IGIABA SCEGO Affile: una vergogna nazionale da “Roma negata” [ediesse 2014]

I ritorni di memoria, come li ha chiamati efficacemente Silvana Palma, hanno avuto la loro apoteosi nefasta nella costruzione ad Affile del mausoleo dedicato a Rodolfo Graziani, uno dei peggiori criminali di guerra che il mondo conosca. Graziani era nato a Filettino, ma molto conosciuto anche ad Affile, dove il padre era medico condotto. Ed è lì ad Affile che è sepolto. Morto, è bene ricordarlo, senza aver di fatto mai pagato per le sue colpe. Graziani fu l’uomo che fece uccidere i cantastorie, i poeti, i diaconi dopo l’attentato da lui subito ad Addis Abeba nel 1937. La sua crudeltà era nota. E poi come tutti gli italiani si macchiò della vigliaccheria estrema di usare gas vietati dalla Convenzione di Ginevra sulla popolazione etiope inerme. E a questo individuo, a questo criminale (meglio non risparmiare le parole in certi casi), la cittadina di Affile ha dedicato un sacrario militare. Il sindaco del luogo, Ercole Viri, ha dirottato fondi pubblici per far costruire quella immensa vergogna. I fondi erano stati originariamente stanziati dalla Giunta Polverini (in quel momento alla guida della Regione Lazio) per la ristrutturazione del parco di Radimonte. Non solo questo non avvenne, ma al posto del rifacimento del parco Affile e l’Italia intera si trovarono da un giorno all’altro con un monumento dedicato ad un gerarca fascista e criminale di guerra. Una vergogna nazionale insomma. Un po’ come se domani la Germania si svegliasse e dedicasse un monumento a Himmler o a Goebbles. Insomma un fatto praticamente inconcepibile.
Alcuni affilani (soprattutto i giovani del comitato antifascista di Affile) non se la sono sentita di piegare il capo e accettare l’inaccettabile. E si sono detti che era meglio combattere con onore che morire da vigliacchi. All’inizio la loro è stata una battaglia in solitudine contro il sindaco della cittadina, Ercole Viri. Ma poi da Roma, da fuori Roma, dal mondo molti hanno cominciato a riempire di amore questi (pochi) cittadini partigiani di Affile. Ci sono stati articoli, fiaccolate, mobilitazioni, interpellanze parlamentari, petizioni, appelli. Dal «New York Times» 1 al Manifesto» sono stati tanti i media che si sono occupati di questa cittadina della valle dell’Aniene. E anche la politica alla fine ha risposto. Dopo tante mobilitazioni (come la petizione che io stessa ho mandato avanti grazie a Change.org 2 – coordinandomi con Cécile Kyenge Kashetu, all’epoca non ancora ministro dell’Integrazione del Governo Letta, che intanto presentava un’interrogazione parlamentare) il neopresidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, ha deliberato lo stop al finanziamento di questo monumento che non faceva onore all’Italia.
Ricordo che in una delle manifestazioni incontrai Gianfranco Azzali, «il Micio», e Sonia Storti, della Lega di cultura 3. Erano venuti da Piadena per non mancare a questa manifestazione. «Anche a noi è successo un fatto simile» mi disse «il Micio», spiegandomi che il sindaco di Voltido, in provincia di Cremona, aveva tirato fuori un fascio littorio. «Abbiamo constatato con stupore che era stato posto al centro dell’entrata del Comune. Abbiamo protestato e ora stanno facendo le operazioni per ricoprirlo come già era stato fatto nel 1946». «Il pericolo è grande – ha ribadito Sonia Storti. – A Cremona c’è stato un raduno di forze antifasciste contro un incontro promosso da Casa Pound al Cafè Soirée sulla crisi economica. L’incontro è stato autorizzato dal Comune. L’intenzione di queste forze di estrema destra è chiaro: aprire sedi e insediarsi all’interno delle scuole per fare proselitismo». Sonia, me lo ricordo ancora bene, si morse per tutto il tempo il labbro. Lei sapeva che la violenza si maschera sempre dietro la strumentalizzazione di problemi sociali. È già successo nella storia… Matteo Lollobrigida, giovane portavoce del comitato antifascista 4, sa però che la storia si può cambiare con la partecipazione, con l’entusiasmo. Ha sempre tenuto a ribadire la volontà del comitato «di coinvolgere gli abitanti di Affile». Ma le cose, mi spiegava, non erano affatto facili: «Il clima di conflittualità che si è creato tra paesani dopo la costruzione del monumento a Graziani è una cosa che definirei inquietante. Ma proprio per questo vogliamo abituare gli abitanti al confronto, al dialogo». Quella prima manifestazione, organizzata dal comitato e dall’Anpi, fu caratterizzata dagli sguardi attoniti degli affilani. Facce spuntavano un po’ ovunque. Erano facce un po’ curiose, un po’ perse, un po’ ostili, un po’ perplesse. Facce che il comitato stava cercando di portare dalla sua parte. Sono tornata ad Affile anche il 25 Aprile, la festa della liberazione dal nazi-fascismo.
Ancora oggi, al ricordo di quella giornata, di quel 25 Aprile 2013, sento dei brividi attraversare tutto il mio corpo. C’era qualcosa che ancora non mi era totalmente chiaro in quella faccenda… BRRRR… perché tanto freddo? Certo era nuvoloso, ma la gente aveva abbandonato giacche e giacchette per godersi il tepore finalmente primaverile. Possibile che stesse venendo solo a me quella strana febbre? Poi ho capito. Era tutta colpa del mausoleo, di quel Graziani. La prima volta che sono stata ad Affile – vuoi per il tempo, vuoi per il disgusto – non ce l’avevo fatta a vedere quel sacrario (che il mio amico giornalista Daniele Barbieri aveva ribattezzato in un articolo schifezzario 5 ). Ma in quel 25 Aprile sapevo che avrei toccato con mano quell’orrore ed era quella consapevolezza di fatto a farmi sentire male.
Non sono andata da sola, per fortuna. Mi sono portata dietro una cara amica.
Quando le ho proposto la gita fuori porta ad Affile, Marta Bonafoni, neoconsigliera della Regione Lazio e amica di sempre, mi ha detto subito con entusiasmo: «Sì,andiamo». Entrambe infatti volevamo renderci conto di quale mostro avessimo fronteggiato in quei mesi convulsi di petizioni e appelli.
Camminando, siamo passate per un parco giochi pieno di bambini. Saltavano, urlavano, si divertivano da matti. Le mamme erano sulle panchine a chiacchierare dei loro piccoli grandi mondi. Ed è lì che ho pensato che il sindaco Ercole Viri, che ha voluto il monumento, è maestro elementare. Un pensiero, uno tra i tanti. Poi, a pochi metri, sul muro opposto, scritte oscene si contrapponevano a quell’infanzia gioiosa. Le croci celtiche dominavano il panorama e i caratteri cubitali delle scritte mettevano un po’ di angoscia. Su un muretto accanto ad un bar ho letto «squadra d’azione Alessandro Pavolini». Le gambe hanno cominciato a tremare. C’era davvero ancora chi scriveva queste cose?
Ho continuato a camminare e con le altre persone del gruppo, tra cui Marta, siamo saliti su una specie di collinetta. Il luogo era semplicemente splendido, da togliere il fiato. Intorno a noi ulivi e beatitudine. Qualche gallinella scorrazzava felice e le formiche operaie si davano veramente un gran da fare. Poteva essere il paradiso. Però poi si alzava lo sguardo e si aveva davanti l’inferno. Lassù, infatti, c’era il mausoleo a Graziani.
Già a distanza mi sembrava molto brutto. Avevo visto molte foto, ma vederlo dal vivo mi stava facendo capire che, oltre ad essere un insulto manifesto alla nostra Costituzione, era anche un’offesa al nostro senso artistico. Guardandolo ci si rendeva conto che quei 130 mila euro della Regione Lazio Giunta Polverini erano stati spesi doppiamente male, non solo per glorificare un fascista, ma anche per celebrare la bruttezza. Ah, quante cose si potevano fare con quei soldi! Magari delle cooperative per i giovani di Affile… invece l’egoismo di un sindaco e di una giunta ha prodotto quella oscenità artistica ed etica.
Poi improvvisamente un «fermatevi» da parte di una signora. È muscolosa, con mani grandi, abituate a faticare. È la proprietaria delle galline e di qualche albero di ulivo. La signora comincia a mettere in scena la sua rabbia. È infastidita da quel via vai di gente verso il monumento. Continuava a dire: «voi» (un «voi» che io ho interpretato come un vago «voi comunisti») siete fissati con il passato, dopotutto quel monumento non fa male a nessuno e in fondo «so’ stili», e poi insomma ’sto Graziani era un cristiano. Ad un certo punto entrano in scena i racconti di guerra, dei nonni, e inspiegabilmente anche Grillo, Bersani e gli aborti che lei chiama omicidi. È molto arrabbiata, molto confusa. Mescola tutto. Ed è a questo punto che un’altra affilana le va contro e le dice che quel monumento è una vergogna pubblica, una macchia per Affile e che Affile deve essere antifascista. Le due donne si prendono a male parole. Marta Bonafoni da buon politico ascolta, altre persone non capiscono e bollano la signora con le galline come una mentecatta. Io penso che quel litigio tra le due donne rappresenti l’Italia con le sue contraddizioni, con le sue divisioni, con la sua memoria frantumata da ricostruire. Marta e io concordiamo che qualsiasi cosa ne sarà in futuro del monumento prima si dovrà appianare il dissidio tra gli affilani. Si deve creare dialogo in questa cittadina, fare un lavoro culturale. L’idea di Wu Ming di colorare il monumento e dedicarlo al partigiano italo-somalo Giorgio Marincola è un’idea splendida, ma non può calare dall’alto, da noi che lì non abitiamo. Affile deve parlare a se stessa prima, deve discutere, e noi tutti con essa. Perché la tensione c’è ed è palpabile.
Nel delirio di quelle parole confuse cercavo comunque di raggiungere la mia meta: il monumento. Cercavo lentamente di avvicinarmi. Ed è lì che il disegno recondito del sindaco di trasformare Affile nella Predappio del Lazio mi è apparso in tutta la sua chiarezza. Lo spiazzo, infatti, era fatto apposta per ospitare delle commemorazioni. C’erano persino delle toilettes. È lì che ho cominciato a ridere come una matta. Il monumento con la scritta «Patria e onore a Graziani» e la struttura che ospitava i «cessi» erano di fatto identici. Edifici gemelli. Della serie: un cesso di monumento e un monumento di cesso. Eh sì, il fascismo ha avuto sempre poca fantasia. E poi era bene non dimenticarlo che quella era la zona di Fiorito, della corruzione più manifesta, della volgarità al potere. Gli errori di ieri si sovrapponevano a quelli di oggi e l’orrore era servito caldo. Nel mausoleo però non c’era traccia del busto di Graziani e i quadri a lui dedicati erano stati capovolti. Si era forse voluto far sparire le prove? Chissà…
Di fatto il sindaco della cittadina era (e rimane ancora) formalmente indagato per apologia di fascismo. Ma le tracce di quel fascismo sono rimaste nei dirupi in basso, vicini ma non troppo al monumento. Targhe ai «combattenti e coloni in A.O.I. al grande condottiero» o una inquietante «le nostra mura crollarono i nostri cuori no» firmato «linea gotica 1942-43». C’era persino una scritta in tedesco piuttosto nazisteggiante. E pensare che lì proprio per mano nazista era morto un povero pastore affilano di 25 anni, Alfredo Mariozzi, reo solo di voler far pascolare il suo gregge dove l’aveva sempre fatto. Questo l’ha spiegato Matteo Lollobrigida all’inizio della celebrazione del 25 Aprile. L’emozione in lui era grande, gli occhi lucidi, ma c’era nel suo sguardo la scintilla dei lottatori per le giuste cause. Lui, la meglio gioventù, ci credeva. Affile poteva essere salvata.
 

da Roma negata
di Igiaba Scego e Rino Bianchi
ediesse [maggio 2014]

 

Print Friendly, PDF & Email
NOTE
  1. Gaia Pianigiani (2012), Village’s Tribute Reignites a Debate About Italy’s Fascist Past, in «New York Times», 29/8/2012, http://www.nytimes.com/2012/08/29/world/europe/village-reignites-debate-over-italys-fascist-past.html?action=click&module=Search&region=searchResults&mabReward=relbias%3Ar&url=http%3A%2F%2Fquery.nytimes.com%2Fsearch%2Fsitesearch%2F%23%2Fvillage-reignitesdebate-over-italysfascist%2F.
  2. 2 La petizione è visibile al seguente indirizzo: http://www.change.org/it/petizioni/nicola-zingaretti-no-al-monumento-per-ricordare-un-criminale-di-guerra-fascista-stragista-del-colonialismo-25aprile.
  3. http://www.legadicultura.it/.
  4. Il comitato antifascista di Affile non ha ancora un sito internet, ma è possibile seguire le sue iniziative tramite la sua pagina Facebook: https://www.facebook.com/comitatoaffile.antifascista.
  5. Daniele Barbieri (2013), Un leone, le stragi, la censura e uno schifezzario, in http://danielebarbieri.wordpress.com/2013/01/04/un-leone-le-stragi-la-censura-e-uno-schifezzario/.

2 Commenti

I commenti a questo post sono chiusi

articoli correlati

“Vittime senza giustizia, almeno la memoria” di Anna Paola Moretti

di Orsola Puecher
Anna Paola Moretti, storica della memoria e della deportazione femminile, in questa nuova indagine ricostruisce con la consueta accuratezza, fra documenti, archivi e ricerca di testimonianze sul campo, la vicenda di due giovani donne martiri del nazifascismo nel pesarese...

Colfiorito

di Nadia Agustoni

Colfiorito
(qualcosa di bianco)
Sera a Colfiorito
nel garrire di rondini
in un’amnesia di cielo
e penombra
sull’ascia dei temporali
portammo radici di voci
e alveari.

V. Ė. Mejerchol’d UN BALLO IN MASCHERA

di Anna Tellini
«A noi, compagni, sia a me, che a Šostakovič, che a S. Ejzenštejn, è data la pie­na possibilità di continuare il nostro lavoro e solo nel lavoro correggere i nostri errori. (Applausi). Compagni, dite: dove, in quale altro paese dell’or­be terraqueo è possibile un simile fenomeno?» Queste parole precedono solo di poche ore la firma dell’ordine di arresto di Mejerchol’d.

Manuela Ormea IL BARONE RAMPANTE

di Manuela Ormea
Razionalità ed invenzione fantastica costituiscono il nucleo del romanzo. In quest’opera è richiesta la capacità di guardare la realtà contemporanea ponendosi ad una giusta distanza.

Ricominciamo dalle rose

di Nadia Agustoni
mastica duro il cane della ricchezza
le ossa bianche del paese
le nostre ossa
spolpate

in memoria – per Cristina Annino per dopo

di Nadia Agustoni
è un minuto l’universo sulla città dei vivi
ma cresce a ogni uomo la terra
l’osso si fa parola
non si abbassa la grandezza
della morte.
orsola puecher
orsola puecherhttps://www.nazioneindiana.com/author/orsola-puecher/
,\\' Nasce [ in un giorno di rose e bandiere ] Scrive. [ con molta calma ] Nulla ha maggior fascino dei documenti antichi sepolti per centinaia d’anni negli archivi. Nella corrispondenza epistolare, negli scritti vergati tanto tempo addietro, forse, sono le sole voci che da evi lontani possono tornare a farsi vive, a parlare, più di ogni altra cosa, più di ogni racconto. Perché ciò ch’era in loro, la sostanza segreta e cristallina dell’umano è anche e ancora profondamente sepolta in noi nell’oggi. E nulla più della verità agogna alla finzione dell’immaginazione, all’intuizione, che ne estragga frammenti di visioni. Il pensiero cammina a ritroso lungo le parole scritte nel momento in cui i fatti avvenivano, accendendosi di supposizioni, di scene probabilmente accadute. Le immagini traboccano di suggestioni sempre diverse, di particolari inquieti che accendono percorsi non lineari, come se nel passato ci fossero scordati sprazzi di futuro anteriore ancora da decodificare, ansiosi di essere narrati. Cosa avrà provato… che cosa avrà detto… avrà sofferto… pensato. Si affollano fatti ancora in cerca di un palcoscenico, di dialoghi, luoghi e personaggi che tornano in rilievo dalla carta muta, miracolosamente, per piccoli indizi e molliche di Pollicino nel bosco.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: