“Età. Parlatene il meno possibile, non confessate la vostra, non chiedetela agli altri”. Ecco cosa raccomandava Irene Brin, la più snob e internazionale fra le scrittrici e le giornaliste italiane, alle sue lettrici. Chissà cosa penserebbe dell’imminente festeggiamento per il centenario dalla sua nascita, ma ancor di più chissà cosa direbbe del Dizionario del successo e dell’insuccesso, operazione editoriale della palermitana Sellerio che ha pescato un po’ da I segreti del successo e un po’ da Il Galateo, entrambi pubblicati da Colombo Editore rispettivamente nel 1953 e 1954, per creare una sgradevole accozzaglia di lezioni di vita e di stile che al tempo Brin firmò con lo pseudonimo di Contessa Clara. Forse risponderebbe con quella pungente ironia tanto cara a Luigi Barzini Jr. che la volle a La Settimana Incom, o forse non farebbe niente perché, lei che del sarcasmo e della superiorità era diventata maestra, sapeva bene rispettare l’etichetta, controllando in pubblico i sentimenti e mostrando sempre un’algida moderazione.
FAI CONTARE IL TUO AMORE
di Enzo Cucco
Il prossimo censimento generale della popolazione che parte ad ottobre, sarà la prima vera occasione istituzionale per dare visibilità alle coppie conviventi in Italia.
Come sapete fino ad oggi per conoscere la realtà delle famiglie NON fondate sul matrimonio e programmare interventi (legislativi, sociali, culturali, ecc.) si poteva far ricorso solo a qualche stima, senza che le statistiche offerte fossero riconosciute come la fotografia attendibile di questa realtà. A differenza di quanto accade nel resto dell’Europa dove da molto tempo tutte le forme famigliari sono oggetto di studio e ricerca senza pregiudizio alcuno.
Oggi come nel passato la strada che porta al riconoscimento pieno dell’uguaglianza passa attraverso l’emersione di una realtà sommersa da una coltre spessa di autocensura e timore.
Berlusconi: chi di massa ferisce di massa perisce
di Giovanna Cosenza da DIS.AMB.IGUANDO
Ieri – l’abbiamo visto – i media puntavano su una intercettazione inutile come notizia (non c’era nulla di nuovo), ma utile a vendere di più.
Oggi invece, vivaddio, le prime pagine sono più interessanti: puntano sui numeri, sulla quantità.
Simon Reynolds: da Blissed out a Bring the noise a Retromania
Simon Reynolds sarà ospite alla quarta edizione del Festival “Arca Puccini”, a Pistoia il 17 e 18 settembre. Tutto il programma è consultabile qui .
di Simone Caputo
Simon Reynolds è uno dei critici musicali più noti e influenti nel mondo. Inglese, nato negli anni 60, come tanti giovani aspiranti giornalisti di un tempo inizia a scrivere per una fanzine, Monitor, per poi arrivare qualche anno più tardi alle pagine di una celebre rivista degli anni 80, Melody Maker. La sua scrittura intensa, ma sempre chiara e diretta, affronta, nel corso degli anni generi disparati, come dimostrano i libri così diversi tra loro, che pubblica a partire dagli anni 90. Due le caratteristiche comuni a tutti i testi: il continuo tentativo di tenere insieme racconto, analisi e sguardo sulla realtà, e l’ambizione a far emergere dalle parole sulla musica una sostanza teorica.
Notorietà del vuoto 2
8 spunti lucreziani
di Andrea Inglese
2.
At nunc per maria ac terras sublimaque caeli
multa modis multis varia ratione moveri
cernimus ante oculos, quae, si non esset inane,
non tam sollicito motu privata carerent
quam genita omnino nulla ratione fuissent,
undique materies quoniam stipata quiesset.
(I, 340-345)
Si vede, nel video, come se ne vanno,
come vengono, e partendo ritornano,
e poi lasciano, si ritrovano, convergono
in altri moti divaganti, sparpagliati
o compatti, sono masse fluenti, sono
flussi umani, ma senza salvifica
orbita, ognuno abbandona il posto
proprio per uno più in basso o in alto.
Lo spazio c’è, vuoto, per passare, le soglie
non fanno inciampo, neppure le frontiere
di mare tengono fermo l’ammarato
che sconfina, tutto gonfio d’acque,
a Porto Palo, e sotto l’onda, obliqui,
scorrono, oscuri, oltrefrontiera i neri
tra una terra e l’altra, le correnti portano
via ininterrotte, anche senza un porto,
una bara stagna, un buco di sepoltura.
“Cammina Cammina” in festa
Sabato 17 settembre 2011 ci sarà una grande festa delle tribù d’Italia per chiudere insieme l’esperienza di “Cammina cammina” là dove l’avventura ha avuto inizio, presso il cantiere della Cascina Cuccagna di Milano.
Come ha scritto Antonio Moresco:
“Sembrava una cosa impossibile, invece è successa: dal 20 maggio al 3 luglio più di 700 donne e uomini hanno camminato da Milano a Napoli per ricucire l’Italia coi loro passi. Così abbiamo pensato di fare una festa alla Cascina Cuccagna (da dove eravamo partiti) per il piacere di rivederci e di riabbracciarci. Ci ritroveremo dopo che ci siamo incontrati per la prima volta sotto il sole e la pioggia lungo strade e sentieri, che abbiamo dormito insieme nelle camerate di ostelli e conventi. Pranzeremo all’interno della Cascina e poi ci metteremo tutti insieme a fare nuovi progetti per il futuro, con quanti hanno condiviso la fatica e la gioia della nostra prima impresa e con quanti vorranno partecipare alla nuova impresa più impossibile ancora che abbiamo in mente per l’anno prossimo e che abbiamo chiamato Stella d’Italia”.
QUANDO LA SINISTRA E’ PARTE DEL PROBLEMA
di Sergio Lo Giudice
Massimo D’Alema, intervistato da Diego Bianchi (in arte Zoro) a un dibattito alla festa de l’Unità di Ostia, sui matrimoni fra persone dello stesso sesso ha dichiarato: “Sono favorevole al riconoscimento delle unioni omosessuali, ma il matrimonio, come è previsto dalla Costituzione, è l’unione tra persone di sesso diverso, finalizzata alla procreazione. Del resto, le organizzazioni serie di gay non hanno mai chiesto di potersi sposare in chiesa. Penso che il sentimento degli italiani che ritengono che il matrimonio sia un sacramento vada rispettato“.
Gentile (ma sempre meno caro) D’Alema,
è difficile per un politico di lungo corso come lei mettere insieme una simile serie di errori e castronerie una inanellata all’altra.
1. L’art.29 della nostra Costituzione non dice per nulla che il matrimonio debba essere tra persone di sesso diverso, né che debba essere finalizzato alla procreazione. Chi dice che la Costituzione impedisce al Parlamento italiano di legiferare sul matrimonio gay, dice una falsità smentita dalla sentenza della Corte Costituzionale 138 del 2010 e da tanti autorevoli costituzionalisti, a partire da Stefano Rodotà.
Epos e new epic – Is there an epic in those texts?
ovvero
Il senso dell’ovvio: come mai Omero non è Wu Ming.
di Daniele Ventre
“Il realismo è la ricerca di una rappresentazione per quanto possibile “oggettiva” del mondo, vicina al (tangibile, materialissimo) “compromesso percettivo” chiamato “realtà”; presuppone quindi un lavoro sulla denotazione, sui significati principali e condivisi. Quando descrivo una scena di miseria avvilente, e cerco di trasmettere con precisione tale avvilimento, sto gettando un ponte verso il lettore, mi rivolgo a quella parte di lui – quella parte di noi tutti – che trova avvilente la miseria. L’epica è invece legata alla connotazione: è il risultato di un lavoro sul tono, sui sensi figurati, sugli attributi affettivi delle parole, sul vasto e multiforme riverberare dei significati, tutti i significati del racconto. Al lettore sto gettando un altro ponte, qui mi rivolgo al suo desiderio, desiderio di spazio, di scarti e differenze, di scontro, sorpresa, avventura”.
Così suona l’ormai famosissima distinzione fra realismo ed epica, instaurata da Wu Ming 1 (alias Roberto Bui) nel suo New Italian Epic: una distinzione non certo rigida, per due ovvie ragioni addotte da Wu Ming stesso, visto che esiste, nel cinema come nella letteratura, un realismo epico, e visto che la spontanea tendenza (neurologicamente radicata) del linguaggio umano a essere metafora e connessione archetipica rende di fatto impossibile, in principio -e forse, almeno in certi casi, di principio-, la denotazione pura, come si evince dalle analisi condotte da Furio Jesi sul meccanismo mitopoietico (1) -e se dovessimo portare all’estremo le conseguenze del ragionamento, se ne dovrebbe inferire, con Goodman più che con Derrida (2), che la realtà non è tanto un compromesso percettivo, quanto piuttosto la sommatoria di costruzioni nominal-metaforiche “opportune”, cioè operativamente funzionali o in qualche modo “trincerate” nel sistema di un sentire comune primario, di specie (3).
ADIEU, VENISE
Visitare il Padiglione Italia della 54a Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia organizzato da Vittorio Sgarbi è un’esperienza abissale, nel senso che ci conduce nell’abisso della situazione intellettuale e artistica contemporanea, di cui l’Italia è un’avanguardia ormai riconosciuta in tutto il mondo.
L’idea di Vittorio Sgarbi è stata quella di invitare più di 250 uomini e donne di cultura a scegliere un’opera di un artista italiano vivente e poi di riunire, o meglio, di ammassare in un unico spazio, le Corderie dell’Arsenale, tutte le opere, intitolando l’esposizione L’arte non è cosa nostra.
Credo che, se stiamo al titolo e alla disposizione della mostra, i due intenti maggiori del curatore siano stati in primo luogo affermare che l’arte non è qualcosa che appartiene alla mafia dei critici d’arte, dei galleristi e dei collezionisti, ma a tutti gli uomini e donne di buona cultura e di buona volontà, e, in secondo luogo, che le opere d’arte, private di un giudizio critico in grado di definire una qualsiasi gerarchia di valori, possono essere collocate alla rinfusa, come qualsiasi altra merce, in un deposito.
Le polveri
di Helena Janeczek
Cosa ci fa una pubblicità in polacco nella metropolitana newyorchese? Non ho pazienza per decifrare il testo che accompagna la foto di un uomo con la faccia da operaio, però scorrendo sopra le teste dei viaggiatori, l’occhio trova un cartello in spagnolo e infine una donna di colore con scritta in inglese.
Notorietà del vuoto 1
8 spunti su Lucrezio
di Andrea Inglese
1.
Nec tamen undique corporea stipata tenentur
omnia natura; namque est in rebus inane.
(I, 329-330)
Nella cosa c’è il vuoto, il difetto, lo strappo.
C’è il tappo, lo scolo, il beccuccio, il forato.
C’è la porta, la finestra, l’uscita e l’entrata.
C’è il vano, la fessura, l’oblò, il cassetto.
C’è il buco del cesso, la crepa murale,
la falla nel sistema nervoso centrale.
C’è il baco di Palo Alto
nella rete telematica mondiale.
C’è quella cosa che fa male
anche nel bunker della merce:
la feritoia fatale, carnale,
una bocca da riempire
di voce da sputare.
Non basta stipare la stiva
di spesa, qualcosa, nell’angolo,
rimane da colmare,
qualcosa dentro
la maglia stretta dei tessuti
che sempre se ne scappa. Si comincia
a morire.
Nuovi autismi 4 – Un posto fisso
di Giacomo Sartori
Quello che mi piacerebbe sarebbe un lavoro che finisce alle cinque. Uno si dà da fare tutta la mattina, a mezzogiorno fa la pausa pranzo, e poi tra una cosa e l’altra vengono subito le diciassette, e ha finito di sgobbare. Uscendo dalla sede lavorativa inspirerei profondamente. Guarderei le case e mi direi: questa è la città dove abito, la città dove lavoro. Questa è la mia città, mi direi, ben sapendo che sono io che appartengo alla città, non la città che appartiene a me: in genere le città vivono più a lungo delle persone. Ma si dice così, e allora mi conformerei. L’etimologia del sostantivo lavoro è spudoratamente aristocratica, però io avrei il sentimento di aver devoluto il dovuto alla società, di aver contribuito con la mia dose quotidiana di costruttiva operosità. L’inverno sarebbe già buio, ma l’estate ci sarebbero ancora diverse ore di luce. Del resto anche l’illuminazione artificiale delle serate invernali ha il suo fascino. Le persone avvolgono i loro misteri sotto i cappotti, diventano ancora più attrattive, e i locali pubblici acquistano un’aurea di accogliente rifugio a cui è arduo resistere.
“Alfabeta2” n° 12 in edicola e libreria
Una primavera in autunno
Sulla copertina del numero 12 di «alfabeta2» campeggia un titolo: Primavera dell’anno Uno. E se pare bizzarro parlare di primavera quando cadono le foglie, basta pensare a quanto è successo negli ultimi mesi per cambiare idea: l’occupazione del Teatro Valle e la riappropriazione dell’ex Cinema Palazzo a Roma, il nuovo impegno del movimento TQ, la ripresa delle lotte in Val di Susa… Vicende diverse, tutte però nel segno di un’azione (finalmente) collettiva – un’azione che «alfabeta2» accompagna, pubblicando tra l’altro il documento dei lavoratori cognitivi del Valle e i manifesti di TQ con interventi di Giorgio Vasta, Vincenzo Ostuni e Sara Ventroni, oltre a un’intervista a Nichi Vendola sul ruolo della cultura nella politica d’oggi.
Ma settembre è anche il mese in cui riprende la scuola, e di nuovo «alfabeta2» gioca sulla provocazione: La scuola è finita, titoliamo infatti, tranne indicare, nei contributi al focus (due interviste, una di Christian Raimo a Tullio De Mauro e una di Alberto Ghidini a David Cayley, accanto ad articoli di Giuseppe Caliceti, Giorgio Mascitelli, Vinicio Ongini) che a essere finita è la scuola asfittica e mercantile cui siamo abituati da anni. Alla luce dei recenti crolli borsistici il secondo focus, Per un’altra economia, un dossier molto critico nei confronti delle teorie economiche dominanti, che comprende contributi di Giorgio Lunghini e di Stefano Lucarelli e un’intervista a Cristina Tajani.
In una stanza sconosciuta
Damon Galgut, In una stanza sconosciuta, edizioni e/o, trad. Claudia Valeria Letizia
La letteratura si fa in molti modi, non necessariamente con i romanzi. Epistolari, poesie, invettive, teatro. Tutto ciò che è scritto può essere letteratura, è solo la qualità della scrittura che fa la differenza. Damon Galgut è uno scrittore di ottima fattura, non so dirvi se In una stanza sconosciuta sia un romanzo, un reportage, un mémoire. In teoria è un libro di viaggi. Tre, per la precisione, fra Africa, Europa, India. Ma non aspettatevi una guida turistica.
(tagli)
di Viola Amarelli
bozza 1
Un coltello, da roast-beef. Da decenni taglia affilato. Per caso è della marca migliore, la lega di acciaio all’epoca anche lei la migliore. Roba svizzera. La precisione: i tagliagole a mercede hanno bisogno di lame affilate. È – sono – ancora lucido. Imperturbabile, inscalfibile, pare. Il padrone di casa, che non capisce niente di coltelli, continua a usarlo. Ogni tanto adesso – che proprio ora è invecchiato – si chiede chi durerà di più. Se lui o il coltello. Il coltello non ha dubbi. In teoria, stocasticamente, sarà qualcun altro a usarlo.
L’intuizione del propizio: mostra e reading
di Biagio Cepollaro
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Mostra e Reading all’Officina Coviello.
14 settembre 2011
0re 18.30, via Tadino 20, Milano
ho voluto – o anche: questa vita
di me ha voluto così ora che si raccoglie
che mi sembra di non aver più nulla
da fare e non può essere vero: il freddo
è ancora là, uguale, della stessa
misura degli anni trascorsi al caldo.
è ancora là che fa segni dalla finestra
con l’umidità col giallo dei lampioni
con la minaccia di entrare dentro
in ogni momento perché ogni momento
è buono per essere cattivo.
Avendo scritto poesie per trent’anni ho considerato le parole soprattutto come delle sonde per l’esplorazione del senso. Il suono, l’immagine che nella mente scorre, la disposizione grafica sulla pagina: il gioco della poesia si svolge nel continuo rimando tra immagine, suono e senso.
A Tunisi s’aprono i fiori notturni
La storia di un uccello tunisino
di
Medhi Hamili
traduzione di Francesca Bellino e Ahmed Hafiene
Stavamo sognando
la notte in mezzo alla giornata
la mia mano si chinò verso la tua
cercando una passione che ci portò
lontano dalla tempesta
e ci fece atterrare su una montagna verde
noi uccelli impauriti
ci sentivamo soli
ci interrogavamo
e rispondevamo con silenzio
i nostri occhi stavano raccontando storie
e una lacrima che andava
e un’altra che arrivava
E ora
dopo quante estati
che ho sprecato ai lavori forzati
lontano da te
dopo quanti autunni
con le sue foglie morte
la mia anima vagava
un muro sbatteva e un muro accoglieva
e tornavo a scrivere con il mio sangue
il tuo nome che mi fa scordare le pene
Sento che muoio per te
London, 27/11/1894 [ dell’insouciance & alia ]
Malìa [Londra – 1887]
di Francesco Paolo Tosti [1846 – 1916]
parole di Rocco Emanuele Pagliara [1856 – 1914]
e l’inimitabile ironico Alfred Kraus dal vivo
di Orsola Puecher
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London 29/11 94 |

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Londra 1/12 94
Hotel Previtali |
E ci si può immaginare l’aff. Ginio in giro nella Londra dell’epoca, affrettarsi ai suoi impegni per le streets così vivaci nel loro flusso caotico ma armonioso di mezzi di trasporto animali e meccanici: carozze, carrozzini, fantastici tram a cavalli a due piani sponsorizzatissimi dai primi cartelloni pubblicitari, dove al piano superiore le signore aprivano i parasole, inclusi battelli a vapore sul Tamigi e rare automobili.
Il bisnonno, che la bisnonna Giovanna con tenerezza chiama Nanna, rivelando un ignoto e prezioso spaccato di lessico famigliare, era stato mandato dalla ditta in missione a Londra per affari delicati, che, da lontani racconti ormai, ahimé, non più verificabili, pare fossero inerenti all’acquisto del brevetto inglese per la pastorizzazione del latte, ancora ignota in Italia, per future Centrali del Latte. Il problema del impure milk, il latte infetto, era all’epoca causa di diverse epidemie e morti infantili.Lascia davvero stupiti la precisa e lungimirante consapevolezza del giovane Ginio di quanto l’Italia fosse indietro dal punto di vista del sistema statale ed economico, per la burocrazia delle procedure e per il malcostume delle mazzette e tangenti varie, che ci affligge tutt’ora, sulla qual cosa aveva anche una certa sconsolata e confermata certezza: Cara mia in Italia si ha talmente tanto da imparare nel modo di fare affari che non so prevedere quando e come ci arriveremo.
Molti italiani, del resto, trovarono fortuna nell’Inghilterra dell’epoca, in una fuga di cervelli che ancora continua. Il Premio Nobel per la Fisica Guglielmo Marconi quando si rivolse al ministero delle Poste e Telegrafi Italiano, al tempo guidato dall’on. Pietro Lacava, illustrando la sua rivoluzionaria invenzione del telegrafo senza fili e chiedendo finanziamenti, non ottenne alcuna risposta, anzi la sua lettera venne bollata dal ministro con la scritta alla Longara, intendendo il manicomio, che allora a Roma era ubicato in via della Lungara. Trasferitosi a Londra invece ottenne senza ostacoli il brevetto e la possibilità di sfruttare e diffondere la sua invenzione.
Il napoletano Francesco Paolo Tosti famoso musicista pop dell’epoca, interprete elettivo di palpiti dannunziani e oscure morbosità pascoliane, le cui romanze e fogli d’album venivano massacrate nei salotti dalle signorine di buona famiglia e cantate a squarciagola nei mercati rionali, nel 1870 si trasferì a Londra dove, grazie a Lord Mayor e all’appoggio del celebre violoncellista Gaetano Braga, suo conterraneo, nel 1880 entrò alla corte della regina Vittoria come maestro di canto. Edoardo VII nel 1908 gli conferì persino il titolo di baronetto.
Tornando al bisnonno si nota che la preoccupazione per il borsellino vuoto di sterline è costante. Anche perché la carissima Nanna come regalo dal viaggio non si accontentava di un semplice monile o un di pizzo o di un souvenir qualsiasi, ma aveva fatto la commissione di un letto di ferro e ottone con i pomoli e le volute. Che sarebbe stato acquistato, nel caso le finanze residue lo avessero permesso, ai famosi magazzini Maple.

I cataloghi dei grandi magazzini di allora, dai Sears americani ai famosi Maple londinesi, sono fra le testimonianze più affascinanti dell’esposizione seriale di tutte quelle bellissime buone cose di pessimo gusto che affollavano i salotti di Nonna Speranza delle case borghesi dell’epoca. Legioni di pendole dall’aspetto antropomorfo, file di sedie a braccia aperte, scrivanie materne, paralumi vezzosi, languide dormeuse e chincaglieria per tutti i gusti. Ma come e se mai avvenne l’acquisto e il trasporto del famoso letto da London a Milano non si tramanda: se come ingombrante bagaglio appresso, passando la Manica e mezza Europa, o se spedito. Il suo viaggio sarebbe stato di sicuro un avvenimento, con tutto l’almanaccare della famiglia… ma quando arriva il letto… e il letto?… arriverà? e poi l’arrivo e il successivo montaggio e collaudo amoroso.

Lo si può immaginare questo talamo vagante, un letto si aggira per l’Europa, come un altro famoso letto d’ottone, quello del film inglese ⇨ The Knack …and How to Get It sulla swinging London degli anni ’60. Altra estinta insouciance.
Ginio, uomo d’affari dall’animo poetico, che di Londra trovava bella e graziosa anche la nebbia novembrina, come si evince dalla carta intestata delle lettere, abitava all’albergo Previtali, in Arundell Street, ora sparito, ma non certo lussuoso. Di questa Arundell Street c’è una fortunata e gustosa descrizione da parte de “la pulce ammaestrata della letteratura inglese“, quel Pelham Grenville Wodehouse, cantore e critico ferocemente leggero degli albionici difetti borghesi.
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Da SOMETHING NEW |
Da QUALCOSA DI NUOVO |
NOTE
Perversa anzi banale, una storia più vera del vero
di Isabella Mattazzi
Autore di una ventina di romanzi, vincitore di una manciata di premi, Régis Jauffret può essere considerato a tutti gli effetti uno scrittore di culto al di là delle Alpi. I suoi romanzi, pressoché sconosciuti in Italia, frequentano da tempo le vette più alte delle classifiche di vendita francesi. Non da ultimo Sévère, libro scandalo che nel 2010 ha dato a Jauffret una grossa mano in fatto di popolarità. Racconto della relazione sadomaso tra un facoltoso banchiere e la sua escort, Sévère ha avuto per mesi gli onori dei giornali per la richiesta, da parte di una famiglia alto-borghese ben nota al gossip francese, di ritirarlo dal commercio e di distruggerne tutte le copie. La storia infatti è vera, o meglio Jauffret si è ispirato per il suo romanzo a un fatto di cronaca realmente accaduto nel 2005: l’uccisione del finanziere Édouard Stern da parte della sua amante che per questioni di soldi ha pensato bene di ammazzarlo chiuso in una tuta di latex rosa. Da qui, la decisione della famiglia Stern di difendere la memoria del defunto con ogni mezzo legale a sua disposizione. Da qui, la prevedibile alzata di scudi dell’intellighenzia radical-chic francese (con manifestazioni, happening e petizioni firmate dai soliti Michel Houellebecq, Philippe Djian , Philippe Sollers , Bernard-Henri Lévy …)in difesa della libertà di scrittura e dell’assoluta sovranità dell’autore di fronte al proprio testo.
carta st[r]amp[al]ata n.42
I grandi uomini si riconoscono per la visione storica, la capacità di elevarsi al di sopra delle contingenze del momento, di guardare oltre le piccolezze della vita quotidiana. Giulio Tremonti, per esempio, è andato a Rimini al meeting di Comunione e Liberazione senza preoccuparsi di quisquilie come la Borsa di Milano dove ormai gli operatori più solidi sono le donne delle pulizie a stipendio fisso: “Waterloo fu vittoria o sconfitta?” si è chiesto il ministro mentre i pragmatici ciellini, preoccupati per i loro danè, lo guardavano straniti. E il ministro si è anche risposto da solo: “Fu una vittoria per l’Inghilterra e per l’Atlantico ma fu una sconfitta per l’Europa”.
Belin!, come direbbero a Genova: l’unità europea avrebbe bisogno di un Napoleone che tenga lontani gli odiati banchieri inglesi e noi che non ci avevamo pensato. Al posto dell’inetto presidente della Commissione UE José Barroso, che è portoghese, quindi praticamente brasiliano, ci vorrebbe un leader autentico, magari un po’ italiano e un po’ francese, come Bonaparte che era nato in Corsica. Forse Tremonti pensava a se stesso, essendo anch’egli uomo di frontiera (Sondrio) benché più italo-svizzero che italo-francese. O forse a Rimini si sentiva una reincarnazione di Mario Appelius, con il suo radiofonico “Dio stramaledica gli Inglesi!” del 1940-42.











