di Sergio Garufi
“Le immagini di mattatoi e di carne mi hanno sempre molto colpito […] Che altro siamo, se non potenziali carcasse? Quando entro in una macelleria mi meraviglio sempre di non esserci io, appeso lì, al posto dell’animale”.
Francis Bacon, La brutalità delle cose, 1991.
Ha ragione Anna Detheridge: “Damien Hirst è più antico di quanto non sembri”; e l’allestimento della sua prima retrospettiva al Museo Archeologico di Napoli, intitolata Il Tormento e l’estasi, suggella la sua appartenenza ad una genealogia illustre e secolare. Il tema centrale della sua produzione è quello della vanitas, intesa come totale soggezione di ogni cosa terrena al potere del tempo e della morte. Hirst, l’artista trasgressivo e scandaloso idolatrato dagli happy few e detestato dai benpensanti, è in realtà un conservatore; perché l’ossessione della carne sta alla base del pensiero reazionario e sancisce l’ineluttabilità del destino dell’uomo.


1. I Sassi di Matera
22 Dicembre, oggi ucciso mio padre. Semplicissimo, atteso al varco dell’età mia e sua. Giovedì compiuti 18 anni. Ieri lui 59. Entrambi capricorni. Non voglio vederlo compiere sessant’anni, non voglio un altr’anno per la sua cifra tonda, ho pensato. Tanto vale eseguire subito la sentenza, ho pensato. Il mio regalo di compleanno, ho pensato. I regali agli altri rendono gli altri riconoscenti per principio, e la riconoscenza è il prodotto di un ricatto morale, ho pensato. Questo non è il mio caso, che ho scelto di fare a mio padre il regalo più non ricambiabile in assoluto dei regali in assoluto più non ricambiabili.

Osservate la foto. Proprio qui, sull’arteria monumentale di Kiev, il Kreshatik, vasto e severo viale di architettura staliniana costruito dopo le feroci distruzioni naziste, accurate anche nel cancellare il preesistente quartiere art nouveau, in questo luogo di interminabili parate sovietiche, esibizioni decennali di missili e carri armati, luogo dove il potere ha sempre dispiegato le sue seduzioni metalliche, le sue illusioni di pietra e cartone, le sue bandiere ormai mutate (dal 1991 la parata militare celebra l’indipendenza della nuova nazione, l’Ucraina), proprio qui è sorta, nei giorni successivi al primo ballottaggio fra Yushenko e Yanukovich, la tendopoli pacifica della rivoluzione arancione, il presidio permanente dei sostenitori di Yushenko, intenzionati a dimostrare la propria determinazione dopo i vistosi brogli elettorali,sino a circondare i palazzi del potere chiedendo un nuovo ballottaggio.
Caro Tiziano, ti invio un testo rimixato che se vuoi puoi pubblicare su Nazione Indiana. A me piace. Il merito è soprattutto di Balestrini. Nelle mie ultime letture pubbliche è già diventato un piccolo must. All’inizio, e poi a scelta, mentre si legge/interpreta, bisogna sospendere la frase e chiedere al pubblico di ripetere sempre la stessa parola, in coro: Merda!
Le orfane del volto
Maria Giovanna è bella. Ha ventidue anni e una storia di lavori precari e improbabili. Miraggi di lavori. Miraggi di successo che l’hanno spinta da un piccolo paese della Sardegna alla grande metropoli del Nord. Questa è la sua storia.
traduzione di Annalisa Cosentino