di PIER LUIGI FERRO
Un articolo di Vania Lucia Gaito apparso su «Micromega» dell’aprile scorso si apriva constatando come l’Italia sia stata apparentemente solo sfiorata dal fenomeno dell’abuso su minorenni in ambito clericale che così grande spazio ha ricevuto sui mass-media internazionali.
È generalmente riconosciuto che lo scandalo all’interno della Chiesa tragga origine nel 1983 dalla vicenda di Gilbert Gauthe; ma solo dal 1987 la gerarchia cattolica statunitense cominciò ad affrontare il problema in maniera più diretta. Alcuni vescovi riconobbero la gravità della situazione, altri preferirono mantenersi sulla difensiva, cercando in tutti i modi di arginare la portata e gravità della stessa, deflagrata sui mass media americani solo nel 2002, quando vennero alla luce gli abusi seriali su circa 130 minori commessi dal prete John Geoghan, che di lì a un anno verrà strangolato in carcere da un suo compagno di cella. Tali misfatti furono occultati coi noti metodi, ossia mantenendo la massima riservatezza e limitandosi a trasferire da una parrocchia all’altra il reo, quasi sempre inserito nelle strutture ecclesiali che si occupano dell’educazione dei minori. Il «problema americano» della Chiesa, rivelatosi non circoscrivibile in quel solo ambito, con i suoi pesantissimi risvolti economici, da allora venne preso in carico dai massimi vertici, fino alle recenti prese di posizione da parte di Papa Ratzinger. Tuttavia quando, come notava la Gaito, nel 2007 cominciarono ad arrivare anche da noi le notizie dell’entità dei risarcimenti che le diocesi americane erano state costrette a esborsare, si fece di tutto per ridimensionare agli occhi dell’opinione pubblica italiana la drammatica gravità del caso.












