
Ci sono due definizioni che non amo. Una è “corsi di scrittura creativa” – e qualcuno dovrà pure spiegarmi cosa sarà mai una scrittura non creativa. L’altra è “peso”. Stamattina in una libreria di Mezzocannone, ho assistito a un fenomeno strano. Due libri risposti sul bancone, l’uno di 149 (ringraziamenti compresi con l’Iva) e l’altro di 47 hanno attirato la mia attenzione. Li ho presi e a quel punto è successo il caso. Quello di 47 pagine pesava molto di più di quello di 149. Davanti a me c’era un maresciallo dell’esercito e gli ho chiesto se la cosa dipendesse da me o si trattava di qualcosa di oggettivo. Lui ha fatto lo stesso ed effettivamente, sorpreso, ha constatato la medesima anomalia. Ci siamo allora chiesti come fosse possibile. Lui è andato via e io sono rimasto. Ho aperto i due volumi è ho trovato la soluzione- nei libri le risposte sono dentro, non fuori.
A Gamba Tesa: un libro a peso
Leggendo Fofi
una lettura di Goffredo Fofi, Da pochi a pochi, Eleuthera, pp. 151, fatta da Antonio Donghi
L’interesse di questi appunti di sopravvivenza, come Fofi sottotitola il suo libro, si distribuisce su più livelli, visto che si parla dell’attuale e del passato, del del globale e del locale, della comunicazione e dell’arte. La sopravvivenza è quella di chi, in mezzo a tutta questa attualità che ci spalanca lo sguardo sull’orrido di un futuro inumano, a tutto questo globale che ci toglie i riferimenti di cui ognuno ha bisogno per vivere localmente (l’unica vita reale possibile, al di là dei modelli spinti dalla pubblicistica televisiva), vuole farlo – sopravvivere e magari vivere – usando la propria intelligenza. Quindi lo scopo pragmatico che Fofi propone ai suoi lettori è vivere per capire, in modo tale che la comprensione ci fornisca i criteri per orientare il nostro comportamento.
Letteratura neopatetica. Come un manifesto
di Alessandro Garigliano
Quante narrazioni sfidano il lettore a mettersi in crisi? È quello che fa Antonio Moresco ne Gli esordi, costruendo il romanzo con l’obiettivo fermo di esordire in nuova immagine di pensiero. Visitando Gli esordi si procede a tentoni attraverso la lucentezza di una realtà che l’autore racconta seguendo lo svolgersi ingenuo del punto di vista emotivo. Il lettore mette le mani avanti in cerca di appiglio dove, invece, avvengono smottamenti di elementi troppo spesso creduti inconsistenti: l’aria, la luce, i suoni. Elementi che plasmano le forme come la sabbia di quei souvenir arabi riversata nelle ampolle a creare montagne e cammelli; qui aria, luce e suoni erigono strutture: un caos di forme.
Veltroni, la scoperta dell’alba
di Christian Raimo
Sciascia per esempio, Arbasino, o Sanguineti, Volponi, Natalia Ginzburg: gli scrittori italiani più importanti che negli anni ’60, ’70 decidevano di impegnarsi direttamente, professionalmente, in politica. Nel 1980, una data emblematica, qualcosa è cambiato. Per fare un esempio, Calvino capisce che la figura di “intellettuale impegnato” che fin allora ha inseguito come modello, ha segnato il passo, raccoglie i suoi saggi composti dal ’55 e pubblica proprio in quell’anno Una pietra sopra, il sigillo a una lunga esperienza, conclusa.
Nicolas Bouvier e l’uso del mondo
di Linnio Accorroni
“Anche con la lanterna magica, non bisogna farsi illusioni: la maggior parte dei legami solidi non si creano su un piano intellettuale, e di rado si esprimono nei libri: ma molto di più nei tatuaggi che si vedono in spiaggia o all’obitorio; nelle mani che stringono una spalla su un marciapiede della stazione e che manterranno- forse troppo a lungo- quel calore e quell’elasticità nelle dita; nelle cartoline mandate dai militari con indirizzi così mal scritti che arrivano per sbaglioa delle vecchie pazze cui nessuno aveva mai detto cose così tenere; nel silenzio di due volti che sprofondano nelle pieghe del cuscino come se volessero scomparire; in quel desiderio, così raramente appagato, che hanno i moribondi di venire finalmente a capo di qualcosa, e di poterlo dire; nella finestra che poi viene aperta; nella testa di un bambino che scoppia in lacrime, perduto nel rumore di una lingua straniera. Coraggio, siamo molto più uniti di quanto non crediamo, ma ci dimentichiamo di ricordarcene”
Nicolas Bouvier ‘Il suono di una mano sola Cronache giapponesi’
“ Se non si lascia al viaggio il diritto di distruggerci un po’, conviene restare a casa propria”
”Nicolas Bouvier, La strada di Halla-San’
AUTODAEFFE’
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In questo momento sono a Napoli. Più precisamente da Raimondo Di Maio, amico editore di Sud. A Napoli si dice : “è ‘o nomme tuoie.” Per dire, è il tuo onomastico. Chiamare le cose con il loro nome. E le persone. A FM, Franz e a me dedico questa canzone, bellissima di Camille, ex voce dei Nouvelle Vague e ormai avviata verso una brillante carriera solista.
Janine III
dall’album Le Fil (virgin)
http://www.last.fm/music/Camille/Le+fil?autostart
Pourquoi tu m’appelles Saint Paul
alors que j’m’appelle Saint Pierre ?
Pourquoi tu m’appelles ovule
alors que j’m’appelle ovaire ?
Possibilità di testimonianza
di Andrea Inglese
Un po’ di anni fa, con gli amici di “Qui”, mi posi delle domande intorno alla “possibilità” della testimonianza. (Non avevo ancora letto il libro importante di Annette Wieviorka “L’era del testimone”, uscito in Italia nel 1999.) L’intervento recente di Lorenzo Galbiati che si interroga sul “dovere della memoria”, mi ha dato voglia di riproporre quella riflessione.
I giornalisti hanno folte code di paglia. Alla presentazione pubblica del film di Marco Bechis, Garage Olimpo, era invitato a parlare anche un giornalista. Lui pure caudato, si agitava affannosamente a difesa del buon nome della categoria (“senza di noi il mondo sarebbe muto e sordo”).
Il museo del liuto di Arpino
di Christian Raimo
Zirjab dovette fuggire dalla Spagna per le gelosie del suo maestro El Mosuli, vi ritornò nel 821 stabilendosi definitivamente a Cordoba, protettovi fortemente da Abderrhman II. Fu precisamente in questa città, circa l’anno 825 che Zirjab, meditando sul liuto, vi notava insufficiente espressione, quasi mancanza di vita, e vi aggiunse la quinta corda. La pose al centro tingendola di rosso. Fu probabilmente lo stesso Zirjab a dare alle corde del suo liuto altri colori coi significati degli umori del corpo umano.
La prima corda è gialla, la bile.
Ogni volta che dici la parola fine, mi si sfila una vertebra.
Ho una spina dorsale lasca,
come le funi che usano i maghi dilettanti.
Mi basta una piccola scossa per togliermi il nerbo.
Etica della polvere
di Peter Gizzi
straduzione di Andrea Raos
pensare che ho già scritto questa poesia
pensare di dire il motivo per cui sono qui
suono di uccelli da cortile, lampadina che tintinna
pensare che il mondo è durato così a lungo
ciò che speravamo di dire:
ailanto, rosa canina, pinolo
saturnali, luce di luna, ricorda
sono dall’altra parte adesso
ho guadato il fiume, sono
attraverso grandi difficoltà
venuto a te da un abbaino
la testa piena di buio
la mia voce in ciò che dici
in questo momento tu dici
vento attraverso la pietra, i denti
le lenzuola che cadono, oche selvagge in volo
ogni cosa è poesia qui
un vasto vuoto di fronte agli occhi
più luccicante del sole sui mattoni.
Arancio, ottobre.
I bambini con noi attraversano.
Bacheca e comunicazioni
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Una spiegazione più approfondita la trovi nella pagina problemi e soluzioni.
“105” umani a dismisura
di Mia Hoffmann
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Viaggia ragliando sfrenato come un porco allo sgozzo quest’autobus pregno di vite da due soldi. E’ una latta millegusti, mille odori incestuosi, colori accecanti, forme cocenti.
In bilico su un articolo. Storie dal Sant’Andrea
di Piero Sorrentino
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È come l’ultima volta. Anzi no, è quasi come l’ultima volta. Piccole differenze, roba da poco. Dettagli. Oggi per esempio, rispetto al lungo presidio di inizio anno – quando avevano levato le tende solo alle cinque del mattino, alla fine di una notte orgogliosa che non si decideva a svanire in luce – oggi non gira la fiaschetta con la stranissima grappa ai semi di girasole, ma bottiglie d’acqua liscia e lattine sformate di coca sfiatata. E di quella notte non c’è neppure la porchetta sdraiata tra due mattonelle di pane caldo, sostituita da rettangoli di pizza rossa con la mozzarella che fila al centro e che lascia riccioli di pasta cotta ai lati delle labbra e aloni d’olio sulla carta del sacchetto.
Sonno profondo
di Silvia Brusotti
Di là, il sibilare della caffettiera sul fuoco. Il beccuccio manda segnali vibranti di vapore. Percorro il corridoio di corsa pregustandomi quel liquido amaro che accende i pensieri.
Entro in cucina, afferro la caffettiera, la sollevo dalla fiamma per paura che bruci. Apro il coperchio e rimango attonita: non c’è traccia alcuna di caffè. Eppure, ne avevo udito l’inconfondibile fischio. Ne sono sicura ma, ora, non sento più alcun rumore. Poso di nuovo sul fuoco la macchina del caffè, alzo la fiamma, ne aumento l’intensità.
Antisemitismo e razzismo negli adolescenti: l’esperienza di un docente milanese
Sei anni fa insegnavo in un liceo classico privato di Milano. Utenza: figli della Milano bene.
Durante il periodo in cui ricorreva la Giornata della memoria, i miei alunni di quarta liceo andarono a vedere “Gli ultimi giorni”, il documentario prodotto da Spielberg che raccoglieva testimonianze di alcuni ebrei sopravvissuti alla Shoah.
Al ritorno dalla proiezione, chiesi loro che effetto gli avesse fatto. Alcune ragazze dissero che ”faceva impressione” sentire quelle testimonianze. Ma non si andò oltre nell’analisi. Pensai: “sarà che io sono il loro insegnante di scienze, chissà”.
Lettres de Naples/ Sergio Piro

da POROS,Idee su Napoli e variazioni sul tema del Mediterraneo,Marco Valerio Editore, 2002.
IL SOTTOFONDO DI LUCE E IL VORTICE OSCURO
di
Sergio Piro
Per questa relazione, che spero riesca breve, ho tratto il primo materiale di ispirazione dal libro di Nora Puntillo,Grotte e caverne di Napoli,edizioni Newton Compton, oltre che dalla nostra frequentazione ed amicizia.
Dunque, nel suo libro Nora Puntillo parla del sottosuolo biologico di Napoli e io dovrei parlare del sottosuolo antropologico, cioè psicologico-collettivo, linguistico, doxico e ideologico, demologico, insomma culturale, di Napoli. E delineare questo quadro: Napoli come luogo oscuro e infernale sospeso fra luce e oscurità. Si tratta fin troppo palesemente di una metafora ma anche di una metafora storicamente limitata, una metafora di derivazione in parte psicoanalitica e in parte psico-sociologica.
John Simon Beverley Ritchie
da “Il sangue dei vincitori”
di Marco Mantello
1. Sandro Pertini
Il giorno che ho compiuto sessant’anni
mi sentivo il fratello minore
degli scheletri fatti di ferro
che li inchiodi sul muro di casa
come fosse una prova d’amore
per il gruppo satanista del Tufello.
Nero su Bianco
di Antonio Sparzani
Confesso che mi sarebbe piaciuto sedere tra i mardistes, personaggi più o meno celebri, abituali o di passaggio – tra cui Claudel e Valéry, Gide e Huysmann, Verlaine e Oscar Wilde, che frequentavano il martedì sera la casa di Mallarmé in rue de Rome, a Parigi. Mi immagino una grande sala, luce di candelieri, divani, fumo, bicchieri e mi fantastico anche una voce scura, discreta ma tesa, bassa ma penetrante, che vagabonda lenta su terreni impervi, mandando ogni tanto bagliori inaspettati. L’atmosfera è ancora simbolista e non ancora decadente, Mallarmé ha molto da dire in quel suo modo oscuro, con pause, incisi sorprendenti, riprese continue, una sintassi rocambolesca.
A chi scrive, per professione o per hobby, o per piacere, vorrei sottoporre questo passo delle Divagations, che costituiscono una traccia scritta del fenomeno, certo assai più ricco di quanto questa traccia possa raccontarci, di quei martedì sera. Non mi azzardo a tradurre – ma se i nostri francesisti ci si provassero ne sarei ben felice – un simile testo: sono anzi certo di non capire tutto il detto, figuriamoci il non detto. Tuttavia qualcosa mi sembra colpire un punto.
Écrire –
L’encrier, cristal comme une conscience, avec sa goutte, au fond, de ténèbres
Chi l’ha detto?

Caro Sanguineti,
la sua Composizione non mi piace, benché mostri capacità mimetiche quasi prodigiose. Al tema eliotiano di “poesia della stanchezza e dell’indigestione culturale” lei ha sostituito un tono di “indigestione eliotiana”, con che viene a perdersi quel senso di smarrita scoperta e balbettamento digestivo proprio di Eliot. Questa non è poesia, e nemmeno stile: sono giochi di prestigio.
Le scimmie sono uscite dalla rete!
di Gianni Biondillo
Sto facendo pubblicità, lo ammetto. L’altro giorno giravo per una libreria e ho visto la copertina di un libro (quella che vedete qui sopra) intitolato Le scimmie sono inavvertitamente uscite dalla gabbia. E ho sorriso.
Per una critica futura
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E’ on line PER UNA CRITICA FUTURA, Quaderni di critica letteraria
a cura di Andrea Inglese.
www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/critica.htm
Numero 1
Andrea Inglese, Editoriale
Interventi:
Alessandro Broggi, Questionario
Gherardo Bortolotti, Su Neuropa di Gianluca Gigliozzi
Biagio Cepollaro, Note per una Critica futura
Marco Giovenale, Del sottrarre
Strata
di Joe Ross
traduzione di Andrea Raos
La sparizione
Così perfetto, un atto.
Risplendente palmo accenno di –
Scomparsi alla vista, gli scarsi
a cui di rado pensavamo per paura
o sua mancanza. Un improvviso non parlare
dove solo ieri induceva alla permanenza
o respingeva da essa. Le ruote non possono
girare all’indietro, come a cadere, prendere tempo, attaccare.
Quale se ci mantenne in flagranza?
I miei denti radicati nell’anima del volere.
Come un desiderio di irridere supposizioni
intente a vantarsi di una pretesa. Non è così.
Non è così?
Le ombre verdi albeggiano attorno.
Precedente alla notte è il suo richiamo.
