Confutazione di Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick
di Raul Montanari
In queste settimane L’Espresso propone la filmografia di Stanley Kubrick in dvd. Ne approfitto per proporre questo grido di dolore inedito (e molto finemente articolato, com’è suo costume), emesso cinque anni fa da uno dei più fedeli kubrickofili che io conosca. T.S.
Adoro Kubrick da quando ho cominciato a connettere ai titoli dei film i nomi dei registi (e non più solo quelli degli attori). Ho avuto molte occasioni per dichiarare che lo consideravo il più grande artista vivente in una ideale classifica che includesse tutte le arti senza tenere conto di differenze e distinzioni. Eyes Wide Shut mi ha distrutto al punto che nel secondo tempo mi sono assopito per qualche secondo… e non mi era mai successo, al cinema!


Jugoslavia: la condanna della memoria. Dell’inutilità e del danno della storia.
Ho tempo. Ho tutto il tempo che voglio. Sono tornato disoccupato. E domani ho un colloquio di lavoro. Staremo a vedere. Mettiamo sempre le mani avanti…Per farla breve io e il tipo ci siamo mandati reciprocamente affanculo stamattina, e tu hai trentatreanni sei vecchio (veeecchio, veeecchio) e qui bisogna trottare e quello che mi produci tu in due giorni io lo faccio in un’ora e qui c’è gente che bussa alla mia porta – E accogli chi vuoi, – gli dico, – chiama chi ti pare, l’importante è che sei contento.
Perché permettiamo al mondo di andare come va
[Giorgio Falco ha pubblicato nel 2004 


Note sui recensori di romanzi
Su “Stilos” dell’8 febbraio Gianni Bonina esordisce così: “Vizinczey osserva che la maggior parte delle persone non può vedere meriti artistici in romanzi che contraddicano le loro opinioni”. E più avanti, rifacendosi ancora a Vizinczey supportato nientemeno che da Unamuno, arriva a dire chiaro e tondo che il romanzo deve consolarci e non inquietarci, e ci piace di più se ci conferma nelle nostre opinioni.
(il linguaggio piatto dei Dolori Riproduttivi)
Non vorrei vantarmi, ma ho scoperto un artista a dir poco eccezionale. Anzi, l’artista che ho sempre sognato. È tale l’emozione che non saprei neanche dire quali siano i temi più rilevanti del suo lavoro. Da un lato affronta di petto le emergenze socio-culturali del presente, dall’altro sembra offrirne una versione alternativa e radicalmente critica, da un altro ancora riesce a mantenere una lieve verve poetica e non priva di olimpica ironia.