
di Marco Rovelli
La popolazione del web, e tra loro i frequentatori di Nazione Indiana, ha stabilito un rapporto necessariamente intimo con oggetti divenuti protensioni del proprio Io nel mondo. Il principale tra essi è il mouse.

di Marco Rovelli
La popolazione del web, e tra loro i frequentatori di Nazione Indiana, ha stabilito un rapporto necessariamente intimo con oggetti divenuti protensioni del proprio Io nel mondo. Il principale tra essi è il mouse.
di Mario Desiati
Quando ancora erano disseminati per il nostro paese i sanatori e i lebbrosari accadeva spesso che fra i due nosocomi l’autorità cittadina preferisse tenersi i tisici e allontanare i lebbrosi. La lebbra deturpava, mangiava i volti e le espressioni, scavava le sue piaghe e le piaghe erano sempre due, una era quella esterna e l’altra, la più dolorosa, quella interna, ossia la solitudine. Il male sottile era invece un batterio più subdolo, non deturpava, ma affilava i tratti e spesso abbelliva le giovani ragazze che diventavano tisiche. Eppure paradossalmente era molto più pericolosa e contagiosa della lebbra. Chissà se il vecchio lebbrosario di Acquaviva delle Fonti fu portato nelle campagne per queste ragioni. La sede distaccata dell’Ospedale Miulli è oggi l’ultimo centro specializzato e il più all’avanguardia del mezzogiorno.
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di Christian Raimo
Sono cresciuto in un mondo politicamente secolarizzato. Imparai a leggere che ero molto piccolo e c’era una scritta rossa sul muro proprio sotto casa nostra che diceva: Aldo Moro è vivo e rubba. Mia madre la usava per insegnarmi che non bisogna raddoppiare tutte le b come fanno i romani. Si dice abito e non abbito, abete e non abbete. Oppure, sentendo parlare tanto di brigate rosse, le cercavo in giro, per strada, dovunque. Un giorno, dal sedile posteriore della macchina, le indicai a mio padre: “Papà, guarda, le brigate rosse”. Erano carabinieri con la striscia rossa in rilievo sui pantaloni.
di Franz Krauspenhaar
Marino Magliani è uno scrittore che viene dal fare e dall’avventura. Dalla pratica che diventa grammatica. Un Jack London ligure, che nella prima parte della sua vita s’è imbarcato sulle navi come mozzo dopo aver girato i collegi di mezza Italia, ha peregrinato per mezza Europa per qualche anno, e poi ha inseguito e trovato l’America: quella del sud, per altri anni, visitandone metà dei paesi, vivendoci, impregnandosi fino all’osso di esperienze. Come un autore americano self made (Magliani non viene dalle università, ma dal pulsare secco e spesso cattivo della vita avventurosa, dal marciapiede) ha fatto di tutto: il lavapiatti, il magazziniere, il traduttore di menù dallo spagnolo all’italiano per i ristoranti della Costa Brava; e ancora, l’olivicoltore nella sua Liguria di ponente, il rappresentante, il portiere di discoteche, lo scaricatore di porto sulle banchine olandesi –; e da anni lo scrittore in Olanda s’è sistemato, in pianta più o meno stabile, trovando una moglie e allevando con lei un figlio, un marcantonio diciassettenne di nome Mike.

di Silvio Mignano
Sabato 24 marzo 2007
A mezz’ora di automobile dal Cerro Rico, scendendo di due o trecento metri, ci si trova in una valle lunga e stretta ed è come passare dall’inferno al Paradiso. Un fiumicello si snoda a coda di serpente tra i prati, fiancheggiato da salici piangenti e perfino da cipressi toscaneggianti. Vacche da latte al pascolo, piccole fattorie, un pastore che spinge a bordo strada un gregge di lama.
Autorevole: qualcuno che goda di grande autorità e prestigio.
Avanguardia: nell’esercito e nella marina, unità militare posta in posizione avanzata a scopo di protezione o di difesa, ma anche gruppo o movimento artistico che sperimenta nuove forme espressive in contrasto con la tradizione e il gusto corrente.
Vorrei cominciare questo mio intervento sulle modificazioni sociali apportate dai nuovi modelli di sviluppo mediatico, considerando questi due concetti, che un po’ di tempo fa hanno suscitato dibattito in rete (vedi l’ultimo numero di « Per un Critica Futura » e la discussione su « Blog e poesia »).
di Giovanni Catelli
Petrska
Oggi sono sceso, presto, a colazione.
Oltre le tendine, i vetri, l’aria, mi giungeva il soffio della strada, più vicino e vivo, nel mattino senza nome, nel freddo bianco, e lieve, di febbraio; ho vagato, nella sala vuota, verso un tavolo propizio, una saldezza di pareti, una difesa, ma fuggivano le cose all’apparenza, m’accecava quel chiarore di tovaglie, vacillavano le sedie nell’attesa, come a leste ore di partenza.
Ho poggiato il mio silenzio sulle voci, sulle vite già più esperte del mattino, che tracciavano progetti, nelle sale invisibili, nel cieco limbo del servizio, riscuotevano il mio peso dai minuti, si sporgevano alla luce senza inganno, pronunciavano le vie del giorno alla città: si muoveva, una corrente più leggera, una boscaglia mobile di nomi ed occasioni, una promessa d’ombre, di lontane piazze quiete, mai raggiunte dal tempo vincitore, già posate accanto, dal fiume fragoroso della vita, dal rumore ignoto, e cupo, che preme le sue acque.
“Generazione di fenomeni”, lo strano caso di un paese che ha dimenticato i suoi giovani e ha generato una generazione di precari e di esuli.
di Luigi Meneghello
A lezione una giovane dai lunghi capelli, che pare disegnata da Ciarrocchi, mi ha domandato che cosa vuol dire deorum manium jura sancta sunto. Eravamo verso la fine dell’ora, mancava un quarto all’una.
Ho confessato che da ragazzo credevo volesse dire: “I morti hanno un loro mondo giuridico: rispettatelo”. Ho detto che ogni volta che da adulto ho corretto questa assurda interpretazione fantastorica (per me altamente suggestiva) mi sono poi dimenticato di averla corretta, e ho continuato a vivere come se quella fosse l’interpretazione vera. Naturalmente una frase di questo tipo non possiamo domandarci che cosa vuol dire in assoluto, solo che cosa voleva dire a suo tempo. Qui penso che c’entri il culto dei morti: i decreti, le consuetudini relative a questo culto, gli “jura” dei morti. Quali fossero di preciso non lo so. Diciamo che in pratica si intendesse dire tra l’altro “Si dispone che i giuramenti fatti invocando i morti siano trattati come sacri”. Poi, ancora più in pratica, ho detto, questo potrebbe voler dire varie cose, per esempio “Lo stato s’impegna a far rispettare le promesse fatte nel nome dei morti”, oppure “La legge dispone che siano punite le dichiarazioni false fatte chiamando a testimoni i morti”.
di Faust’O

E’ la perversione, la tua ultima occasione
la corretta soluzione di una vita vissuta a metà.
Succhia con prudenza le mammelle della scienza
questa cosmica demenza, sostituto di mamma e papà!

di Gianluca Veltri
La prima volta che metti sul piatto Don Juan’s reckless daughter di Joni Mitchell rimani esterrefatto, impaurito per esserti spinto troppo in là. Da dove arrivano quei suoni?
Cosa conteneva quel disco inciso nel 1977 di così meraviglioso e sconcertante? Quali segreti misterici cercava di comunicare? Era nervoso e poetico, l’uno e l’altro all’ennesima potenza. La chitarra di Joni era ancora più stupefacente del solito, all’apice di un’ingegnosa ricercatezza, traboccava di intervalli armonici sferzanti, pieni di sospensione, di continui intervalli di seconda, i più irrisolti. Le voci stracciavano l’aria in mille frammenti. L’effetto era di grande inquietudine e di spaventosa profondità, come un ottovolante che si addentra nelle viscere della terra.
E poi c’era Jaco. Jaco Pastorius.
di Elio Matassi
In una lunga ed argomentata lettera, datata 28 aprile 1952, Adorno scrive a Thomas Mann per tentare di sollevarlo dalle difficoltà del “Krull”. Tali difficoltà – Adorno prova a capovolgere l’argomentazione – in fondo sono il contrassegno di una concezione “feconda”, dal momento che un’opera d’arte penetra davvero a fondo nel proprio materiale solo nel momento in cui si fa carico delle sue “contraddizioni”.
Nella mano destra ho l’uovo di pasqua
nella sinistra la bomba a mano
C’è un melograno nella mia tasca
Non voglio un uomo ancora
voglio un uomo al giorno
Non voglio un uomo nuovo
Non voglio medici di torno
voglio un giorno nuovo
Nella mia stanza ho un uovo e un uomo
in mezzo al cuore, nell’uovo, un uomo
Nella mia pancia c’è l’uovo solo.
di Christian Raimo
Come mi fa notare il mio amico Marco, il Ponte delle Valli, qui a Roma – nel quartiere dove siamo nati tutti e due, dove siamo cresciuti e abbiamo imparato, bene o male, ad annoiarci: del resto crescere cos’è? – divide in due le confraternite della memoria. Da un estremo, dalla parte di Via Conca d’Oro e Piazza Sempione, c’è una grande scritta: VALERIO VIVE, rossa, fatta a mano, con le lettere grandi stampatello. La casa sua, di questo Valerio, era il palazzo sopra la scritta; ora ci dovrebbe vivere la madre.
Dall’altro lato del ponte, sul marciapiede sinistro, all’inizio di Viale Libia, appena dopo Piazza Gondar, si staglia invece il murale in rosso contornato di nero (i colori dell’anarchismo di destra) che dice PAOLO VIVE.
di Flavia Ganzenua
Ci sono tanti tipi di marchi. Io ne ho uno indelebile, un cordone, lungo tutto il torace. Da sotto la gola, poco sopra lo sterno, al pube. E’ un’arma che ho imparato a usare bene. E’ una sorpresa, una caramella che mi gusto piano, che lascio sciogliere sulla lingua, riempiendomi la bocca del suo liquido amaro. E’ un filtro, il vetro che mi separa dalle cose. Sono al sicuro. Ero al sicuro.
La maglietta si arricciava sui fianchi, lasciava scoperta la cicatrice rigonfia di tintura di iodio e di sabbia. Salii le scale di corsa. Contai i gradini con la stessa cura con cui una volta strappavo via la coda alle lucertole. La sottoveste si attorcigliava a ogni passo. Si infilava tra le gambe scottate dal sole, il costume bagnato. Spinsi la porta con due mani e mi lasciai cadere sul letto, la faccia tra i cuscini.
di Emilia Zazza
I Soprano nei giornali che ho sfogliato ieri qui a New York erano un po’ dappertutto. Due articoli nel New York Times, rieccoli nella free press di Brooklyn, e a pioggia negli altri quotidiani. Nel giornale di quartiere sono assurti a simbolo del focolare domestico. “Non so da quanto non ci riunivamo più per il consueto pranzo domenicale di famiglia” – racconta l’autrice del pezzo. E dopo anni, eccoli lì: i piccoli a letto, i bambini più grandi a guardare Cenerentola in DVD e gli adulti di fronte a I Soprano, a discutere del rapporto tra Tony, il capofamiglia e capobanda, e la Dottoressa in Psichiatria Jennifer Melfi. Il secondo pezzo era nella cronaca locale del New York Times. Si è aperto un mercatino di memorabilia del set della mitica serie tv, oramai chiusa.
di Cristina Annino
L’APPUNTAMENTO
Non avrò futuro che essere
pesante: le premerò le costole
con l’aggeggio ferroso, da
tagliare le gambe a chiunque.
Mai saputo quanto
debba durare l’amore o un
incidente di strada: stessi
dati di ferro sonoro. Allora, come si
scappa da questi due sensi?
Non so
usare l’amore, madama, non lo
vedo, non lo spezzo in due, non lo stacco
dal muro, non ci ragiono. Non reggo il
peso soprattutto di questo volume.