di Franco Buffoni
E’ scomparso due giorni fa a New York Allen Mandelbaum, uno dei più grandi traduttori in lingua inglese del Novecento. Era nato ad Albany NY nel 1926.
A noi italiani raramente accade di pensare al mondo letterario mediterraneo – ebraico, greco, latino e italiano – come ad un’ideale globalità. Per Mandelbaum fu quanto di più naturale. Già giovanile traduttore di poeti italiani di lingua ebraica quali Refael da Faenza, Agnelo Dato, Immanuel Romano, i fratelli Frances, negli anni Cinquanta egli si volse con naturalezza all’apprendistato a Dante, a Virgilio, a Omero, a Ovidio. Da gloss a comment, da comment a interpret, da interpret a expound, da expound a translate.
Come da un’ideale cassaforte (Mandelbaum adorava Roberto Murolo) fuoriescono oggi gli impressionanti tomi della traduzione integrale dell’Eneide (con testo a fronte, California U.P., 1972), delle tre Cantiche della Commedia: l’Inferno nel 1980, il Purgatorio nell’82, il Paradiso nell’84 (dapprima presso California, poi con Bantam Books); e ancora l’Odissea integrale nel 1990, e nel ’93 Le Metamorfosi.
Per illustrare l’influenza che tali opere ebbero sul pubblico colto di lingua inglese, credo sia sufficiente ricordare la motivazione con cui venne conferito a Mandelbaum nel 1973 il National Book Award per la traduzione dell’Eneide: “Magistrale la prosodia di Mandelbaum al servizio di un verso inglese energico ed estremamente duttile, adatto al nostro tempo per l’implicita consapevolezza dell’impatto che Virgilio ebbe sulla storia della lingua e della poesia inglese”.










