
“Rosso, aranciato, giallo, . . .”, la cantilena dei colori dell’arcobaleno l’abbiamo nel lessico famigliare fin da piccoli. Se d’altra parte osserviamo da vicino una di quelle strisce colorate che spesso nei libri si trovano ad illustrare lo ‘spettro dei colori dell’iride’, individuiamo sì quei sette canonici, corrispondenti a nomi che la cantilena ci tramanda, ma, tra l’una e l’altra di quelle piccole zone nelle quali ci sembra di individuare il verde, o l’indaco, ve ne sono molte altre cui non sapremmo dare un nome, se non in qualche caso, prendendo magari a prestito i nomi fantasiosi suggeriti dall’arte, o dalla moda, o dai cataloghi dei colorifici. E non è facile segnare confini che delimitino l’uno o l’altro dei colori dai nomi conosciuti.
La notte è il periodo di tempo che va dal tramonto al sorgere del Sole e il giorno è il periodo che va dal sorgere del Sole al tramonto e queste sembrano belle proposizioni chiare e distinte, finché almeno non ci si pongono domande pervase da quell’ansia di precisione che l’ultimo mezzo millennio di quantitativa operosità ci ha ormai irreparabilmente trasmesso.












