La discesa di Cristina Giudici nell’Islam italiano
sesta puntata de “Il giornalismo italiano e l’Islam”
un’inchiesta di Roberto Santoro
[leggi la prima, la seconda, la terza, la quarta e la quinta puntata]

Tutto è nel punto di vista.
Tutto il visibile è nel punto di vista.
Gilles Deleuze
Negli anni ottanta, Cristina Giudici lavorava per Radio Popolare. Ha vissuto e raccontato il dramma della guerra civile in Nicaragua e continuato a scrivere di attualità e politica estera per “il Giorno”, “Avvenire”, “Anna”. Dal 2002, pubblica lunghi reportage sulla comunità islamica nazionale nelle pagine del Foglio. Sette di queste inchieste sono state raccolte nel volume L’Italia di Allah. Storie di musulmani fra autoesclusione e desiderio di integrazione. Un brillante saggio di idealismo democratico, che nel 2005 ha vinto il premio “Maria Grazia Cutuli” per il giornalismo.
Questo libro non è stato pensato per dare risposte, ma solo per sollevare dubbi attraverso storie personali di donne, uomini e adolescenti. Per raccontare che cosa voglia dire vivere all’interno di una famiglia che spesso combatte contro le libertà occidentali, e che cosa significhi per i giovani avere una doppia educazione, quella impartita nelle scuole pubbliche e quella ricevuta in casa o in moschea.[1]



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