(Non era così che avrei voluto parlare dell’ultimo genocidio del secolo scorso. Prima di tutto, la ricostruzione dei fatti e la responsabilità degli attori storici. Dopo, possiamo commentare la finzione (romanzi, film) e fornire anche interpretazioni dell’accaduto. Devo invece procedere all’incontrario. Con un articolo di taglio psicoanalitico sul film “Hotel Rwanda”. Ma è un modo per iniziare. A. I.)
La vicenda del proprietario dell’albergo a quattro stelle di Kigali, nel Rwanda al tempo dello scontro Hutu-Tutsi, Paul Rusesabagina, protagonista di “Hotel Rwanda” di T. George, rappresenta la difficoltà di prendere consapevolezza degli aspetti più negativi o di quelli meno accettati dalla coscienza di ogni essere umano, in altri termini di ciò che junghianamente viene definita “Ombra”.

Sto passando un periodo molto difficile (con problemi familiari che sto lentamente risolvendo) che mina la mia attenzione al mondo e a Nazione Indiana. Purtroppo non posso dare la giusta cura, e la giusta replica, alle parole di Antonio.
Cari amici,

Nella vita quanti scrivono romanzi? Diciamo che nella vita il romanzo non esiste. Quando qualcuno racconta una storia mai accaduta, viene censurata come frottola o menzogna e espunta dalla circolazione sociale. Certo il racconto, la narrazione, il mito, sono già presenti nella vita, ogni racconto che ascoltiamo al bar è una narrazione, ma è la narrazione di una realtà, o di un’irrealtà, nel caso del mito, ritenuta reale.
Il 21 maggio alle ore 21 Nazione Indiana organizzerà a Milano, al Teatro i, un nuovo incontro per festeggiare la traduzione ancora in corso della 