di Flavia Piccinni
Non esistono interviste facili, ma quando la missione è intervistare una donna che ha quasi 100 personalità tutto si complica. C’era da aspettarselo, quindi, che intervistare Kim Noble sarebbe stata una vera e propria impresa, a partire dall’entourage che la circonda: un agente letterario (tale Robert Smith) che sembra affetto da amnesia cronica, una casa editrice (Little Brown) diffidente e instabile almeno quanto l’autrice che rappresenta. E poi c’è lei, Kim Noble, cinquant’anni, capelli biondi lunghi fino al seno, sguardo sperduto e aria da star che, quando provi a contattarla, la prima volta è disponibile, la seconda non si ricorda più chi sei, e la terza ti manda al diavolo. Poi torna gentile e affabile, anche se non si sa bene per quanto a lungo, e decide di raccontare della sua carriera d’artista, cominciata nel 2004, e di quella da scrittrice, appena intrapresa con l’uscita in Gran Bretagna del suo primo libro, All of me.











