compendio minimo della sproporzione:
tre esempi di enormità
I
call me ishmael
“gather’d in shoals immense, like floating islands”
che le balene volino non è certo un mistero. che somiglino ai dirigibili, nemmeno. il ventre imbottito di elio, le atmosfere, l’alluminio: in una balena tutto, davvero tutto fa pensare a un dirigibile. perciò le balene galleggiano sulle nostre teste – ma come gabbiani, portate dal vento, senza muovere un muscolo. planano dalla ionosfera fino al nostro cielo, così basso, e vengono per noi. e noi a vederle piangiamo a dirotto, perché ci sembrano la pace.
ma ciò che più ci intenerisce è la loro sbalorditiva somiglianza ai morti. e non mi riferisco solo alla coda, o alla pinne, ma a questa mania di spiaggiarsi, di finire il fiato. così, oggi, nessuno saprebbe distinguere il canto di una megattera da quello di un morto.
non è un caso, infatti, che gli antenati delle balene fossero mammiferi, e che venissero sulla terra per partorire. alcuni cuccioli scavarono tunnel fino al centro della terra, e col tempo divennero placche tettoniche. altri restarono sulle rive, ed ora sono scogli. noi stessi siamo i discendenti dei primi cetacei, sfuggiti al riflusso delle acque, alle cieche mosse delle testuggini avviate al mare. non siamo enormi, è vero, ma siamo stanchi, e la stanchezza è un esito dell’enormità.










