di Sandro Veronesi
«Ma serve ricordare?». Si chiude così, con questa domanda terribile, Cose che succedono , il volume postumo di Sandro Onofri che raccoglie il meglio della sua attività di reporter, svolta tra il 1992 e il 1999, anno della sua scomparsa. E Sandro Onofri era uno dei pochi scrittori che potesse permettersi di farsela, questa domanda terribile, senza che suonasse anche solo vagamente retorica o demagogica. Credo di poter dire questo perché ho conosciuto Sandro fin da prima che entrambi diventassimo scrittori, quando già in lui pulsava un’integrità veramente rara e radicale, quel che si dice «essere a posto» rispetto a qualsiasi cosa ti possa riservare il destino. Fin da allora, alimentati com’eravamo tutti e due dal sogno di scrivere, e senza che nessun editore ci avesse ancora pubblicato una riga, la sua statura morale mi stordiva, mescolata com’era col talento, la pazienza e l’umiltà.








È uscito il quinto numero di Vertigine, il periodico di scrittura e critica letteraria curato da Rossano Astremo
Sono uno scrittore di secondo grado. Intendo dire che la scrittura, per me, sta in secondo piano. “Mi occupo d’altro, io” scriveva Hemingway in Verdi colline d’Africa. “Le assicuro che faccio una gran bella vita” diceva all’interlocutore, e alla domanda scettica “Cacciando kudù?” rispondeva “Certo, cacciando kudù e facendo un sacco di altre cose”.
Me ne andai a Londra quasi di brutto, scappai di corsa, vent’anni fa, perché non ne potevo più di famiglia, di esigenze paterne, di protezioni e sgonfiamenti materni, di cretinerie sororali e della mia facoltà. Non ne potevo più anche di me stesso, a pensarci bene, perché dentro mi si aggiravano delle cose oscure che allora non potevo né vedere né definire, preferivo ignorare, ma le ombre viscerali pungevano e chiedevano voce, volevano essere partorite ed urlare alla luce del giorno.
“Se la guardi da qui può sembrare vagamente un sesso maschile. Vedi?”
E’ uscito il semestrale cartaceo di “Re:”, dal titolo
Di Andrea Inglese