Due antenati Braccia arrossate che ammassano il letame, ma sono lasciate a pascolo per gli insetti. Braccia ricchissime, che mescolano malta e latte, che castrano il gallo che inalano il catrame, braccia con la rivoltella e il chiodo che dilania il cranio del maiale. Braccia che hanno perso un dito nella fresatrice, intirizzite, ricchissime, all'alba bevono caffè e uovo.
Lavoro
Io sono con Chavez (grazie a Panorama)
In un articolo apparso su panorama.it, intitolato Chavez chiude la più importante televisione privata del Paese, Paolo Papi scrive tra le altre cose:
“La frequenza del Canale 2 sarà ora occupata ora da Tves (Televisora Venezolana Social), la neonata televisione pubblica del Venezuela. Secondo Caracas sarà una tv “pubblica, pluralista, educativa, partecipativa”. Per capire che cosa effettivamente significhi, basta cliccare su Television Sur (Telesur), la tv satellitare latinoamericana di ispirazione bolivarista (cui hanno già aderito Bolivia, Ecuador e Argentina) che alcuni commentatori hanno già definito la Al Jazeera sudamericana per i suoi toni molto critici nei confronti dell’amministrazione Bush. Oggi il sito di Telesur si apre con l’immagine della neo-direttora di Tves Lil Rodríguez. E un attacco che così recita: “I venezuelani hanno celebrato oggi la nascita della nuova Televisora Venezolana Social, la prima tv pubblica del Paese”
Una gran bella notizia, no?
Ecco perchè, grazie a Panorama sono con Chavez. A proposito, Hugo, a quando un viaggio da noi in Italia?
Effeffe
BIG non deve morire!

[Seguo con trepidazione quello che sta NON accadendo a BIG (la Biblioteca In Giardino). Qui di seguito una nota scritta da Leonardo Pelo e i ragazzi di No Reply, tratta dal loro sito. G.B.]
Sappiamo che “La Biblioteca in Giardino” (manifestazione culturale che si è svolta per 8 anni tra giugno e luglio nei giardini delle biblioteche rionali di Milano) non è uno dei problemi principali d’Italia. Anzi, in una ottica relativa, non è nemmeno un problema. Però, forse, è un buon paradigma di quello che sta succedendo a Milano.
Abbiamo inoltrato -come da prassi- la nostra proposta all’Assessorato alla Cultura nel dicembre 2006, continuando a fornire specifiche e approfondimenti, come richiestoci dagli uffici comunali, fino all’aprile 2007.
Bacheca di giugno 2007
Usa pure questo spazio per segnalazioni e proposte.
Itinerari Indiani / Cantar maggio a Pracchia


di Marco Rovelli
Pracchia è un grosso borgo delle montagne pistoiesi. Ai tempi del Granducato era sede di una dogana che segnava il confine con lo Stato Pontificio. Perciò, su quelle montagne pistoiesi, i preti non sono visti di buon occhio. Mio bisnonno è stato scomunicato dall’altare, mi diceva lo scorso anno un ragazzo, Perché era socialista e s’era fatto cremare, hanno scomunicato lui e tutta la sua famiglia. Domani a Pracchia si canta il maggio (domani è il 2 giugno, e si canta il maggio passato, e quello che verrà, ma ogni giorno è buono per un maggio, è lo spirito sempre verde che fa la differenza…).
Dal carcere di Bacau (3)
Pare che sia sempre lo stesso viaggio che mi tocca fare: quando, appena raggiunti i diciott’anni, scappai da mia padre che dopo la morte di Ceauşescu mi aveva mandato a chiedere soldi e rubare in case e macchine a Praga, a Brno, persino in Slovacchia e Jugoslavia. Quando braccato da voi sbirri italiani ero stato così stupido da andare fino a Plopana per vedere mia madre davanti a quella cosa che prima non c’era, il televisore a colori, sola e troppo sbronza per alzarsi, riconoscermi e venirmi ad abbracciare, quando cercai le tombe di mio padre e mia sorella Mariana, quando lì davanti non vidi altro che la bambina tunisina che implorava Madre di Dio, Madre di Dio, fammi la grazia, non lasciarmi tornare a casa a mani vuote.
E l’ultima che vi ho già detto.
Il romanzo dello scrittore più grande al mondo
di Franz Krauspenhaar
Il Maestrale è una casa editrice sarda specializzata in libri di alta qualità. Alessandro De Roma, l’esordiente trentasettenne di questo Vita e morte di Ludovico Lauter, (Nuoro 2007, pp.340, euro 14,00; www.edizionimaestrale.com), parte dagli stessi nastri di partenza di Salvatore Niffoi, e potrebbe fare lo stesso percorso, perché la stoffa c’è. Dunque si parlava di Sardegna. Possiamo parlare di regione nel senso comune del termine, nel caso dell’isola per eccellenza? Essa è terra di silenzi pieni di significato, di una durezza che è in realtà spietata coerenza; poco o nulla italiani, i sardi, ma pienamente radicati dentro loro stessi.
Dal carcere di Bacau (2)
Io non volevo ammazzare la bambina! Io non volevo! Io non volevo scoparmi la bambina e non volevo farmi inculare né dalla vecchia checca di infermiere né da nessuno, io non volevo essere un frocio pervertito, io non volevo! Volevo sposare la mia fidanzata, volevo trovare una casa, volevo i soldi, io non volevo essere uno zingaro fetente che resterà sempre con le pezze al culo, volevo essere ricco e bello e rispettato, volevo i vostri soldi, volevo essere come voi!
E se non avessi avuto questa qui, se non avessi la mano destra rovinata, ci sarei riuscito, giuro! Ve lo giuro sulla tomba di mio padre.
Avevo sette anni quando mio padre ordinò a mio fratello che doveva portarci a fino a Budapest, me e il mio fratellino che ne aveva cinque, perché mio fratello, il più grande, gli aveva detto che ci sarebbe stato una cosa enorme, un grandissimo concerto di una band famosa in tutto il mondo che per la prima volta veniva a suonare in un paese dell’Est, e allora sarebbero arrivati a sentirli da ogni parte, persino dall’Unione Sovietica e dalla DDR, e sarebbero arrivati tutti i ragazzi più ricchi dei nostri paesi, i figli dei quadri e dei generali, forse persino i figli del nostro Conducator.
No direction home
di Linnio Accorroni
Qualche numero a tentare di contornare e delimitare ciò che deborda e sfugge da tutte le parti, ciò che fa dell’Eccezione la Norma, della Delusione la Consuetudine: 500 canzoni, 1400 concerti, quasi tutti (pubblicamente o clandestinamente) registrati, centinaia di libri sulla vita e/o sull’opera, più di: 50 album ufficiali e oltre 500 bootleg, 23 versioni differenti del testo di una stessa canzone (Tangled up in blue, per la cronaca), centinaia di versioni live delle stesse canzoni (e nessuna quasi mai perfettamente uguale all’altra) centinaia di siti internet a lui dedicati (ce n’è uno molto bello e curato anche in italiano: www.maggiefarms.it).
Ricevo e volentieri Pubblico: Mauro Baldrati
Rapporto da Alpha Centauri
di
Mauro Baldrati
Non è facile il mestiere dello storico interstellare. Esistono miliardi di documenti da analizzare, da confrontare, e persino i computers quantici talvolta sembrano in difficoltà, quando alcuni milioni di documenti sembrano contraddirne altri milioni che contengono verità ormai acquisite.
Però è anche un mestiere che regala soddisfazioni. Quando ritroviamo un nuovo documento che ci descrive un certo periodo storico per esempio: alcuni sono così precisi, così nitidi che sembra di viaggiare nel tempo, e possiamo rivivere quelle esperienze, scoprire quel mondo, quella civiltà ormai scomparsa per sempre.
Un romanzo africano
di Andrea Raos
[Va bene, mi sono stufato. Sono stanco della poesia, del non avere lettori, del non vedere mai il becco di un quattrino. Come molti miei colleghi, ho dunque deciso di lanciarmi in un’attività davvero remunerativa: il romanzo. Più esattamente il romanzo performativo, sull’esempio del racconto erotico inserito da Emmanuel Carrère nel suo recente Un roman russe. Scrivere parole di sicuro, concretissimo ed immediato effetto. Buona lettura e, soprattutto, buona azione a tutti. a.r.]
Caro Lettore di Nazione Indiana,
Sappia che nel contattarLa la mia ambizione è di costruire più che una semplice relazione con Lei, è di creare un legame che ci riunisca in un contatto che abolisca le distanze e faccia sgorgare l’amicizia come la luce che emette l’Astro alla fine della notte. Tuttavia, mi permetta di informarLa del mio desiderio di entrare anche in un rapporto d’affari, un rapporto fruttuoso per le nostre due parti: la parte che io rappresento e quella, distinta, che incarna Lei. Sappia che ho pregato ancora e ancora il Signore e che, dopo di ciò, ho scelto il Suo nome tra mille altri nomi, tra tutti i nomi della galassia dei nomi – e Dio sa che sono innumerevoli poiché Egli è all’origine di ciascuno di essi, dal primo all’ultimo. Rasserenato, ho scelto il Suo nome con la sicurezza che dà la fiducia nella buona fortuna. Penso ora e sono sicuro che Lei è degno della raccomandazione della mia preghiera, che Lei è dunque una persona d’onore, con cui posso fare affari, perché il mio messaggio è quello di un interesse ben compreso per le nostre due parti, le due entità che, esseri distinti l’uno dall’altro, noi rappresentiamo. Così, non ho alcuna esitazione ad affidarmi a Lei per questo affare semplice e sincero che varrà tanto per la risorsa che ci offrirà che per l’amicizia che ci prodigherà, insieme e di concerto.
Io mi chiamo con il mio cognome ed il mio nome, che porto dalla nascita in modo identico e senza discontinuità.
Quaderno di fabbrica
di Nadia Agustoni
Comincio a salvare alcuni frammenti, schegge di una memoria lenta, ma insolitamente leggera. La sua non densità la trovo in questo darsi a pezzetti e rimangiarsi subito quello con cui mi investe, con cui mi rompe i pensieri uno alla volta per farli tornare indietro, più o meno come un nastro di pellicola riavvolto. Ascolto una canzone dei 70, il foglio è bianco, c’è un pausa che è paura, spavento e non so se il tempo cambi marcia di colpo o se non sento che qualcosa scappa via dalle parole, non si lascia dire.
Dal carcere di Bacau
Posso dirvi tutto quel che voglio. Potete credere di me quel che volete. Io sono per voi il peggio di ciò che esiste, voi lo siete per me. Siete solo degli sbirri, degli stronzi e io posso dirvi ciò che voglio. Tanto non potete farmi niente, tanto non mi avrete mai. Questa è la legge, questi sono gli accordi, lo sapete. Inutile che state qui un’altra volta, che perdete altre giornate in macchina e in aeroporto per atterrare in una città di cui non avevate mai sentito il nome, per respirare la puzza di piscia, cavolo e veleno per i topi di questo carcere ex-socialista che a voi fa schifo come vi fa schifo tutto il mio paese, perché intanto io sto qui, a me fa schifo tutto e non mi fa schifo niente, e posso persino dirvi che qui almeno stiamo abbastanza larghi e stiamo fra di noi, mentre se fossi capitato anche nel più moderno dei vostri penitenziari, sarei finito in una bolgia di albanesi e marocchini e negri e mafiosi vostri, e allora è meglio così, molto meglio che non ci sia andato a finire.
Il centro del mondo
di Sergio Garufi
I Due Ambasciatori di Hans Holbein il giovane è una delle opere d’arte più note e ammirate esposte alla National Gallery di Londra. Fu eseguita dal pittore tedesco nella primavera del 1533 e ritrae due personalità fra le più influenti dell’epoca nel campo politico ed ecclesiastico: Jean de Dinteville, l’ambasciatore francese a Londra, e Georges de Selve, vescovo di Lavaur e diplomatico presso la corte inglese. Il quadro, sommo capolavoro della ritrattistica rinascimentale, deve buona parte della sua fama all’inconsueta e ardita anamorfosi, il teschio inserito alla base del dipinto con una prospettiva diversa dal resto della composizione, tanto da risultare quasi irriconoscibile per la distorsione. Si tratta di un evidente simbolo di vanitas, un memento mori rivolto agli effigiati, ossia un ammonimento a informare la propria vita ai più autentici e profondi valori spirituali mediante un’assidua meditazione sul tema della morte e della fugacità delle ricchezze terrene.
Hans Wollschläger (1935-2007)
di Domenico Pinto
«Io non sono costretto a scrivere. Al contrario, quando devo scrivere qualcosa, mi dico: come mai non ho potuto impedirlo?». Queste parole siano ingaggiate come epitome dell’opera di Hans Wollschläger, il cui gesto estetico, estremo nella sua sicurezza, strapotente in tutte le sue declinazioni, in Germania – con una tale simultaneità di impieghi – non si era forse mai visto. Wollschläger scrittore, filologo e editore, musicologo, storico, traduttore: non vi è campo dove egli non abbia lasciato un’orma persistente.
El boligrafo boliviano 5

di Silvio Mignano
Io non ho mai amato il carnevale, mi ritrovo a pensare mentre attraversiamo l’altopiano. Di tutte le feste è sempre stata quella che ho sentito di meno e che ho vissuto semmai con malcelato fastidio, come se qualcuno volesse impormi un’allegria forzata, o forse perché cercavo il mio travestimento altrove, dietro la maschera della pagina scritta. Per un imprevisto contrappasso, allora, mi è toccato lavorare l’una dopo l’altra a Basilea e in Bolivia, due terre così lontane e diverse, unite tuttavia dalla passione per i rispettivi carnevali.
La sostanza magica di Claudia Ruggeri. Su “Inferno minore”. Con un’intervista a Mario Desiati.
di Fabio Pedone
Per la prima volta possiamo leggere in volume i versi di Claudia Ruggeri, poetessa pugliese su cui si è fondato un piccolo mito che dalle riviste locali rimbalza oggi tra blog e siti internet dedicati alla poesia. Mito, una volta tanto, giustificato più dal valore dell’opera che da singolari vicissitudini biografiche dell’autore. A dieci anni dalla sua tragica scomparsa, il conterraneo Mario Desiati (poeta e narratore, caporedattore di “Nuovi Argomenti”) ha pubblicato i risultati della prima esplorazione degli autografi in un volumetto edito da peQuod di Ancona, Inferno minore. A cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta la giovanissima Claudia Ruggeri era considerata una delle promesse della poesia italiana: la partecipazione ai reading di Salentopoesia e a riviste come “L’Incantiere” aveva attirato l’attenzione di molti sulla sua parola onirica e immaginosa. Tra i poeti importanti aveva stretto una salda amicizia con Dario Bellezza ed era in contatto con Franco Fortini, che con il ben noto rigore la invitò a “fare piazza pulita” dei suoi tanti modelli e a sottrarsi alle lusinghe di quella che lui definiva una poesia “ingioiellata”, invasa da una sorta di “impunità della parola”. Eppure non si vede come Claudia avrebbe potuto piegare il proprio temperamento al saggio consiglio senza rinunciare all’esigenza più profonda in cui si radicava la sua scrittura.
A gamba tesa/Louis Ferdinand Céline

disegno di Albert Dubout per PANTAGRUEL, GARGANTUA
Erano giorni, mesi, anni, e qualche settimana fa ne avevo parlato su, http://www.georgiamada.splinder.com/, che volevo ritrovare un testo di Céline. Letto anni prima sul Magazine Litteraire e che da solo sarebbe bastato a dare un calcio in culo alle finte polemiche critico letterarie che riempiono il vuoto delle terze pagine dei nostri quotidiani, con altro vuoto. Del resto a colpi di vuoti la politica nostrana pretende di essere vestita di tutto punto, quando invece il re è nudo, e come se non bastasse non da affatto un bello spettacolo di sè. -Tutti a vuotare!- si dirà, dimenticando ogni centimetro di lotta, di sangue versato che sono stati necessari per esercitare un altro tipo di diritto, quello alla vita politica. E alla fine l’ho trovato, l’articolo, cercando tutt’altro – per i libri si sa è come in amore, conta l’odore e quello non lo programmi- alla librairie Voyelles di Torino. Si intitola Le style contre les idées(Editions Complexe,1987). Per Nazione Indiana farò una traduzione proponendone subito una versione che editerò da me – perchè esiste anche l’autoediting e non è meno severo- nelle ore a seguire. Post post.
ps
Quella che segue è una versione leggermente editata, da me, grazie anche alla gentilezza e alla grazia di una commentatrice, tale Emma, che pur apprezzando la gratuità del gesto, del tradurre, segnalava alcune inesattezze particolarmente imbarazzanti ai fini della comprensione del testo e del pensiero celiniano. Invito allora la redazione di Libero, che a mia insaputa l’ha pubblicato qualche giorno fa , a prendere i provvedimenti del caso. Ringrazio, invece il commentatore Carlo che ha messo su la versione originale – avevo lavorato sulla versione cartacea – permettendo ai francofoni di accedere senza alcuna mediazione al testo di Céline. Vive Rabelais!
Rabelais ha fallito
di
Louis Ferdinand Celine
traduzione di Francesco Forlani
Il letto di Procuste e la Cura Ludovico #6 (e fine)
di Giorgio Vasta
Con quella a Maurizio Donati, editor della saggistica per la casa editrice Chiarelettere, concludo il ciclo di interviste sull’editing e il sistema editoriale. Per chi fosse interessato alle interviste precedenti, qui la premessa, segue il punto di vista di Paola Gallo, di Giulio Mozzi, di Nicola Lagioia, di Michele Rossi.
Ringrazio tutti gli editor per le loro risposte e tutti coloro che hanno voluto commentare. gv.
Proviamo a partire da una definizione secca: che cosa si intende per editing?
S’intende per editing il lavoro di lettura e revisione di un testo prima che questo arrivi in libreria. Anzitutto credo vada subito fatta una precisazione, ossia va detto che l’editor non si occupa solo di editare un testo. Il suo ruolo e le sue funzioni sono diverse – e solitamente cambiano da casa editrice a casa editrice e da linea editoriale a linea editoriale. L’editor nello specifico segue il libro in tutto il suo sviluppo, e non solo nella sua maturazione letteraria: dalla valutazione iniziale alla grafica di copertina alla comunicazione con chi poi dovrà occuparsi di promuovere il libro, sia dal punto di vista commerciale che per ciò che concerne la copertura stampa, con recensioni anticipazioni e altro.
Lei, non me
di Peppe Fiore
Dicembre 2005, l’inerte appendice terminale dell’anno della mia laurea, Roma d’inverno tutta un unico spasmo in attesa di Natale, sono le nove meno un quarto di mattina e io sveglio dalle cinque mezza sto correndo per il corridoio di linoleum coll’affanno che mi strozza. Come un pazzo, come il vitello in rovina verso la sua estrema sparachiodi. Ho sbagliato i tempi, si rischia di bucare il pezzo, Tra sette minuti siamo in onda mi ha ringhiato l’assistente di studio col suo fiato di sigaretta, scavalco male l’angolo oltre la regia, Tra sette minuti siamo in onda cazzo voglio l’ospite in studio microfonata subito adesso mi ha ringhiato, la scissura netta di un neon contro il soffitto, l’affanno che mi strozza, la scaletta ciancicata in mano, il copione con le domande, ho sbagliato i tempi e perso la mia ospite,
Festa della rivista Il Primo Amore
Per festeggiare l’uscita del primo numero, la rivista “Il primo amore” invita tutti a Milano, domenica 3 giugno 2007, alle ore 21, presso il Teatro Franco Parenti (via Cadolini 19 angolo via Tertulliano), per un brindisi, una breve presentazione, e un concerto dei Duramadre, gruppo etno-punk-psichedelico. Ingresso libero.



