Home Blog Pagina 560

Il primo capitolo di “Dalla vita di un fauno”

44

di Arno Schmidt

traduzione di Domenico Pinto

[segnalo una novità editoriale che ritengo di grandissima rilevanza. a.r.]

I
(Febbraio 1939)

Tu non voglia additare le stelle; né scrivere sulla neve; al tuono toccare la terra: aguzzai dunque una mano verso l’alto, scheggiai con dito imbozzolato la ‹K› nella crosta argentea accanto a me, (in quel momento temporali non ce n’erano, sennò avrei già fatto qualcosa!) (Nella borsa crepita la carta oleata).

Vocazioni

15

di Sergio Garufi

vocazioni.jpgFra i molti meriti ascrivibili a Occidente per principianti, il bel romanzo di Nicola Lagioia, vi è anche quello, non irrilevante, di una sapiente maestria nella resa dei dialoghi. Più di mezzo secolo fa, in un brano famoso di una missiva a Milton Hindus (in Lettere dall’esilio), Céline chiarì molto efficacemente in cosa consistessero i problemi inerenti la mimesi dell’oralità. Per illustrare questo concetto, lo scrittore francese si servì dell’icastica immagine di un bastone spezzato e immerso per metà nell’acqua. Solo rompendolo, e tenendo le due parti leggermente disgiunte, era possibile, per un effetto ottico, dare l’impressione che il bastone fosse integro. Allo stesso modo, la trasposizione del parlato nello scritto non è mai una semplice operazione meccanica – come se bastasse stenografare una conversazione e poi trasferirne il contenuto sulla pagina per ottenere il sapore dell’oralità -, bensì un adattamento fra ambiti diversi che richiedono perciò forme espressive specifiche. In questo senso, Céline ci spiega che per conseguire un effetto di spontaneità e verosimiglianza del parlato nel testo occorre manipolare la realtà, ricorrere a un artificio, “imprimere alle frasi e ai periodi una certa deformazione”, una torsione che traduca “la lingua in puro ritmo”.

Il progetto cinico, la manipolazione, la sinistra. Pensierini dopo il voto.

82

Di Andrea Inglese

Riprendo le osservazioni di Giulio Mozzi che stigmatizzano un riflesso condizionato di una parte della sinistra. Chi ha votato nuovamente Berlusconi è un “rincoglionito teledipendente”? Stando alla lettera della definizione si tratta di stabilire un nesso di causa-effetto tra “teledipendente” e “rincoglionito”. Quanti teledipendenti esistono in Italia? L’essere teledipendenti rincoglionisce? Io ad esempio conosco molti rincoglioniti che non per forza sono teledipendenti così come teledipendenti per nulla rincoglioniti. La questione è comunque seria, in quanto sostenere che Berlusconi vince perché “ipnotizza” le masse significa presupporre che: 1) chi parla è superiore a colui che viene ipnotizzato perché ha la capacità di resistere all’ipnosi; 2) se il mondo è fatto di “menti deboli”, predisposte all’ipnosi, inutile combattere per un’estensione della democrazia, in quanto – e qui cito una frase di Dario Borso nei commenti al pezzo di Mozzi – “Se vogliamo pensare/praticare la democrazia, bisogna ipotizzare ciascun individuo come libero/responsabile”.

Ecco, se fossi una persona seria

2

a questo punto dovrei essere terrorizzato.

Stasera alle 18, esordio live on stage dei “Motif Albertine”.

http://www.lappartcafe.com

http://www.festivalcapharnaum.com

A commento del 23% di Forza Italia

24

Pubblico qui un estratto di Acculturazione e acculturazione, di Pier Paolo Pasolini. Data 9 dicembre 1973. (AB)

di Pier Paolo Pasolini

Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta.

Alice Munro. Il percorso dell’amore

12

Munro.gif di Gianni Biondillo

C’è un malsano pregiudizio nei confronti degli scrittori di racconti. Sono considerati autori a metà, incapaci del grande salto, dell’opera maestra, del “romanzo”. Eppure chi scrive sa benissimo quanto sia difficile, faticoso, riuscire a creare una vitale coerenza formale nel giro di poche pagine. Bisogna pesare le parole una per una, essere capaci di distillazioni al limite del poetico. Ecco, se dovessi indicare un campione di tale impervia disciplina non avrei dubbi a fare il nome di questa straordinaria scrittrice canadese che ha fatto del racconto la sua cifra stilistica.

Col vento in piazza

9

di Helena Janeczek

Attraversando la piazza di Gallarate insolitamente ventosa e quindi vuota, colgo spezzoni di commenti postelettorali di tre signore sui cinquanta, dall’aria più finto-benestante che seriamente ricca. Se la stanno consensualmente prendendo con l’arroganza che  loro avrebbero nel DNA e una aggiunge: “perché, vedi, là dove tutti votano per loro, in Emilia…” E a quel punto, purtroppo, il vento si porta via il seguito delle parole.

facciamo un’ipotesi

110

di giuliomozzi

Facciamo un’ipotesi.
Le italiane e gli italiani hanno votato responsabilmente. Non è vero che chi ha votato per il centrosinistra è o un coglione masochista che vota contro il proprio interesse o un comunista mangiabambini che si nasconde dietro il faccione cattolico del mordadella Prodi. Non è vero che chi ha votato per il centrodestra è o un rincoglionito teledipendente che vota secondo quel che gli dice la pubblicità o un neo-teo-con assetato di sangue che si nasconde dietro il sorriso liftato dell’unto dal signore Berlusconi.

Ora basta fare i coglioni!

53

di Gianni Biondillo

Scrivendo di getto (ché sto andando a prendere mia figlia all’asilo nido):

Se dal punto di vista istituzionale, e dei gretti numeri, è indiscutibile la vittoria dell’Unione, non riesco, politicamente (esattamente come dice il portavoce di Forza Italia), a credere questa tornata elettorale vinta dal centro sinistra. Scusate, non gioisco.

Da recitare nei giorni di festa

5

di Giuliano Mesa

I

Dopo che l’afa prosciugò la gioia
e i bambini tacevano, assopiti sull’erba.
Il cane la tovaglia le racchette.
Passato via, il tempo, di qualcuno.
Le carezze. E i ceri che non ardono.

Fuoco, davvero, tutto in fiamme.
Il bosco e il prato, le racchette.

Chi aveva portato melagrane,
chi limoni, e poi delle focacce,
il vino nuovo.
Però quel caldo, d’autunno,
chi se lo aspettava?

(Ein schöner Feiertag
während das Feuer brannte)

Vaticini

29

garcon.gif

– Ragazzo, secondo gli exit poll non vivrai oltre i quaranta. Cosa pensi di fare?

– Grandi pere, scopate con le puttane senza preservativo, i 180 sulla provinciale.

A Gamba Tesa/ Ex Voto

27

esper.gif

Prego, attendere in linea.
April 10th, 2006 at 14:27,28,29…
effeffe

Antiterrorismo e datamining

1

di Bruce Schneier, traduzione di Communcation Valley, via A/I

Nel mondo post-11 settembre si presta molta attenzione a unire i punti. Molti credono che il data mining sia la sfera di cristallo che ci permetterà di svelare future trame terroristiche. Ma anche nelle proiezioni più sfrenatamente ottimistiche, il data mining non è sostenibile per tale scopo. Non stiamo barattando la privacy per la sicurezza; stiamo rinunciando alla privacy senza ottenere in cambio alcuna sicurezza.

Rilke consiglia

18

di Antonio Sparzani

Non sono uno scrittore né un poeta, almeno non esplicitamente e nemmeno con qualche continuità, ma forse questa circostanza non è neanche tanto importante per quel che voglio dire, in quanto sono almeno un assiduo lettore.

Sento spesso imbarazzo e inadeguatezza quando qualcuno, entro Nazione Indiana, o fuori, mi fa leggere un testo e mi chiede un parere, o se è bello, o se “vale”, o simili. Talvolta rispondo, in un senso o nell’altro, sempre però con l’arrière-pensée  di esprimere un’opinione assai poco competente e troppo dipendente dai miei peculiari gusti r idiosincrasie, inevitabile, si dirà. Mi sono però imbattuto di recente in questa lettera, ormai ultracentenaria, di Rilke ad un “giovane poeta” che evidentemente gli aveva mandato qualche suo verso; questa lettera mi ha colpito, anche se mi ha lasciato dubbi vari circa la “decidibilità del bello”. Ho anche pensato che possa essere fonte di riflessione e di dibattito per frequentatori di questo blog, che spesso vengono sottoposti a questo processo di “valutazione testi”. Eccola qua:

Parigi, 17 febbraio 1903

Egregio Signore,

La vostra lettera m’ha raggiunto solo qualche giorno fa. Voglio ringraziarvi per la sua gran­de e cara fiducia. Poco più posso. Non posso entrare e diffondermi sulla natura dei vostri versi; ché ogni intenzione critica è troppo remota da me. Nulla può tanto poco toccare un’opera d’arte quanto un discorso critico: si arriva per quella via sempre a più o meno felici malintesi. Le cose non si possono af­ferrare o dire tutte come ci si vorrebbe di so­lito far credere; la maggior parte degli av­venimenti sono indicibili, si compiono in uno spazio che mai parola ha varcato, e più indi­cibili di tutto sono le opere d’arte, misteriose esistenze, la cui vita, accanto alla nostra che svanisce, perdura.

A Gamba tesa/ Boom (Aversa)

0

di Paolo Graziano
bomba.jpg
Aversa, ordigno in un liceo
feriti lievemente 7 studenti
AVERSA (Caserta) – Sette studenti feriti, in modo non grave, ancora oscuro il movente.
… Repubblica,4 aprile

Certe pietre

Certe volte, ad una certa ora, entri in un posto pensando che sarà un momento speciale: è falso, non accadrà niente. Certe volte invece fai il tuo ingresso in un giorno che pensi qualunque e l’imprevisto ti prende alle spalle.
Otto e mezza di uno di questi giorni, un martedì anonimo. L’auto parcheggiata al solito posto, il solito ingresso – quello defilato, per chi è abituato a far tardi – il caffè solito allo spaccio dove tutto costa come fuori, qualche volta di più. Primo cattivo pensiero del mattino.
L’esplosione s’infila tra il secondo e il terzo sorso e qui arriva come un tonfo sordo e un vento leggero, che alza lentamente la polvere fino al lucernario.

Questioni e generazioni: alcuni autori nati negli anni 1968-77

0

Parte prima: Corpo, gelo, tempo, oggetti

di Marco Giovenale

Il secondo termine del titolo scelto per questa piccola antologia di voci poetiche, ossia il termine indistinto e plurale “generazioni”, riceve da tempo e da più parti critiche severe. Sono giustificate, a parere di chi scrive. Si parlerà qui di una generazione, meglio: quella dei nati nel decennio chiuso tra il 1968 e il 1977. Per due motivi: in primo luogo, perché alcune delle voci che ad essa appartengono, pur lette e studiate, meritano ulteriore approfondimento, attenzione e riscontro critico. E in secondo luogo perché può esser bene che il riscontro si svolga – da parte dei critici che vorranno accogliere le proposte di lettura – intorno ad alcune questioni precise e ricorrenti che i nati in quell’arco di tempo sembrano porre senza mezzi termini ai lettori. Si viene così alla prima parte del titolo.

Anatomia dell’Io (2)

8

[Una prima parte di questa intervista, tratta dal n° 25 della rivista “La società degli individui”, è apparsa qui, corredata da un ricco apparato di commenti a cura di Emma e Dario Borso su Benn, Grünbein, Fortini, Berardinelli & altro]

Un dialogo con Durs Grünbein su lirica e soggettività

di Italo Testa

Nella poesia di lingua tedesca vi sono comunque anche autori – penso per esempio a Ingeborg Bachmann – che si sono confrontati criticamente con le prospettive heideggeriane sul dialogo, il linguaggio e la poesia, assumendone alcuni aspetti in una linea non positivizzante, non ideologica. Cosa pensa di Ingeborg Bachmann? Per lei è stata importante la sua opera poetica?

Ama nesciri

44

di Sergio Garufi

cioran.jpg Giuseppe Pontiggia era solito ironizzare sul fatto che “lo scrittore postumo pubblica molto di più di quando era in vita”, perché non tocca più a lui scegliere i propri scritti, e chi lo fa in sua vece spesso non va troppo per il sottile. Nel caso di Emil Cioran, come dimostrano i meravigliosi e densissimi Cahiers (Adelphi), dati alle stampe postumi dalla compagna Simone Boué contravvenendo alle sue precise disposizioni testamentarie, il meglio della sua produzione si nascondeva proprio fra gli scarti.

Pubblico e privato ai tempi del caimano

5

di Francesca Serafini 

Sedia a rotelle[1].jpg

Ieri, un’amica mi ha detto che sono “un po’ stronza”. Nel pomeriggio, il presidente del consiglio mi aveva fatto sapere che sono una cogliona. Ieri non è stata una gran bella giornata.

C’è una differenza, però: potenza dei media. Un’amica ti ferisce in privato e ti senti sola. Un presidente del consiglio ti offende in pubblico e ti senti parte di un tutto, più vasto, orgoglioso e indignato. Io, in definitiva, di quell’uscita gliene sono pure grata, anche e soprattutto per ragioni politiche.

Siamo tutti fantasmi?

92

di Franco Arminio
fantasmi5_01.jpgCoraggio, ancora pochi giorni e anche questo romanzo sarà finito. La realtà proporrà altri romanzi non potendo più proporre se stessa. E noi non siamo qui per leggere, ma per trovare un posto nella trama. A ciascuno la sua scena. Berlusconi sulle tv e i giornali, io qui su Nazione Indiana.

Alcune sintetiche affermazioni di Tiziano Sclavi e un lungo sproloquio di Andrea Raos

10

a proposito del romanzo Non è successo niente (Mondadori, Milano 1998 e ristampe), scritto dal primo dei due.

Andrea Raos. Caro Tiziano Sclavi, ho appena finito di rileggere ancora una volta il tuo Non è successo niente; mi è quindi venuta voglia di farti un paio di domande. E da subito grazie per la disponibilità.