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A Gamba Tesa / Quiero No Quiero/Lettera aperta a(d) Aldo Nove

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di
Francesco Forlani

– Mi chiamo Roberta, ho quarant’anni e guadagno 250 euro al mese – scrive lei
– Va bene! rispondo io. E allora?

Cioè non va bene per niente, pero’ mi interrogo. Tralascio la questione letteraria e identifico un fatto. Escono in Italia dei libri sul lavoro precario. Non sono in realtà dei libri sul lavoro, credo di capire, da quanto letto degli articoli reportage pubblicati su Liberazione, ma riflessioni su come sia cambiato oggi rispetto al passato il senso del lavoro. Del resto Aldo Nove, dovendo tracciare un denominatore comune tralascia, e a ragione, il tipo di attività, mettendo l’accento sulla busta paga. in altri termini sia che Roberta svolga una professione che le piaccia, sia che lei offra il proprio corpo a prezzi stracciati, tutto questo non interessa. Anzi vi diro’ di più. Se di euro ne guadagnasse 4000 facendo pompini, per Aldo Nove sarebbe un mito. Per i 4000 euro o per i pompini? Lascio la questione aperta.

Le parole non sono mai come i fiori

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di Christian Raimo

Reagisco proprio a cazzo all’intervento di Zizzi. La sua idea di letteratura propagandata, propagandata esatto non esiste termine migliore, l’istituto luce di se stesso, è la violenza di chi cerca lo scontro da perseguitato, da minore, da non compromesso, da solo contro tutti. E’ un modo di parlare che non dice ma enuncia, come i Megariti secondo Aristotele, non si pone dialetticamente, ma ascrive alle parole una valenza extratemporale, fuori dai mille paradigmi del linguaggio condiviso, si butta in un deserto, per essere vox clamans. Nessuno gliel’ha chiesto.

Un intervento violento

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Tre divagazioni senza apparente luogo né sinossi su scrittura, lettura e geografia letteraria

di Michelangelo Zizzi

zizzi.jpg

Io desidero un’apocalissi più svelta.”
M. Parente

“Là portami Sofia
in quella terra che pare medicea
o forse ancora del pleistocene.
Là senza i profitti dei dizionari.
Senza quelle volture esatte
per dire o non dire
entrare o non entrare. […]”

L’esatta sintassi della grammatica da scuola elementare di maestra della neve di fuori qui in murge come ossari che fa un ordine di filari di tombe in bianco avanzo o coperte di gelido freezer sugli avanzi dell’inverno mi dispone alla dissequenza, frastagliamento dell’immagine. Ma per contrasto delle forme perse, sepolte, giacché quel che si vede è monotono, monocromo.
Dissequenza, ma quanto poi sono lontano dalla congruità?

Un grande finale

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di Franz Krauspenhaar
1965_Par_un_beau_matin_d_ete.jpgSi conosce spesso il valore di una cosa partendo dalla sua fine. E se la fine è lieta, si potrà magari serbare l’illusione, viceversa, che sarà stato lieto anche tutto il resto, il precedente. Non è questione di happy ending o di un finale truce. Sappiamo bene che ce ne sono anche d’intermedi, spazi ad ante spalancate sul cielo di un finale aperto. Spesso sono questi, quelli aperti, i finali più interessanti e anche più realistici, poiché nella vita reale (compresa quella dell’immaginazione) non  esiste in fin dei conti una vera chiusura di nulla, specialmente se, nella speranzosa immaginazione di molti che diventa a volte fortunata fede, al di là c’è per noi un dio in eterno accoglimento. Ma ce ne sono tanti anche di chiusi, di finali, anzi di sprangati; alcuni addirittura memorabili.

L’orgia vitale del Waits italiano

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capossela.bmp di Armando Trivellini

Nessun musicista possiede, quanto Vinicio Capossela, un immaginario e un’estetica così vicini al mondo surreale, frantumato e anarchico del Medicine Show. Il suo universo è da sempre popolato di figure sfrenate e paradossali, ereditate da sfere d’invenzione che attraversano almeno due secoli.  L’inventiva di questo musicista unisce idealmente le fascinazioni dei romanzi di Jules Verne  alle balere della riviera romagnola, passando senza soluzione di continuità dalla sporcizia dei parcheggi notturni all’odore di legno e polvere dei depositi di pianoforti abbandonati, inondati di luce mitteleuropea.

Il catalogo del mondo

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di Sergio Garufi 

 les suisses morts.jpgIn un epico scontro consumatosi diversi anni fa tra due giganti della critica letteraria, Tzvetan Todorov accusò Northrop Frye di essersi limitato, con il suo saggio Anatomia della critica, a proporre una semplice tassonomia, una mera classificazione di generi letterari non logicamente coerenti tra loro. Lo studioso bulgaro aggiungeva, inoltre, che affermare che gli elementi di un insieme possono essere classificati significa formulare su questi elementi l’ipotesi più fragile che esista. Il testo del canadese gli sembrava insomma “un catalogo in cui erano state repertoriate innumerevoli immagini letterarie, ma un catalogo non è la scienza stessa, è solo uno dei suoi strumenti, e chi non fa altro che classificare non può farlo bene: la sua classificazione è arbitraria non potendosi basare su una teoria esplicita – un po’ come quelle classificazioni del mondo vivente, prima di Linneo, in cui si stabiliva la categoria degli animali che si grattano”.

questa è la vita

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di Christian Raimo

questa volta mi sono seduta sul letto, mi hai detto,
eri stanca persino di uscire, vieni a farti un giretto?,
e andare dove?, mi hai chiesto, son rientrata adesso,
sono le nove e devo ancora farmi una doccia e cenare.
ho insistito, esci ti aspetto, ci prendiamo una cosa, parliamo.
ma parlare di cosa, mi hai detto, un’altra serata a parlare di affitto?
con tu che mi dici che il prossimo mese ti fanno un contratto
e ti danno quattrocento euro al mese escluse le spese di pranzo e benzina,
o a lamentarsi in gruppetto dell’impossibilità condivisa di fare un progetto
che duri due giorni, di accendere un mutuo, a fare la gara a chi più insicuro,
a chi ha meno idea di cosa fare in futuro, ma anche tu non sei stufo?
scusami ho sonno e devo andare in cantina, mi riprendo la rete
che avevo buttato, quest’altra che ho messo è peggio dell’altra,
ci dormo malissimo e da due settimane mi sveglio con la schiena attrappita.
ci sentiamo domani, magari per pranzo, se ti sta bene, questa è la vita.

Domande per Krishnamurti

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new_6.jpgdi Emilio Villa (circa 1982)

La ragione, grande alveo dello spirito dell’uomo occidentale (ellenico-europeo) come va intesa?
è una minaccia alla natura umana? o una immagine continua del silenzio profondo, del mistero, dell’enigma universo? della inconcepibilità del cosmo?
o un gioco della memoria illimitata? o è un presagio, un avvio verso il sommo silenzio?

Il secondo capitolo di “The golden gate”

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di Vikram Seth

traduzione di Luca Dresda, Christian Raimo, Veronica Raimo

2.1

La notte, dopo una strenua sessione,
accompagnato a casa tutto il gruppo,
passata attraverso la confusione
dei gatti al suo ritorno, il viluppo
del sonno non la avvolge. A Orione
rivolge lo sguardo, all’Orsa, al Leone.
I gatti immersi nel sonno profondo
sono arruffati al di sopra del Mondo
del copriletto. Poi con un sorriso
una luce nuova gli occhi le infiamma,
seduta allo scrittoio della mamma
della madre, da un barlume improvviso
è colta: deve, si mette a pensare,
agire subito, senza esitare.

Caccia di guardie e ladri in terra padana

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di Helena Janeczek

“Ai vecchi farmacisti liberali
E socialisti
Ai loro retrobottega risorgimentali
Antifascisti” (Franco Buffoni, Guerra)
 

Se questo resoconto venisse dedicato a R.S., dovremmo chiarire che non si tratta di una di quelle dediche come, ad esempio “ai miei cari genitori” sulla tesi di dottorato Il ciclo riproduttivo del lavarello nel Lago Maggiore 2002-2004 o “a Carlo e Matteo, i miei uomini” su Neuropsychiatric outlook on personality disorder ecc.: ovvero non di un gesto d’affetto e riconoscenza tanto più grande nel suo rilievo quanto più è svincolato dal suo oggetto, ma di un’altra, ben diversa cosa. Di quest’altra cosa dovremmo poi dire che non sarebbe bene legarla esclusivamente alla persona e nemmeno alla testimonianza di R.S. , perché una simile prospettiva rischierebbe di ridurre tutto a un’idea di realtà e verità scaturita dagli scambi fra due persone, implicando che fuori da tale rapporto potrebbe non esistere affatto. Ma a questo punto occorre ammettere che non si riuscirà in alcun modo sfuggire a un simile rischio: perché chi scrive ha visto quel che ha visto con uno sguardo educato dai racconti di R.S.

mille-universi

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torna piccolo buddha
torna buddha piccolo
buddha piccolo torna
piccolo buddha torna

Due trafiletti

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di Franco Buffoni (inedito)

La località denominata Balzi Rossi, nei pressi di Ventimiglia – nota agli studiosi di antropologia per i rilevanti ritrovamenti fossili – veniva spesso menzionata in epoca pre-Schengen nei fatti di cronaca legati alla immigrazione clandestina tra Italia e Francia. Il treno in quel punto impervio è costretto a rallentare permettendo con un salto l’entrata senza controlli in territorio francese; ma il sentiero è poi molto scosceso e di notte pericoloso.
Il trafiletto di cronaca era posto accanto a quello del suicidio di un adolescente, gettatosi da un cavalcavia della tangenziale est di Milano. Perseguitato dai compagni di classe per la sua effeminatezza, lasciò un biglietto: “Spero di risvegliarmi in un mondo più gentile”.
I due trafiletti di cronaca, posti così casualmente vicini, mi paiono ancora oggi efficaci per descrivere il terreno comune a due esclusioni, che la cronaca contemporanea vede ascrivibili alla Bossi-Fini da un lato e all’avversione ai Pacs dall’altro. Questo è l’argomento del libro che sto scrivendo – Noi e loro – dal quale traggo anche i tre testi successivi, legati a esperienze di questi ultimi mesi.

Il voto degli italiani all’estero

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di Lorenzo Ansaloni

Il risultato principale che emerge dalle ultime elezioni politiche è la sostanziale parità dei due schieramenti. In controtendenza, come è stato fatto notare, l’esito delle votazioni degli italiani residenti all’estero che ha decretato una netta vittoria del centro sinistra a discapito della Casa delle Libertà.

Nazisti brava gente

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di Andrea Cortellessa

Annelise.jpgÈ lecito chiedersi come mai a Filippo La Porta «dispiaccia parlar male di un romanzo di Pietrangelo Buttafuoco». Risponde il medesimo critico (recensendo Le uova del drago sul giornale diretto dal maggior sponsor del giornalista catanese all’esordio narrativo, Giuliano Ferrara, che ne ha vegliato la resistibile ascesa dalle colonne dello stesso Foglio alle patinate pagine di Panorama): «ci si sente colpevolmente faziosi, affetti da inveterati tabù ideologici».

A Gamba Tesa/ Philippe Muray

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La letteratura da dormire in piedi
di
Philippe Muray
(trad.Francesco Forlani)

A che pro meditare sullo stato attuale del romanzo se non si ha nella testa l’universo preciso, il mondo concreto, la situazione generale di cui è contemporaneo? Se non si ha all’orecchio, tanto per cominciare, il rumore di fondo del gran vento ammorbidente che soffia su di noi, un vento carico di bontà, di favori, di carità caramellosa e d’umanità, un tornado perpetuo d’incoraggiamento alla compassione bene in mostra, al semplicismo, all’infantilismo, alla solidarietà di superficie, ai propositi vuoti e devoti?

Vogliono la pace

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di Aharon Shabtai

Traduzione di Davide Mano

Loro vogliono la pace ma hanno perso la voglia come un paio di occhiali, come una lente sottile caduta sotto il lavandino che loro calpestano giusto con il tacco pensando che sia sulla mensola sotto allo specchio accanto al deodorante. Loro vogliono ma la loro voglia è come un cazzo che non si rizza neanche se seduti sulla vasca da bagno glielo menano tutta una settimana. E il risultato è che si strafogano di cioccolata.

Anteprima II/a Cesare

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di
francesco forlani

CASSETTacesar.jpg
Capitolo dodicesimo
(primo racconto)

Ritratti. Ci ha chiesto di fare dei ritratti – a parole s’intende- della gente che viene in albergo, nel nostro albergo, l’hotel Roma,insomma da noi. Se lo sapesse la direzione, non credo che farebbero salti di gioia. Ci hanno sempre detto che il personale di un grand Hotel deve solo registrare, le cose. In modo neutro, senza metterci nè patemi d’animo nè tanto meno arricchire la nota con indiscrezioni. E invece Miss Firth, vuole che praticamente li fotografiamo, i clienti!

Le vite precarie di Mario Desiati

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di Andrea Bajani

C’è un modo di combattersi sfiniti, abbracciati contro le corde, che hanno soltanto i figli che adesso hanno trent’anni coi loro padri e le loro madri. È un modo di fronteggiarsi un po’ pesti, un buttarsi tra le braccia dei familiari che per metà vorrebbe colpire e per l’altra metà vuole soltanto chiedere asilo. E c’è un modo di fare o non fare recriminazioni che ha molto a che vedere con la rassegnazione, da una parte e dall’altra, e che diventa un po’ un colpire alla cieca. C’è, in definitiva, un modo di essere famiglia che non è mai stato così prima di adesso, e dall’altro lato un modo di credere all’amore che è contemporaneamente un cercare riparo e un resistere alle cose che davanti si disperdono frammentate. Vita precaria e amore eterno, secondo romanzo di Mario Desiati, è un romanzo commovente perché mette in scena fin dal titolo questo conflitto sfinito tra un’aspirazione a legarsi a tempo indeterminato alle cose e un’attitudine delle cose ad andarsene, a essere provvisorie. Precarie, appunto.

Alien don’t suck!

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ALIENSDONTSUCK_1.jpg

Il primo numero di
ALIENS DON’T SUCK!
periodico di integrazione non violenta degli extraterrestri

è on line qui

a cura di Tommaso Pincio

Il lavoro fa male (mobbing 2)

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di Mauro Baldrati

August Sander carbonaio berlinese 2929.jpgHo il camion rotto, stamattina non è partito. Il Carnivoro, dopo avere sbraitato “te Trapattoni, tutte le mattine ci hai un casino!” ha consultato il foglietto dei viaggi, ha scosso il testone e ha detto: “non ho neanche un camion libero. Va’ in cantiere a dare una mano”.

Presentazione di “Dalla vita di un fauno”

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al Goethe-Institut Napoli
Riviera di Chiaia 202
80121 Napoli
Tel: +39 081 411923
Fax: +39 081 426764
info@neapel.goethe.org

Presentazione del libro
Dalla vita di un fauno
di Arno Schmidt

20 aprile 2006, ore 18.00
Sala conferenze del Goethe Institut di Napoli