Su “Elisabeth”
cHI Va là
[Dal 17 al 20 liglio si terrà a Roma la 6° Conferenza Mondiale sull’Aids. Maria Angela Spitella ha intervistato per Nazione Indiana Stefano Vella, coordinatore del gruppo di ricerca su HIV, epatiti e salute globale all’Istituto Superiore di Sanità, e Direttore del dipartimento del farmaco. E ha raccolto le storie di Marco e Alessandra. Perché il silenzio per l’Aids non è una cura]
di Maria Angela Spitella
La prima volta che ho sentito parlare di Aids avevo quindici anni, lo ricordo ancora come uno schiaffo. Il cuore che si ferma e la paura che si impadronisce di me. Ero al mare, sul Corriere della sera ho letto di questa malattia, ho visto la foto di un malato magro da far paura, con il viso scavato e sofferente. Di morti e di malati non ne avevo visti, ma davanti a quell’articolo mi sono ritrovata a pensare che forse sarebbe potuto accadere anche a me. Ero giovane, ma avevo già avuto i primi rapporti sessuali, e come si leggeva, la malattia si trasmetteva proprio per via sessuale.
Su “Hotel a zero stelle” di Tommaso Pincio
La prima cosa che ti viene da pensare quando ti approcci a Hotel a zero stelle è che sia narrativa di viaggio – dice del resto il sottotitolo: “Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora”. Quando poi lo sfogli e sbirci qualche riga qua e là, valuti che possa essere un saggio: noti infatti che parla di scrittori, e in modo piuttosto analitico, tanto che ogni capitolo è introdotto da un piccolo ritratto dell’autore a cui è dedicato (nell’ordine: Parise, Greene, Kerouac, Fitzgerald, Simenon, Wallace, Dick, Landolfi, Melville, Pasolini, Marquez e Orwell, con Burroughs e Kafka “bonus”). In realtà si tratta di qualcos’altro ancora: Hotel a zero stelle è un romanzo, che parla di un tizio che diventa uno scrittore. E lo diventa scoprendo, studiando, affiancando i grandi: facendoci amicizia.
FINE VITA E VOTO CATTOLICO
di Dario Accolla
Mi stupisce sempre constatare la doppia morale dei nostri parlamentari. Siamo di fronte all’allarme rosso: la disoccupazione galoppante, il potere d’acquisto degli italiani sempre più alle corde, la situazione finanziaria pronta ad esplodere, la scarsa credibilità etica di un governo più presente nelle aule dei tribunali che nei consessi internazionali. Eccetera.
Di fronte a tutto questo i nostri rappresentanti trovano il tempo per dedicarsi a leggi ulteriormente liberticide – sulla scia della legge 40 – come quella appena approvata sul (mancato) trattamento di fine vita.
Adesso che tutto brucia e rischia di essere ridotto in cenere, e sto parlando del mondo occidentale così come lo conosciamo, il tandem Binetti-Gasparri, con la complicità di tutto il centro-destra e col finto scandalo dei cattolici del partito democratico, trova il tempo di creare una legge che vieta, di fatto, il testamento biologico.
20 luglio 2001
di Erri De Luca
[Dieci anni fa Genova. Uno spartiacque. Quest’anno molti scrittori hanno voluto ricordare quei giorni, e Carlo Giuliani che è diventato il “ragazzo” fratello di tutti noi, contribuendo a un libro, Per sempre ragazzo, edito da Tropea. Pubblico la poesia di Erri De Luca. mr]
*
13 movimenti rapidi
premi qui, fai luce,
non la prima che fu
luce appena che fu detta
e giorno e tenebra la notte
e che finisca il buio
sul perimetro dei muri
e ti sia dato tempo un giorno
in parti marginali della stanza
distingui firmamenti e terre,
il sopra e il sotto i cieli,
separa dai soffitti i pavimenti,
un solo lembo unito
l’altro lato dello spazio
Tutti arancioni per mandare a casa questo governo

Un nastrino arancione per far sapere che «non condividiamo la politica del governo», e che «desideriamo che Berlusconi rimetta il mandato nelle mani del capo dello stato». L’iniziativa è stata lanciata da 100 cittadini italiani su proposta di Daria Colombo e Roberto Vecchioni. Sarebbe bello nei prossimi giorni vedere qualsiasi luogo reale o virtuale colorarsi di arancione (tutte le città d’Italia, i siti internet, i profili di facebook…) Almeno si potrà constatare quanto sia diffuso il dissenso in questo paese.
Evelina Santangelo
CATTOLICI
di Dario Accolla
Quello che pochi sanno è che quando nacque il primo Partito Popolare, ad opera di don Luigi Sturzo, si voleva fondare non tanto un partito cattolico bensì di cattolici, indipendente dalla chiesa e aconfessionale (come si legge in F. Catalano, Storia dei partiti politici italiani, Eri, Torino, 1965, pp. 307-308). Un soggetto con un programma chiaro su lavoro, nel nome dell’armonizzazione sociale tra industria e lavoro retribuito, tra lavoro in fabbrica e lavoro in campagna, tra esigenze sociali collettive e rispetto della proprietà privata. Come diremmo oggi, un partito riformista, lontano dal concetto di lotta di classe: un partito di massa.
Sempre in pochi sanno che, una volta andato in parlamento – e siamo agli inizi degli anni ’20 – quel partito vide paralizzata la sua azione politica tra chi intendeva l’azione del partito in senso clericale e conservatore e chi, invece, voleva portare un rinnovamento in una società in profonda trasformazione, che da pochi anni aveva aperto i seggi elettorali, e la democrazia, al suffragio universale maschile e alle classi operaie che si volevano sottrarre all’altro astro nascente della politica italiana, il Partito Socialista.
Tradurre Omero – Il ritmo del racconto.
[Nove mesi fa è stata pubblicata una nuova traduzione dell’Iliade. Nessun giornale, nessuna rivista, che io sappia, ha finora reso conto di questa impresa. La sua importanza storica è stata però riconosciuta da Franco Buffoni, che ha assegnato all’opera, in qualità di presidente della giuria, il Premio Marazza. Nel saggio che segue Daniele Ventre lascia aperto il suo laboratorio. DP]
di Daniele Ventre
Cuore, cuore – ti sconvolgono pene intollerabili –
sorgi, opponiti ai nemici, mostra il petto e affrontali,
preparandoti allo scontro, tu nei ranghi sèrrati
saldo. Hai vinto? Non mostrare gioia troppo esplicita.
Sèi sconfitto? Non gettarti dentro casa a gemere:
delle gioie sii felice, delle pene affliggiti,
ma non troppo: intendi quale ritmo regge gli uomini.[1]
Quale ampiezza di senso abbia il rhythmòs nell’arcaismo greco emerge con grande immediatezza da questo famoso frammento di Archiloco. Quello a cui il poeta di Paro allude è ovviamente il ritmo delle vicende umane fra felicità e angosce, fra vittorie personali e sconfitte: un ritmo da gestire nella misura del “non troppo”, secondo il canone apollineo della sapienza delfica. Nel sistema di simboli che costituisce il mito, questo ritmo era in potere delle tre Moire. Platone, che non ha mai pienamente inventato i suoi miti, ma li ha piuttosto adattati al contesto opportuno a partire dalle tradizioni arcaiche[2], le immagina sedute sulle ginocchia della Necessità loro madre, intente a far rotare il fuso dell’universo, tessendo e insieme cantando il presente, il passato e il futuro degli uomini “secondo l’armonia delle Sirene” (Respubl. 617c). Questo tessere-cantare il ritmo e la trama dei destini appaia le Moire alle Muse[3], tre secondo la tradizione più arcaica, testimoniata da Pausania (1, 2, 5; 9, 29, 2) – oltre che alle Sirene, che delle Muse sono “parodia” negativa[4].
SATANISMO SUL WEB
di Franco Buffoni
Leggo su Repubblica di ieri, che il diavolo dilaga via Internet. Definito “un fenomeno sempre più in voga, quello dei gruppi e delle discussioni via Internet su tematiche a sfondo diabolico”, sta prendendo sempre più piede tra i giovanissimi.
“In effetti – spiega don Gabriele Nanni, sacerdote che ha praticato esorcismi per molti anni e in varie parti del mondo – fino a non molto tempo fa questo era un fenomeno di nicchia. Con l’avvento di Internet e soprattutto dei social network, il fenomeno si è diffuso tra gli adolescenti e ormai il diavolo viene evocato anche attraverso il web”.
Chi sono, mi domando, questi adolescenti italiani? Non sono forse stati educati con l’ora di catechismo di stato dalla prima elementare alla terza media, e magari anche con un supplemento annuale di due ore settimanali di “dottrina”, a dieci anni di età, in preparazione alla cresima e alla prima comunione? Ore durante le quali è stato loro insegnato che:
– si può nascere da una vergine
– si può essere figli di un dio
– si può risorgere dopo la morte
arrabalesques
… desperados!…
di
(traduzione di Francesco Forlani)
Desperados masqués
Desperados marqués
Desperados moqués
Desperados Mickeys
Desperados moquette
Desperados Marquis
Desperados Marcos
Desperados aux couleurs d’autre monde
***
Zone grigie
di DaniMat
Goffredo Fofi, Zone grigie, Donzelli Editore, pagine 224
Conosco Goffredo Fofi da non pochi anni.
Del resto chi non lo conosce e non sa la sua mitezza ferma, la sua voce salda nel raccontare quel tempo unico che è la nostra storia attuale? Chi non segue il suo diario critico delle vicende italiane fondamentali nella politica e nella cultura? Bene, ho sempre provato una minima soggezione verso di lui, potrei dire come riflesso della sua integrità intellettuale che è tutt’uno con la sua integrità di persona, ma la verità è che mi sono sempre posta verso di lui come verso un maestro, con atteggiamento a dir poco naturale.
AAA cercasi edizioni per un’espressione idiomatica
di
Arianna Pavone
Con coraggio si combattono tutte le battaglie: con pazienza e intelligenza si combatte la battaglia più grande. Quella per la libertà d’espressione. Le case editrici fanno uso (ed abusano) del loro potere per demolire e annientare ciò che invece dovrebbero cercare come un cieco cerca la luce: il talento.
Questa è una certezza, nonché dato di fatto. Continuamente, nel nostro Paese, si proclama a gran voce l’esistenza della libertà di espressione: “… Siamo in un Paese democratico in cui il popolo è libero di esprimere le proprie idee ed opinioni…”. Queste affermazioni che vengono accettate come dogmi dal popolo assetato e affamato di qualcosa di diverso, diventano ridondanti e risultano sempre più inutili e “di forma”, ci illudiamo di vivere nella libertà di stampa e accettiamo tutto ciò che ne deriva come verità che appartengono al senso comune.
Canto di una Natura Morta per Sarajevo
Fioriscono i tigli, è ora di tornare a Sarajevo. In giugno il loro profumo si espande e, in due-tre giorni, avvolge tutta la città. I tigli in fiore provocano su di noi l’effetto di una droga leggera. Ci addolciscono, ci scuotono l’anima; diventiamo sentimentali, sul viso ci appare quel mezzo sorriso, un’espressione di chi contempla, di chi si ricorda un segreto, qualcosa di bello, di intimo. Ci ridà la voglia di goderci la vita, di darci da fare, di star bene, di trovare gli amici. I tigli, naturalmente, fioriscono ogni anno, eppure quel particolare stato d’animo che ci provocano, ci sorprende ogni volta. Per un paio di giorni ci sentiamo strani, ci esaminiamo. E poi, una mattina apri la finestra e nella stanza irrompe quel profumo che ti fa capire all’istante che cosa sta succedendo.
La mutazione del capitalismo
di Giorgio Ruffolo, da Repubblica, 6 luglio 2011
[Faccio precedere all’articolo di Ruffolo apparso ieri su “la Repubblica”, un brano di Emmanuel Todd tratto da L’illusione economica pubblicato in Francia nel 1999. Nessuno di questi autori predica un anticapitalismo rivoluzionario. Dopo più di un decennio, si ripropone a noi, cittadini comuni, il medesimo quesito: com’è possibile che la classe politica europea, senza grandi divergenze al suo interno, e con il consenso dei media generalisti, perpetri diabolicamente i suoi errori di politica economica? La stessa “Repubblica”, che pubblicava ieri l’intervento di Ruffolo, lo dimenticherà domani nella pagina economica, dove si discuterà con la massima serietà delle valutazioni di Standard & Poor’s sul destino del debito greco. La falsa coscienza può molto, ma qui assistiamo a un’oscillazione schizoide che l’ideologia dominante dovrebbe, per sua vocazione, neutralizzare. A I]
“Il ritorno progressivo all’accecamento degli anni 30, con questa riemergenza delle politiche di diminuzione della spesa pubblica che aggravano il ritardo strutturale del consumo, è un fenomeno stupefacente per chi si interessa alla storia delle idee. Non siamo qui confrontati a uno di quei fenomeni di conservatorismo intellettuale così frequenti nelle università dal Medio Evo in poi. Il pensiero dominante non sta respingendo un’innovazione incerta, ma un sistema esplicativo che era stato accettato e applicato con successo, anche se ovviamente non forniva tutte le risposte a tutte le domande. Con un pensiero economico che regredisce da Keynes verso Say, abbiamo l’equivalente di una scienza fisica che ritorna all’età precopernicana di un Sole che gira intorno alla Terra.” Emmanuel Todd
Luna di vetro
di Federico Buratti
Uno strano senso di irrealtà, vagamente intuito, forse da sempre, teneva il giovane Lampertico avvinto al divano. Così alle meningi gli montava il solito, insano desiderio, vano come una brocca vuota, il senso – è meglio detto – d’un indefinito desiderare, informe ma protervo, cui nessuna precisa domanda si lega ed al quale, dunque, si è sempre ben lungi dal trovare una risposta purchessia. “Telefonare a qualcuno, anzi no, ricevere una telefonata. Sì, ma da chi? Mangiare, dormire, uscire forse, prendere un treno. Accendo la televisione… finire di leggere il libro, andare in centro, alla mostra di Bertocchi… magari mi levo i pantaloni… che altro? Fumo una sigaretta. Farsi una doccia”. Etc., etc.
Queste ed altre incarnazioni del desiderio il giovane Lampertico andava lambiccando, nessuna finalmente aderendo all’anima lasca che, anzi, tutte le rifiutava noiata. “La morte?” giungeva immancabilmente a chiedersi. “No”, ma non gli veniva fatto mai di trovare la ragione di tale rifiuto e, forse temendo la taccia di vile, protestava il desiderio che cercava esser di quelli da esaudirsi in vita, per quanto irreale quest’ultima gli fosse. “Una donna ? A.? B.?”, ammolliva le labbra in figura di negletta perplessità.
Alla fin fine, come sempre, passata l’ora delle possibilità più ragionevoli, perveniva ad una soluzione da “pari e patta”, che avesse cioè valore di contentare lui e quel demone questuante: “Un miracolo, ecco, che giunga inatteso e alla cui virtù io sia costretto a soggiacere, qualcosa che mi venga a cercare e mi stani, l’effetto di un impulso, di un’azione lontana, che torni a dare realtà a me e a tutta la misera casupola in cui vivo”.
Gangs of Naples (with a little padan-green)
di Maurizio Braucci
Il filosofo francese Henri Lefebvre scriveva già nel 1968 che l’automobile a benzina era un mezzo ormai tecnologicamente superato ma ancora imposto al pubblico per volontà delle potenti lobby dei settori automobilistico e petrolifero. Prova di tale superamento era l’enorme applicazione tecnica sul corpo delle moderne vetture, sempre più veloci, sicure e di bassi consumi, che voleva nascondere la loro povertà tecnologica di strumenti ormai obsoleti. Ogni tecnologia ha dei proprietari, come il caso dei sistemi operativi informatici o degli standard video, e dei gruppi di interesse che traggono profitto economico dalla sua diffusione. Quando una tecnologia, inventata o promossa da un privato, viene adottata da un’autorità, essa diventa una norma e quindi non più affidata alla scelta. Anche la gestione dei rifiuti ha le sue tecnologie, genericamente divise in due: quella industriale, basata su discariche ed inceneritori, e quella ecologica, basata sulla raccolta differenziata, che dal 1997 dovrebbe essere gradualmente favorita per adeguarci alle normative europee.
Dai cancelli d’acciaio
di Daniele Giglioli
Transita in questi giorni in libreria Dai cancelli d’acciaio di Gabriele Frasca (Luca Sossella, 591 pagg, 30 euro). Non so quanto ci resterà, ma verosimilmente non molto, come quasi ogni libro, e tanto più questo romanzo abnorme che è la summa di tutto quanto il suo autore è andato facendo, come poeta, saggista e narratore, in molti anni di lavoro. Più che una recensione, questo è un appello. Non è rivolto a chi già conosce l’opera di Frasca, con punte a volte di culto e fanatismo che temo gli nuocciano più di quanto non gli giovino. Ma a chi non l’ha mai letto, al lettore qualunque che si suppone (e Frasca stesso, sembrerebbe, suppone) a un testo del genere non si accosterebbe mai, o se ne distoglierebbe subito alle prime righe. E l’appello è: non sprecate questa possibilità, non fatevi respingere – se occorre anche contro il suo autore – dal suo esoterismo. Dai cancelli d’acciaio ha molti punti di accesso, e qualunque lettore può trovarvi il suo. Una volta dentro, non importa quanto possa sfuggirgli: ciò che gliene verrà sarà sempre e comunque in sovrappiù.
Un po’ per uno
di Helena Janeczek
Prima di dare il mio contributo minimo alle piazze di Roma o Milano, mi sono trovata turista per caso della protesta a Napoli. ”Pigliamoci un caffè”, suggeriva Maurizio Braucci, “ma poi devo andare a Chiaiano”. Così salivo anch’io sulla sua moto per raggiungere il presidio contro la discarica di turno. Da anni molti napoletani, anche meno legati a una prassi di attivismo, hanno rimodellato la loro agenda quotidiana infilando la partecipazione alle iniziative ambientaliste (ma pure a progetti nelle scuole, nei quartieri e nelle carceri) tra gli impegni privati e di lavoro.








