di Davide Mano

Uscite fuori, guardate:
Gli schiavi si stanno sollevando,
Una mano coraggiosa sta seppellendo
Nella sabbia l’oppressore
“In tempi oscuri, quando uno stato costringe il suo popolo alla sottomissione, arriva il momento in cui il poeta non può accettare il silenzio. I coraggiosi poemi di Shabtai perforano la cupa oscurità di Israele come un raggio laser. Shabtai scrive in ebraico , ma parla in nome di tutti gli oppressi.” – Tariq Ali
Quando la poesia si scaglia contro il popolo, lo fa per scuoterlo a reagire, a ribellarsi alla brutalità cui è sottomesso, a mantenere fede ai valori morali in cui crede e che lo Stato disattende. Quando c’è bisogno di denunciare gli abusi del potere, la poesia sente l’obbligo di captare, registrare, fotografare, riportare, senza omettere nulla. In tempi bui il poeta parlerà dei tempi bui, usando occhio vigile, critico, impietoso, puntando il dito sui veri nemici della politica, sul degrado morale che inquina l’operato dell’uomo.



Si guarda intorno, muovendo la testa lentamente, e muovendo velocemente gli occhi, come a cercare qualcosa che dovrebbe essere lì, davanti a lei, all’altezza dei suoi occhi sbarrati. Dovrebbe proprio esserci. Ma non c’è. Senti, Lama, ascolta. Lo so che ci sei. Non è stata colpa mia. Mi ha afferrata. Mi ha afferrata come si afferra un concetto. Das begriff. Il concetto è ciò che si afferra, i tuoi amici tedeschi la sanno lunga. Più che lunga la sanno bene. Ce l’hanno dimostrato, a Dresda. Ma a me non interessa la cosa che si afferra. A me interessa il gesto dell’afferrare. Fa il gesto di afferrare qualcosa, lentamente, lentamente la mano si contrae, i nervi delle dita tesi, vibranti.
Autore de“Il fascino oscuro della guerra” (Laterza, pp. 200, 16) Chris Hedges è stato famoso corrispondente, per molti anni, dai fronti di guerra per la stampa Usa: su questo libro,qualche giorno fa,è apparsa una breve recensione sul “Corriere della sera”.

– Ma ti rendi conto? L’eroe più popolare dell’impero è un professore di semiotica esperto in simbologia!
Armando ha cinquantadue anni. E’ in cassa integrazione dal 2003. Sposato, con un figlio che fa il terzo anno delle scuole superiori. E’ entrato in Italtel nel 1969. Lui è la sua famiglia vivono con mille euro al mese.
Diciamolo sùbito a scanso di equivoci: in arte non si stilano classifiche, e i superlativi vanno sempre adoperati con estrema parsimonia. E’ una questione di bon ton culturale, prima ancora che di logica. E poi, in genere, la passione smodata per le graduatorie, le formule consolatorie (il genio è 90% traspirazione e 10% ispirazione), le simmetrie dei chiasmi e i rigidi aut aut da tertium non datur è tipica degli incolti.
– E’ uno degli eroi più popolari dell’impero. Indovina di chi parlo!
Ci sono libri che non si possono non leggere, a mio parere. Per carità: esistono libri capitali, come Il Capitale, guarda caso, che andrebbero letti senz’altro. Io non l’ho fatto e forse ho fatto male, magari sarei diventato comunista. Ho fatto comunque sicuramente benissimo a leggere per la prima volta parecchi anni fa “La promessa” di Friedrich Duerrenmatt. Definito da più parti un “antiromanzo giallo”. Definito dall’autore stesso, nel sottotitolo, “Requiem per un romanzo giallo”. Nel quale romanzo-requiem del grande svizzero (autore definito dal critico tedesco Reich-Ranicki “la nostra coscienza, una coscienza che non ci lascia mai in pace”) le consuete regole del genere vengono distorte senza però stravolgere o soppiantare lo stesso genere, che in effetti ha continuato a prosperare fino ad oggi con –artisticamente parlando – alterne fortune.
Ricevo dai collaboratori di Stilos e pubblico volentieri. (T.S.)