di Moni Ovadia
[esce oggi, di Marco Rovelli, Lager Italiani – BUR, 280 pp. E’ un libro davvero importante, dove narrazione e testimonianza si fondono trasformandosi in una denuncia senza indulgenza alcuna nei confronti dei Centri di Permanenza Temporanea (CPT). Il libro ha una prefazione di Erri De Luca e una postfazione di Moni Ovadia che qui riporto. C’è anche un sito del libro dal quale può continuare la discussione. Più avanti pubblicherò qualche altra cosa di pugno di Rovelli su NI. G.B.]
L’iperbole è una delle forme retoriche preferite del linguaggio sopravvissuto alla morte apparente delle ideologie. La terminologia che definisce le modalità del totalitarismo nazista e dell’universo concentrazionario, pratica estrema e senso ultimo di quel regime, oggi viene mutuata con ridondanza da coloro che vogliono attirare l’attenzione e l’indignazione dell’opinione pubblica verso le forme della violenza, della guerra, del razzismo o della repressione contro popoli, minoranze, ceti sociali marginali.


Mentre la critica letteraria viene data quasi unanimemente per spacciata o agonizzante, e ci si divide tra chi vorrebbe munirsi di vanga e chi farebbe l’ultimo disperato tentativo col defibrillatore, le recensioni invece si moltiplicano e si occupano sempre più spesso di ambiti non strettamente letterari. E’ il caso del nostro Piero Sorrentino, che su Il Giudizio Universale recensisce la legge sull’elezione diretta dei sindaci, e di Camillo Langone, autoproclamotosi critico liturgico, con le sue recensioni delle messe pubblicate su Il Foglio.