonata.

Guido Guinizelli

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di Franco Buffoni

Al tempo in cui i programmi scolastici erano rigidi e lo studio delle letterature avveniva in maniera esemplarmente cronologica, Guido Guinizelli entrava nella nostra vita durante l’inverno dei sedici anni per consegnarci diciassettenni alla primavera. Al cor gentil repara sempre Amore veniva letto dopo Già mai non mi conforto di Rinaldo d’Aquino e Disgusto del mondo di Compiuta Donzella, e prima di Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira di Cavalcanti.
Il Gianni-Balestreri-Pasquali dell’editrice D’Anna (Messina-Firenze) volume I, Dalle origini alla fine del Quattrocento, gronda annotazioni a penna e in matita, con una bella parentesi graffa (noi dicevamo graf) ad abbracciare la differenza tra concezione ontologica e concezione gnoseologica dell’amore, e una tonda ad elencare le immagini naturali (sole fuoco selva luce pietra stella calamita) il cui continuo lampeggiare doveva colpirci in Guinizelli.

Alcune ragioni per non firmare gli appelli

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manganelli-panino.jpgdi Giorgio Manganelli

Quando le da sempre rugginose ruote della Storia, vale a dire della ‘Geschichte’, si mettono a cigolare e fremere, e si apparecchia l’avvento di un qualche glorioso ‘jaggernaut’; e le magnifiche sorti e progressive cominciano magnificamente a progredire; quando, da qualche parte, esplode un subitaneo geyser di ottimismo, cui si accompagna un brusco incremento di fragorosi decessi; allora, se figgerete gli occhi miopi nei cieli obnubilati, vedrete trascorrere foschi angeli di tempesta, librati su inchiostrosi remeggi di penne, donde fuoriescono riccioluti ciuffi di firme. Sono, codesti volatili procellosi, appelli, proteste, manifesti. Il nostro tempo, decorosamente calamitoso, è fecondo nido di siffatti volatili: e poiché frequentano le nostre gronde, e parte ci insidiano parte ci minacciano coi loro stridi educativi, varrà forse la pena di indagarne costumanze e destino.

Domande scomode

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di Andrea Inglese

La notizia di manifestazioni di protesta e di una proposta di boicottaggio nei confronti di Israele, nazione ospite d’onore al Salone del libro di Torino, dovrebbe suscitare almeno qualche domanda. Come mai dei gruppi di cittadini che militano a favore dei diritti dei palestinesi hanno preso una tale decisione? Perché spostare su di un evento culturale una protesta di carattere eminentemente politico? E perché promuovere un boicottaggio proprio nei confronti di scrittori, piuttosto che forme di protesta meno drastiche e che aprano a possibili confronti?

Fiera del libro, dietro le quinte c’è la Palestina

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(Questo articolo è apparso su il Manifesto, 19 gennaio 2008. Ed è leggibile anche qui. Ringrazio Lorenzo Galbiati che me lo ha segnalato.)

di Stefano Sarfati Nahmad

Un articolo sul quotidiano israeliano Haaretz del 6 agosto 2007 spiega che dietro questo gran via vai di scrittori israeliani in giro per il mondo e dietro un certo numero di traduzioni di loro libri in diverse lingue, c’è una persona che si chiama Dan Orian capo del settore letteratura al DCSA (Division for Cultural and Scientific Affaire) una divisione del Ministero degli Esteri israeliano. Spiega la giornalista Shiri Lev-Ari: «Gli scrittori cercano di promuovere il loro lavoro all’estero e il Ministero degli Esteri vuole utilizzarli per mostrare la faccia più attraente e sana di Israele»; «Dan Orian – scrive la giornalista – vede la letteratura israeliana come una parte del lavoro di public relations». Dice Dan Orian: «Siamo percepiti come un paese aggressivo, che impone chiusure sui territori, ma improvvisamente appare una scrittrice che parla di relazioni familiari, con una scrittura molto “non politica”. Questo può cambiare l’intera percezione della società israeliana».