Anche a seguito del recente intervento di Antonio Moresco, segnalo un libro sul tema “letteratura popolare e altro”, aperto dopo la pubblicazione sull’Espresso dell’articolo di Carla Benedetti (vedi qui).
Si tratta di Beethoven e le mondine. Ripensare la cultura popolare, di Fabio Dei, pubblicato da Meltemi nel 2002. Credo che possa offrire molti spunti di riflessione, non fosse altro che Fabio è un antropologo, e gli antropologi (non solo italiani) dibattono sul tema da sempre. Il libro di Dei mi pare faccia il punto in modo assieme preciso e compitamente provocatorio, offrendo molteplici stimoli di riflessione anche per i risvolti politici del dibattito in corso. Se non avete tempo di leggere l’intero libro, sul sito dell’editore(www.meltemieditore.it) è possibile scaricare il pdf dell’introduzione, quindici pagine che vale proprio la pena di leggere (pv).
Ancora sul genocidio culturale e letteratura popolare
Duo da camera (4)

di Andrea Inglese
Getta la maschera e smettiamo
d’arrovellarci a vanvera: sei
una dannata a vita, una schifata
di te, di me, del mondo, senza un valido
motivo che non sia la tua abissale
incapacità di vivere. Tu gli uomini
li abbatti con metodo, li snervi
con perizia, li acconci pallide ombre
di loro stessi, spenti manichini
da passeggio – fuori – e da oltraggio
– dentro le mura di casa -, oppure
li rendi avide belve di vendetta.
Le scimmie… (93)
di Dario Voltolini
PICCOLA NOTA
di Antonio Moresco
Nel dibattito in corso su editoria, “letteratura popolare”, best seller ecc. (che ha preso le mosse dall’articolo di Carla Benedetti sull’Espresso) emergono continuamente -oltre alle immancabili semplificazioni e caricaturalizzazioni infamanti- anche alcuni luoghi comuni e assiomi dati per scontati e anzi usati come capisaldi da cui far partire le critiche e sferrare gli attacchi.
Vorrei introdurre una piccola riflessione almeno su due di essi.
Gramsci. Il suo nome è stato utilizzato come incontestabile auctoritas e tirato in ballo strumentalmente per difendere lo status quo presente e l’alluvionale produzione libraria preconfezionata che ha poco o nulla a che vedere con quella cosa chiamata un tempo “letteratura popolare” e su cui Gramsci, dal fondo della sua prigione, ha impegnato a lungo la sua intelligenza e la sua osservazione.
Boss e poeti
di Roberto Saviano

Aveva vinto diversi premi, era andato a riceverli di persona, applausi, targhe, pubblicazioni. Raffaele Lubrano aveva da sempre coltivato la poesia, dalla sua bella villa costruita nelle campagne di Pignataro Maggiore paesino dell’agro-caleno circondato da rassicuranti distese di campi. La sua ditta di costruzioni edili gli portava via sempre più tempo ma Lubrano sembrava una fedele sentinella della scrittura poetica.
Intervista a Valerio Evangelisti
di Luca Gabbiani
Abbiamo fatto alcune domane sul dibattito in corso sulla “letteratura popolare” a Valerio Evangelisti, riconosciuto all’unanimità come il re della letteratura di fantascienza italiana. Il suo ultimo libro, pubblicato nella collana “Strade blu” di Mondadori, si intitola “Noi saremo tutto“: parla di mafia, ma il protagonista non è uno dei tanti buoni poliziotti che ci sono nei gialli letterari o televisivi. Evangelisti ha cominciato a scrivere nella mitica collana “Urania” e ora vede quei suoi libri, che hanno come protagonista un inquisitore benedettino, ristampati negli Oscar Mondadori. Si può dire a buona ragione, dunque, che Evangelisti sia uno scrittore “anche di genere”. Non solo: è anche “popolare”.
I “misteri” di Piazza Fontana
Intervista al giudice Guido Salvini

Il 12 dicembre 1969, l’esplosione di una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana a Milano, provocò diversi morti e cambiò la storia d’Italia. Fu una “strage di stato”, come venne immediatamente definita dalla sinistra extraparlamentare. Grazie a un lavoro efficace di controinformazione, che sfociò nel libro “Strage di stato” (vedi qui), nacque nel paese una controspinta rispetto ai disegni occulti di strategia della tensione, il cui intento era di incolpare dell’attentato gruppi anarchici o maoisti e decretare lo stato d’emergenza.
In vista dell’incontro “Giornalismo e verità ” che si terrà sabato 19 febbraio al Teatro i di Milano (via Gaudenzio Ferrari 11) pubblichiamo un’intervista al giudice Guido Salvini, il magistrato che dal 1989 al 1997 ha indagato nei misteri della strage di piazza Fontana e degli altri attentati del ’69.
Le scimmie… (92)
di Dario Voltolini
La verità nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (3)
di Piero Vereni
Credo che il giornalismo d’inchiesta sia un’attività necessaria, lodevole e pericolosa. Il rapimento di Giuliana Sgrena ne è l’ultima dimostrazione. La giornalista del manifesto è stata rapita perché voleva sapere, voleva informarsi, voleva raccontare la verità. I casi di bravi giornalisti in grado di fare lavoro sul campo sono numerosi, ma non credo che la passione eroica per la verità di alcuni consenta alla categoria di sentirsi assolta dalle proprie responsabilità. I giornalisti si trovano oggi nella paradossale condizione che pubblicare un libro di inchiesta su un tema qualunque è diventato più semplice che pubblicare un’intervista a un qualunque personaggio di media levatura (un qualunque profugo di una Fallujah qualunque). La facilità della produzione dei fatti in formato libro, quindi in “formato analisi” (e, simmetricamente, la difficoltà della produzione dei fatti in formato intervista, quindi in “formato dati”) credo costringa il mondo del giornalismo a porsi alcune domande sul senso della propria attività.
Didascalia del Papa
di Alessandra Lisini
Colui che insegna eviterà dunque di utilizzare tutte le parole che non insegnano: e se egli può utilizzare al loro posto parole corrette e intelligibili, egli le preferirà alle altre. Se però egli non potrà utilizzare tali parole, sia perché non esistono, sia perché non gli vengono alla mente, si serva di termini meno corretti, purché l’argomento del suo discorso possa essere ben spiegato e ben imparato. […] Ecco perché colui che parla deve fare ogni sforzo per aiutare chi ascolta in silenzio.
(Rabano Mauro, De institutione clericorum, IX sec d.C.)
Il papa in playback all’Angelus è stato fermo o appena tremulo, forse era giusto quel rollio di camera, il ronzio che dà agli occhi il movimento delle frequenze di trasmissione dell’immagine o dell’operatore, oltre alla probabile oscillazione naturale che un decimo piano di palazzo può avere al vento.
Teoria del Bloom
di Giuseppe Montesano

Il tono di questo libro è fin dalle prime righe bizzarro, insieme reciso eppure quasi con l’aria di un allegretto un poco scherzoso: “Nonostante l’apparenza, non si tratta di un libro, ma di un virus editoriale… Il virus editoriale esibisce il principio di incompiutezza e l’insufficienza costitutiva che sono alla base dell’oggetto pubblicato… Pone così il lettore in una posizione tale da non potersi più tirare indietro, o almeno fa sì che questo tirarsi indietro non possa più essere neutrale…”
E’ così che parte Teoria del Bloom che, in quanto libro, ha 138 pagine, costa 9 euro e 50, è tradotto dal francese a cura di Tiqqun ed esce da Bollati Boringhieri: che un anno fa aveva già pubblicato la Teoria della Jeune-fille, ed è scritto da Tiqqun. Uno pseudonimo? Un gruppo di autori? Un collettivo?
Niente di tutto ciò, perché Teoria del Bloom recita: “Tiqqun, per cominciare, non è un autore, né singolo né collettivo… In ogni caso, non è un gruppo… Tiqqun è un mezzo…”
L’Ulisse n°3 online
È on–line il terzo numero de L’Ulisse (www.lietocolle.com/ulisse), rivista monografica di poesia e pratica culturale diretta da Alessandro Broggi, Carlo Dentali e Stefano Salvi. Questa nuova inchiesta è incentrata sul tema Arte e realtà/Scrittura e realtà.
<<[…] un’indagine di scottante rilevanza – si guardi all’“impegno civile”, ad una cognizione del mondo presente e dei suoi meccanismi (uno sguardo alla realtà dei media, alla loro correlazione con il modus vivendi delle folle, a come l'arte mira a scardinare questi rapporti, o si guardi alla realtà sociale), all’aderenza e alla possibilità dei linguaggi nella resa di un'esperienza-mondo ad essi esterna, oppure ad una scrittura come “quotidiano”. >>
Edo
di Massimiliano Governi
Mi chiamo Edoardo Bortolotti e sono morto il 2 settembre del 1995. Forse qualcuno si ricorda ancora di me. Sono stato per diversi anni un promettente terzino del Brescia, ho giocato in serie A e in serie B. Nella Nazionale Under 21 di Cesare Maldini ho collezionato quattro presenze, ma potevano essere molte di più perché spesso ho rinunciato alle convocazioni sostenendo di essere infortunato, ma detto tra noi non erano infortuni terribili, semplicemente non mi andava, o avevo di meglio da fare.
Il mister Maldini deve averlo capito, perché a un certo punto ha smesso di convocarmi, e per me è stato un sollievo. Ho cominciato a giocare a calcio a dieci anni, nel Voluntas, una società satellite del Brescia, insieme a Eugenio Corini e a Luca Luzardi.
La verità nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (2)
di Piero Vereni
15 gennaio 2005. Sono un giovane giornalista, collaboro con diverse testate ma sono a tutti gli effetti un free lance. Ho deciso di scrivere un saggio su un tema di “scottante attualità”: la fame nel mondo, la mafia, la corruzione politica, la sovrappopolazione, fate voi. Ovviamente, non c’è nessuno disposto a finanziare il mio progetto ma riesco a lavorare parttime almeno un paio d’ore al giorno, e per di più non ho impegni durante la fine settimana. Inizio, com’è naturale, da Internet. Immetto la parola chiave della mia ricerca su Google e mi escono 14.756 pagine che trattano di quell’argomento (ovviamente, ho scritto la chiave in inglese, e ho fatto una ricerca “in tutto il web”).
A caccia di Unabomber
di Tiziano Scarpa
I terroristi sono scrittori in cerca di editore. I brigatisti rossi comunicavano a colpi di pistola e ciclostile. Fare politica con la sola scelta delle vittime non bastava. Mandavano lunghi comunicati ai giornali. E a distanza di anni, anche quando hanno smesso di sparare, continuano a scrivere libri di memorie, romanzi.
Da Kiev (#3)
di Giovanni Catelli

31 gennaio 2005
Il viaggiatore occasionale e’ portato a volte ad illudersi: la novita’ dei luoghi, degli eventi, la contiguita’ dell’apparenza con le categorie note, induce sottilmenteall’errore, alla sopravvalutazione, al rifugio nell’acquisito, nel dato piu’ evidente: all’Est, come notava Paolo Rumiz nel suo magistrale “Maschere per un massacro”, e come ha dimostrato l’apparente “rivoluzione” romena dell’ottantanove, nulla e’ mai mutato senza l’impulso di un potere, senza la spinta decisiva di un apparato; ancora non conosciamo i dettagli precisi e le forze che si sono mosse nel lungo braccio di ferro ucraino, forse non le conosceremo davvero mai, nonostante il tessuto di voci popolari e giornalistiche intente a ricostruire il complicato meccanismo, certo e’ che Viktor Yushenko, insediatosi ieri come Presidente, non sarebbe arrivato cosi’ lontano, forte del solo appoggio popolare, e neppure sarebbe riuscito a richiamare in modo cosi’ massiccio e plateale i media d’occidente, oggi curiosamente quasi latitanti, una volta compreso che la vera partita del potere si e’ gia’ conclusa.
Le scimmie…(91) – [Meno 10 all’alba, tenete duro!]
di Dario Voltolini
Che c’entra la letteratura popolare?
di Carla Benedetti
Sul “Corriere della sera” è continuata la discussione, cioè il depistaggio, sulla letteratura popolare, come sostiene Carla Benedetti in questa replica pubblicata ieri. T.S.
Innanzitutto non capisco come mai questo dibattito iniziato con un articolo di Cristina Taglietti che prendeva le mosse da un mio intervento su L’Espresso intitolato “Genocidio culturale“(vedi qui, sia scivolato in una discussione accademica sul “rapporto tra la letteratura popolare e la cultura di sinistra”. Che c’entra la sinistra? Forse che il genocidio non riguarda tutti quanti gli uomini e le donne? E cosa c’entra la letteratura popolare?
Best seller
di Riccardo Ferrazzi
La busta era troppo leggera. Brutto segno: un editore, se vuole pubblicare, telefona. Se scrive è per rifiutare. E infatti.
“Gentile Augusto Rossi, Le siamo grati, eccetera. Peraltro, il Suo scritto non rientra nell’indirizzo editoriale delle nostre collane, eccetera eccetera.”
Tutto ciclostilato. Il nome, inserito a macchina, un po’ storto. Ciclostilata anche la firma, debitamente illeggibile per evitare che lo scrivente la riconosca e assilli il funzionario con lettere e telefonate. I rifiuti editoriali sono così: anonimi e ipocriti.
Augusto Rossi passò in copisteria a ritirare tre copie fascicolate. Le avrebbe spedite a tre editori contemporaneamente. Tanto valeva lavorare all’ingrosso.
Sperando che non arrivi domani
di Vins Gallico

Sono le 4 e 17 della notte fra il 9 e 10 Febbraio; domani, fra poche ore, costringeranno Zahra Kameli a salire su un volo Lufthansa, destinazione Iran, spedendola probabilmente a morire.Faccio un passo indietro, prendo un caffè, provo a descrivere la situazione.
Zahra Kameli è una ragazza iraniana di ventiquattr’anni, arrivata in Germania dieci anni fa. Si è separata recentemente dal marito, iraniano anche lui, dopo otto anni di convivenza più o meno forzata, secondo quei matrimoni combinati e predefiniti, tipici di laggiù.
La verità nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1)
di Piero Vereni

Questo pezzo è un mio tentativo di contribuire alla preparazione dell’incontro GIORNALISMO E VERITÀ (vedi qui). È volutamente polemico e poco condiscendente nei confronti dei produttori di notizie. Spero che serva ad alimentare il dibattito e a ridurre, per quanto possibile, la tendenza a reificare l’opposizione tra buoni e cattivi oppure tra verità e menzogna. Pur non essendo marxista, ho cercato di apprendere la lezione di Marx, prestando la dovuta attenzione alle “condizioni materiali di produzione”. Con questo cerco inoltre di riaprire la discussione sulla “pubblicazione online” che Nazione Indiana ha alimentato qualche tempo fa. Per agevolare la lettura, ho diviso il mio intervento in tre parti, pubblicate separatamente. Nella prima racconto come si doveva fare (e si faceva) un libro d’inchiesta venticinque anni fa. Nella seconda come si potrebbe fare (e in alcuni casi si fa) oggi. Nella terza provo a sintetizzare in forma “teorica” le mie argomentazioni, proposte nelle prime due parti in forma narrativa.
