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Il vento attraversa le nostre anime, di Lorenza Foschini

di Mauro Baldrati

Quanti siamo?
Difficile dirlo. Non è mai stato realizzato un censimento. E poi siamo sparsi per il mondo. Il “Piccolo Popolo” degli amanti di Proust è transnazionale, variegato, ma unito da un aspetto singolare: abbiamo letto tutto di lui, o quasi, compreso Contro Sainte Beuve. Fu redatto come un libro singolo, in realtà è collegato con l’opera collettiva, come tanti altri raggi di luce che hanno nutrito la fotosintesi della Recherche. Sappiamo come il nostro autore abbia contestato il “metodo Sainte Beuve”, ovvero il collegamento stretto tra l’opera e il suo creatore; il critico deve studiare le sue abitudini, i suoi gusti, le sue amicizie. Letto e condiviso, eppure, curiosamente, agiamo esattamente in senso contrario. Vogliamo sapere TUTTO di Marcel Proust.

Dove andava. Come parlava. Chi frequentava. Gli appartenenti al Piccolo Popolo sembrano affetti da una bulimia di dettagli e di storie che lo riguardano. Per cui Il vento attraversa le nostre anime, prima di aprirlo, potrebbe sembrare un regalo per questa fame chimica: la storia d’amore tra Marcel e il musicista Reynaldo Hahn.

In realtà il “metodo” non c’entra. Non vogliamo sapere cosa mangiava Proust per capire la Recherche. L’abbiamo già letta, ed è per quello che ci ha comunicato, per lo stupore, per l’ammirazione che abbiamo provato leggendo l’Opera immensa che vogliamo conoscere chi l’ha scritta. E il libro di Lorenza Foschini è un ulteriore capitolo che indaga sulla vera natura di Proust: il rapporto indissolubile tra l’opera e la vita del suo autore. Come Kafka, potrebbe affermare “Io sono letteratura”. Tutto il suo agire, il suo soffrire, il suo ossessionarsi, è finalizzato alla realizzazione, alla difesa e alla promozione dell’Opera. Lorenza Foschini, nel suo meticoloso cesello di citazioni, lettere, appunti mai apparsi in Italia, ma tradotti da lei stessa, entra nel merito della sua “ansia frenetica di mondanità” (pag. 62). Riporta una lettera di Reynaldo Hahn, che si stupisce per “l’inutile vita” di Marcel, che frequenta “i chiacchiericci” dei salotti (pag. 62).

Chiacchiericci. Vita Inutile. Gilles Deleuze l’ha chiamato “Il tempo sprecato”. Marcel sembra buttare via il suo tempo, la sua vita. Trascura gli studi. Cerca di farsi ammettere nei salotti del Faubourg più esclusivi. Roland Barthes l’ha rilevato: “Prima di rinchiudersi per scrivere la Ricerca egli ha avuto una vita mondana estenuante, come un vero professionista, un virtuoso della mondanità: un militante” (pag. 22)

Lorenza Foschini, che abbiamo già apprezzato come studiosa proustiana qui, lo segue, ci accompagna nelle sue peregrinazioni, con un effetto presenza straordinario, migliorato anche dall’uso del presente: da una matinèe nel tal salotto passa a un tè da Madame Lemaire, corre a una cena e poi a una prima teatrale, fino a notte fonda. Tutti i giorni.

Tutto è sopra le righe in Marcel. Come Grace di Terminator destino oscuro, è un essere umano potenziato. Porta avanti il suo ruolo di militante della mondanità con una tenacia che lascia stupefatti.

Perché sta lavorando. Sempre. Fin da ragazzo. Sta immagazzinando personaggi, dialoghi, colori, conflitti. Prepara l’enorme materiale che gli servirà per produrre l’Opera. Non ne è cosciente, non ancora, ma è un predatore. Un vampiro. L’amico pittore Jacques Emile Blanche sembra averne catturato la natura, in un famoso ritratto. Viso bianco come il marmo. Elegante e bello, come Lestat. Il vampiro gentile Marcel. L’Angelo della notte. E la sua preda è la vita.

Proprio nel suo periodo più attivo, nel 1894, nasce la storia d’amore con Reynaldo. La Foschini traccia i personaggi, gli ambienti: “La sera del 22 maggio 1894 Proust ha davanti a sé un ambrato, incantevole ragazzo di diciannove anni, occhi scuri e malinconici” (pag. 25). Il salotto è la serra fiorita della ricchissima, tirannica Madame Lemaire. Lei, “La vedova”, li accoglie, li coccola, li protegge. Nella Recherche sarà Madame Verdurin, uno dei personaggi più potenti di tutta l’Opera, insieme al tremendissimo Charlus, il cui modello, Montesquiou, troviamo in varie situazioni nel libro.

Reynaldo Hahn è un enfant prodige, un personaggio di gran moda nei salotti, dove è conteso, vezzeggiato. Marcel è un giovane scrittore ancora sconosciuto. E’ esuberante, ironico, come Reynaldo è tendenzialmente malinconico e pessimista. Si attraggono in maniera irresistibile. Nasce un amore clandestino, che durerà due anni, tra feste, vacanze, incontri segreti, sempre sotto l’ala di Madame Lemaire. “Ci sembra di vederli” scrive la Foschini, “instancabili, percorrere su e giù i boulevard a piedi o in fiacre per riparare dal freddo il fragile Marcel o per restare per qualche momento al riparo da sguardi indiscreti.”

La Francia non è l’Inghilterra, dove gli omosessuali rischiavano i lavori forzati (come Oscar Wilde), o addirittura la gogna (il terrore di Byron), dove era facile restare sfigurati a vita, per il lancio di oggetti, escrementi, avanzi di pesce. Ma il pregiudizio resta. L’omosessualità (pederastia, la chiamavano) è un’onta. Ma nei salotti aristocratici non vige il pregiudizio della piccola borghesia. Oppure è la consapevolezza di casta, per cui a loro, gli eletti, tutto è concesso? In ogni caso sono due fuggiaschi, eroi nomadi romantici e un po’ decadenti.

Lorenza Foschini li segue, attenta ai dettagli, alle lettere che si scrivono, nella prima fase, quella della scoperta e della conquista. Anche della felicità. Perché questa storia è forse l’unica, nella vita di Proust, a essere pienamente realizzata, nella lunga lista di rifiuti che collezionò. Ma la ricercatrice non si tira indietro quando la situazione inizia a deteriorarsi. Il carattere predatorio di Marcel, in un rapporto con inevitabili sfaccettature sado maso, finisce per rivolgersi alla malinconia di Raynaldo, deflagrando in una gelosia ossessiva, patologica. Vuole sapere tutto di lui, vuole continue confessioni, vuole vampirizzare anche il passato. Forse sa che sta per rovinare tutto. Oppure è nel destino, che Proust teorizza, per cui ogni amore è impossibile, perché il mistero dell’altro è insondabile, e a nulla valgono i nostri sforzi di possederlo. Ma non può farci nulla. E’ la sua natura.
Come lo è di Swann.

E qui sappiamo perché la storia di questa storia d’amore non è un semplice viaggio alla ricerca di reliquie di un autore idolatrato. Tutto è organico in Proust. Così l’avventura d’amore di Marcel e Reynaldo la ritroviamo, con impressionanti corrispondenze, in una sezione della Recherche, un libro nel libro: Un amore di Swann. La stessa esaltazione iniziale di Swann e Odette, la stessa felicità, la stessa invadenza di Madame Verdurin, e la stessa corruzione che avanza, la gelosia malata di Swann.

Lorenza Foschini collega eventi, messaggi, lettere, in un testo sciolto, sicuro di sé. E non si limita alla storia d’amore in sé, segue i due nel tempo, mentre diventano amici per la vita. Segue Proust nel successo, nella malattia, fino alla morte. Ricorda Maria Bellonci, quando, chiusa nelle biblioteche, intenta a esaminare antiche carte rinascimentali, socchiude gli occhi e viaggia con la macchina del tempo interna fin laggiù, tra le luci, i colori e gli odori del tempo perduto.

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Helena Janeczek è nata na Monaco di Baviera in una famiglia ebreo-polacca, vive in Italia da trentacinque anni. Dopo aver esordito con un libro di poesie edito da Suhrkamp, ha scelto l’italiano come lingua letteraria per opere di narrativa che spesso indagano il rapporto con la memoria storica del secolo passato. È autrice di Lezioni di tenebra (Mondadori, 1997, Guanda, 2011), Cibo (Mondadori, 2002), Le rondini di Montecassino (Guanda, 2010), che hanno vinto numerosi premi come il Premio Bagutta Opera Prima e il Premio Napoli. Co-organizza il festival letterario “SI-Scrittrici Insieme” a Somma Lombardo (VA). Il suo ultimo romanzo, La ragazza con la Leica (2017, Guanda) è stato finalista al Premio Campiello e ha vinto il Premio Bagutta e il Premio Strega 2018. Sin dalla nascita del blog, fa parte di Nazione Indiana.
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