come faccio senza te (3/3)

di Giacomo Sartori

 

 

 

 

 

 

 

vedi com’è

com’è la vita

la vita vissuta

nel chiuso di muri

taggati di ricordi

(frasi impiccate

penzolanti nel vuoto

e sorrisi fossili)

ora son io che vado

vado via

via da me stesso

anche se

anche se

in queste cose

mai si sa

chi va

per restare

e chi resta

(essendo cacciato)

per far sloggiare

chi va per far restare

chi ama e chi detesta

chi ama e detesta

chi ama detestare

chi detesta amare

(gli intricati dettami

dell’amore!)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

nemmeno si deve

idealizzare

certi giorni

certi giorni

te ne stai alla larga

manco fossi furente

manco avessi da

da rimproverarmi

qualcosa

un tradimento

(un tradimento

a tradimento)

o cose simili

mi li

mi li

 

il problema è che

a strusciarti

sul cemento della corte

(senza miracoli!)

il tuo pelo lustro

si fa bianchiccio

ruvido di polvere

e scagliettine

un vero disastro

la vita è così

s’avvita alla materia

tutt’ha un prezzo

anche svoltolarsi

per gioco o amore

sulla gettata d’un

d’un condominio

ma a te

mica importa

mica mica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

tanti anni

in un trilocale

tanti baci

tante carezze

tanti sorrisi

quanti sorrisi

e melodrammi

urli urlati

sdilinquimenti

(guardando indietro

pare tutto bello)

adesso ogni oggetto

è archiviato

nei cartoni

nei cassonetti

nei cassonetti

del riciclo

clo clo

 

vedi come l’amore

come prende forma

da una prima volta

tu ti sei

ti sei svoltolata

sul cemento

(vallo a sapere

perché e

per come)

e ora

ora lo fai

ogni volta

lo fai e lo rifai

ogni santa volta

ormai è un rito

(parata d’amor

d’amor profano?)

lo vedi quanto

quanto mi piace

e pure a te

piace tanto

tanto tanto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

quel ch’era da

da incartare

è stato incartato

quel ch’era da

da tacere

è stato taciuto

quanti silenzi

quanti silenzi

(dove sono andati

andati i sorrisi

i sorrisi

tutti i sorrisi?)

quanti omissis

quanti musi

si si

mu mu

 

come faccio le sere

senza te

il problema

è quando fa buio

la luce muore
muore la luce

è uno strappo

da sempre

una pietra

sopra i bronchi

sempre sempre

svapora il senso

tutto diventa

peso di vivere

chi potrà

potrà consolarmi

se non ci sei

(meglio detto

se non ci son io)

conosci l’indole

la mia indole

saturnina

nina nina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

quanti quaderni

e quadernini

pieni di parole

(piene di parole

piene piene

di parole)

nei cassonetti

per sempre

e per sempre

senza lapide

e pieghevoli

programmi di teatri

libri miseri

libri supponenti

libri svaporati

vestiti stantii

(di ricordi dismessi)

spettri sbiaditi

biro ammutinate

obsolete monete

cavi d’alimentazione

zavorre di anni

anni e anni

azioni e intenzioni

quante intenzioni

quanti sorrisi

(sette cassonetti

gli spazzini

hanno deprecato

il peso eccessivo)

un po’ spiace

seppellire i reperti

dell’archeologia personale

ma mica si può

mica si può

inventariare tutto

esporre tutto

mancano scaffali

va fatta pulizia

anche negli affetti

(pazienza per l’amore)

 

il notaio ha chiesto

s’avallavo la vendita

(i mariti derelitti

hanno certi diritti)

con voce posata

ho dato l’accordo

mica potevo

raccontargli la rava

e la fava

vomitargli i detti

e i non detti

avevan tutti fretta

aborro piantar grane

e poi lei

m’avrebbe ucciso

(ancora il tema

il tema della

della doppia vita)

già s’era bisticciato

a sufficienza

non m’andava

riniziare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mica idealizzo

certe giornate

nel trilocale

eran punto gaie

punto punto

(veri inferni

certi inverni!)

però adesso

adesso però

questo vuoto

questo vuoto

chi lo colma

questo vuoto

chi lo calma

chi chi

 

mentre tu

mentre tu

chiudevi gli occhi

verdi verdi

seduta sul cemento

(trono felino?)

e poi li schiudevi

e li richiudevi

abbiam svuotato

svuotato l’appartamento

come si svuotano

le case dei morti

(uno stupore stemprava

l‘accorato voyeurismo:

quei morti

eravamo noi!)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

come farò senza te

nel bilocalino

senza ricordi

(restano qua

qua giacciono)

senza sorrisi

come risettare

la mia vitina

ci vorrebbero voglie

e idee chiare

ch’io mica ho

no no

 

che rimane

dei giorni

dei pensieri

del disordine dei cassetti

dei sorrisi

dei baci

che resta

resta dei baci

i baci di passione

i baci teneri

o riconciliativi

di tutti i baci

resta che

che che

 

io ti penserò

con la mia testa matta

e tu mi penserai

con la tua testa di gatta

tu con la tua vita

io con la mia vita

ognuno riempiendo

minuti lenti

come minuti

come meglio

come meglio

co co

me me

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(dimmi come

come si fa

a attaccarsi

tanto tanto

a un vivente

nero nero

verdi gli occhi

gli occhi verdi

infingardo e

e nemmeno umano

dimmi come

come si

come si)

Print Friendly, PDF & Email

articoli correlati

Euphorbia lactea

di Carlotta Centonze
L'odore vivo dei cespugli di mirto, della salvia selvatica, del legno d'ulivo bruciato e della terra ferrosa, mischiato a una nota onnipresente di affumicato e di zolfo che veniva dal vulcano, le solleticavano il naso e la irritavano come una falsa promessa. Non ci sarebbe stato spazio per i sensi in quella loro missione.

Un’agricoltura senza pesticidi ma non biologica?

di Giacomo Sartori
Le reali potenzialità di queste esperienze potranno essere valutate in base agli effettivi risultati. Si intravede però un’analogia con la rivoluzione verde, che ha permesso l’insediamento dell’agricoltura industriale nelle aree pianeggianti più fertili, e ha devastato gli ambienti collinari e/o poveri.

Pianure verticali, pianure orizzontali

di Giacomo Sartori
I viandanti assetati di bellezza avevano gli occhi freschi e curiosi, guardavano con deferenza i porticcioli e le chiese e le case, ma spesso anche le agavi e le querce e le rupi. Sapevano scovare il fascino anche dove chi ci abitava non lo sospettava, per esempio nell’architrave di castagno di una porta decrepita o nell’acciottolato di un carrugio.

RASOTERRA #2

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)
A Mommo gli orti e i campetti sono striminziti, in un secondo zampetti da una parte all’altra. E sono in pendenza, perché lì sul fianco della montagna non c’è niente che non pencoli in un senso o nell’altro, anche le case e le strade e i prati si aggrappano saldamente per non scivolare a valle.

RASOTERRA #1

di Elena Tognoli (disegni) e Giacomo Sartori (testi)
Gli umani sono esseri molto singolari, hanno la mania dell’ordine e della geometria. Adorano i campi perfettamente rettangolari, i solchi degli aratri paralleli come rotaie, l’erba rapata a zero, gli alberi tutti uguali, i frutti identici uno all’altro, le strade asfaltate senza l’ombra di una buchetta o d’un filo d’erba.

Non si può essere troppo seri

di Renzo Paris
Marati, con questo romanzo diventa il cantore della gioventù di Roma nord.
giacomo sartori
giacomo sartori
Sono agronomo, specializzato in scienza del suolo, e vivo a Parigi. Ho lavorato in vari paesi nell’ambito della cooperazione internazionale, e mi occupo da molti anni di suoli e paesaggi alpini, a cavallo tra ricerca e cartografie/inventari. Ho pubblicato alcune raccolte di racconti, tra le quali Autismi (Miraggi, 2018) e Altri animali (Exorma, 2019), la raccolta di poesie Mater amena (Arcipelago Itaca, 2019), e i romanzi Tritolo (il Saggiatore, 1999), Anatomia della battaglia (Sironi, 2005), Sacrificio (Pequod, 2008; Italic, 2013), Cielo nero (Gaffi, 2011), Rogo (CartaCanta, 2015), Sono Dio (NN, 2016), Baco (Exorma, 2019) e Fisica delle separazioni (Exorma, 2022). Alcuni miei romanzi e testi brevi sono tradotti in francese, inglese, tedesco e olandese. Di recente è uscito Coltivare la natura (Kellermann, 2023), una raccolta di scritti sui rapporti tra agricoltura e ambiente, con prefazione di Carlo Petrini.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: