È disponibile, con un rocambolesco doppio omaggio a Straub-Huillet e a Corso Salani, l’ultimo numero di “Filmcritica“, fascicolo monografico sulla dislocazione del cosiddetto cinema italiano. La presente uscita – che contiene conversazioni con Mario Martone, Franco Maresco, Giuseppe Gaudino, Isabella Sandri e Dario Argento – si apre con questa sorta di mappa, o meglio geografia impazzita, curata da Lorenzo Esposito e Bruno Roberti e scritta insieme agli autori che lavorano, per scelta e per istinto, a tracciarne o a celarne le coordinate – e i cui interventi contrappuntano in corsivo il testo centrale (scarica mappa). Il tema è chiaramente quello dell’identità: antropologica e politica – tanto più se invece è tante identità, come in fondo è sempre l’immagine. Da un lato dunque un discorso fatto di torsioni che si arrischiano a segnalare una nuova generazione di registi che hanno meno visibilità, dall’altro un discorso sulla lingua (poetica cinematografica antropologica politica italiana): à rebours.
NON RICONCILIATI OVVERO LE VITE IM-POSSIBILI DEL CINEMA ITALIANO
ἐκϕράζω e Michel Houellebecq
« What leaf-fringed legend haunts about thy shape
Of deities or mortals, or of both,
In Tempe or the dales of Arcady?
What men or gods are these? What maidens loth?
What mad pursuit? What struggle to escape?
What pipes and timbrels? What wild ecstasy? »
(John Keats, Ode on a Grecian Urn, vv.5-10)
Ed è in quell’istante, dispiegando la cartina, a un passo dai tramezzini incellofanati, che venne a conoscenza della seconda grande rivelazione estetica. Quella cartina era sublime (…)
Jed, il protagonista di La carte et le territoire di Michel Houellebecq, quasi colto da una sindrome di Stendhal tutta contemporanea, fino ad allora come incatenato al principio di realtà, delle realtà prime del suo tempo e di quelle seconde dei media del suo tempo, vede aprirsi un interstizio nel muro che lo circonda. La rappresentazione di una realtà così complessa, bio-politica come una regione della Francia Profonda, gli rivela la dimensione unica e singolare delle vite che quella cartina evoca. In altri termini, come scriverà poco oltre, rivelandoci il titolo della mostra che lo consacrerà Artista Contemporaneo, “ La carta è più interessante del territorio”.
CREDENZE E AGGRESSIONI
di Franco Buffoni
Una grande città europea: uno studente ventiduenne molto carino e piuttosto effeminato conversa al tavolo di un bar con due ragazze. Il gruppetto non si avvede di essere diventato oggetto di attenzione da parte di tre coetanei “machi”. Cominciano a piovere insulti omofobi pesantissimi. Non reagiscono. I veri maschi si avvicinano facendosi più minacciosi. Il ragazzo si alza, seguito dalle amiche, e tenta di allontanarsi. Viene inseguito e di nuovo insultato. Si ferma, coraggiosamente cerca di reagire, e qui i veri maschi lo aggrediscono fisicamente, ferendolo al padiglione auricolare sinistro con un frammento di vetro. Se il taglio fosse stato inferto pochi centimetri più in basso, all’arteria, avrebbe rischiato la vita.
La città: Roma; il quartiere: Trastevere. La sera: il 28 dicembre scorso.
La stessa aggressione a Barcellona, Berlino o Parigi comporterebbe l’aggravante della motivazione omofoba. In Italia no. Perché il Parlamento italiano – sobillato da coloro che credono, o fingono di credere, nell’ordine del creato – nel 2009 ha bocciato la proposta di legge Concia.
BUON immagin ANNO
di Antonio Sparzani
Imagine there’s no Heaven
It’s easy if you try
No hell below us
Above us only sky
Imagine all the people
Living for today
Imagine there’s no countries
It isn’t hard to do
Nothing to kill or die for
And no religion too
Imagine all the people
Living life in peace
You may say that I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will be as one
Imagine no possessions
I wonder if you can
No need for greed or hunger
A brotherhood of man
Imagine all the people
Sharing all the world
You may say that I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will live as one
pop muzik (everybody talk about) #6
Fuck Me, Ray Bradbury / Rachel Bloom. 2010
Bancomat, via del Corso
di Helena Janeczek
Due giorni dopo la manifestazione del 14 dicembre sono su via del Corso, poco oltre piazza del Popolo, e devo fare un bancomat. Il primo è bruciato. Le mani nelle tasche del cappotto, il berretto calato sulle orecchie per ripararle dalla neve annunciata, arrivo davanti a un vano con tre o quattro macchine, protetto da una porta vetro blindata che si apre inserendovi la tessera. Appartiene a una banca francese, cosa che mi fa pensare a Jerome Kerviel, il trader trentenne condannato a cinque anni di prigione e un risarcimento di 5 miliardi di euro a Societé Générale, corrispondente al buco nel bilancio di cui lui solo è stato ritenuto responsabile. “L’uomo più povero d’Europa”, qualcuno lo ha chiamato.
Al rovescio del sole
Su Sangue di cane (ancora)
Due anni con un ebook reader
[Fabrizio ha pubblicato un bilancio della sua esperienza di lettore di ebook, sul suo blog e sul forum di Simplicissimus: lo riporto qui per i lettori che si chiedono se dotarsi di un ereader. Jan]
di Fabrizio Venerandi
Nel dicembre 2008 ho preso il mio primo ebook reader, che è poi quello che utilizzo quotidianamente. Nel frattempo sono cambiate tante cose, e avere un eReader ha cambiato anche il mio approccio alla lettura e all’informazione. Alcune note sparse di cosa significa usare oggi un eReader.
1) Leggo di più
La prima cosa è che leggo di più. Ma non ebook, leggo di più in generale. L’avere un device nato per leggere off-line, non solo mi ha permesso di infilarci dentro tutta una serie di non-libri presi da internet (documentazioni tecniche, sorgenti in latino, saggistica letteraria fuori catalogo) e di diventare un regolare lettore di quotidiani e periodici in formato ebook; ma anche di ravvivare la mia lettura tradizionale. Un device che nasce per farti leggere tiene vivo il tuo amore e la tua passione per ogni tipo di lettura, che sia un ebook o un testo settecentesco preso ad un mercatino dell’usato.
2) Uso meno il computer (per leggere e scrivere)
Libri ad alta voce: Toni Servillo legge Paolo Sorrentino
Stamattina ho ricevuto una mail di Cristiana, del narratore audiolibri che annunciava l’uscita dell’audio libro, acquistable sul suo sito, Hanno tutti ragione,(Ed.Feltrinelli) romanzo di Paolo Sorrentino letto da Toni Servillo. Così le ho scritto a mia volta per avere una traccia audio da proporre su Nazione Indiana. Mi ha consigliato allora di entrare in contatto con Silvia della emonsaudiolibri ( l’audiolibro è pubblicato da loro) che mi ha gentilmente inviato la “pillola”. Su youtube è possibile, tra l’altro, vedere (et bien sûr ascoltare) alcuni passaggi della registrazione in un bel videoclip a cura di Joyce Hueting. Io ho pensato di “supportare” l’estratto con alcune video tracce filmate qualche anno fa alla stazione di Milano. Mi piaceva l’immagine riflessa, la lamiera che faceva da barriera e allo stesso tempo accoglieva il passante, quasi come un confessionale. Così inconfessabili erano i propositi del protagonista… Spero che altri oltre a me si rechino dal proprio libraio di quartiere per mettere mano, (et bien sûr l’orecchio) all’opera. effeffe
Quel che resta. Sparire in Irpinia a novembre.
Per accedere al reportage fotografico di Riccardo Pensa sull’Irpinia, clicca sull’immagine o direttamente qui
di Riccardo Pensa
A ottobre 2010, a poco più di un mese dal trentennale del terremoto in Irpinia, credevo davvero di avere in mano gli elementi giusti per una mia inchiesta originale sull’argomento. Ero stato in Irpinia solo due volte, e per visite lampo di lavoro, durante le quali non avevo avuto il tempo sufficiente, né il modo di cogliere le suggestioni che quei luoghi potevano offrire e che pur mi interessavano. Tuttavia, con vera sorpresa, mi era parso che proprio i luoghi, con la complicità di alcune circostanze, in quella scarsità di tempo e attenzione, non avessero indugiato a sollecitarmi, per offrirmi una chiave di accesso parziale ma sicura alla loro essenza, una rivelazione tutta mia, pagata per niente cara.
Ora non dubito che tale trama si sia svolta, ma credo di riconoscere dov’è che ho sbagliato a interpretarne i segni e il tranello che celava.
Strade Bianche
Enrico Remmert, Strade Bianche, Marsilio, 2010, 221 pag.
Da qualche anno a questa parte gli scrittori italiani sono tornati “sulla strada”, abbandonando gli angusti appartamenti borghesi dove tutto quello che narravano era la loro poco interessante vita. Si sono rimessi in viaggio lungo lo stivale e ce lo vogliono raccontare, rivolgendo lo sguardo a scenari e paesaggi che sembrava non ci appartenessero più.
L’acqua non ha centro
Tutto sembra calmo poi la sera,
io la conosco bene l’ora. Me ne vado
con il giorno che arriva a grattare via la luce.
Non è che sonno breve dentro vene
non c’è che questa prigionia dell’aria dentro il fumo.
C’è stato solo un attimo in cui s’era condivisa
con tutti una battaglia, il vuoto, anche le colpe
anche la vita, e mai però innocenza:
è quando le gocce sparse si annunciano tempesta.
Dopo, non c’è colpa in cui riflettere
visi tutti uguali, pasta di fumo e polvere
costretti dentro tutti i luoghi e senza alcuna prova
dell’esistenza nuda oppure della morte.
Del resto io non vorrei nemmeno la condanna
che abbiamo imposto a Dio cercandolo:
esistere per sempre, avere sempre su di noi
aperti gli occhi vigili, vedere tutto, l’ irreparabile,
il disastro che da qui arriva dentro, nel suo cielo.
(Genova, 20 luglio 2001 – Milano ottobre 2001)
***
Frase al suolo

di
Livio Borriello
io sono un volume colmo di carne, ma un volume colmo di carne non sono io
potremmo essere meccanismi addestrati a eseguire un io
è strano: io sto fuori posto in un posto preciso
in un certo senso, dio comincia alla fine dell’orecchio
un uomo è l’oggetto a più alta densità d’ignoto
che significa sentirsi vicini all’anima di un altro?
noi siamo sempre vicini e compenetrati a ogni altra anima, quando ci baciamo o quando siamo imbarazzati dal salumiere
il corpo, fa spuma. vuoti d’aria, pneumi, bolle fra i filamenti, fra le bave sonore che protende, gonfiori, riflussi nelle posture, aloni e luminescenze delle carni che trasporta, fanno di noi corpi con un nome, un senso, un’identità. altri corpi, che vedo, ne sono irrimediabilmente privi, e perciò li amo
la letteratura è un dialogo fra cadaveri, alcuni effettivi, altri facenti funzione
nel mondo c’è un solo fiore, un solo cane, una sola camicia, un solo occhio, un solo secondo
sogno un mondo in cui buongiorno significhi veramente buongiorno, e in cui dunque sia perfettamente inutile dirlo
cavalcavia che racchiude un sole decombente – io sono stato questo, più di quanto sia stato la strada, prima e dopo
tutto aspira alla bellezza, perché solo alla bellezza è concessa l’inerzia
essere vivi è fuggire da un’inerzia all’altra, e in ciò produrre ignoto
doveva essere il 1970 circa quando ascoltai we shall dance di demis uscendo la mattina da un albergo a cefalù
la carne della nuvola: sfatta, acquea, parenchimatosa, come un midollo dello scenario
la guerra sottile
«Quis fuit, horrendos primus qui protulit enses?
Quam ferus et vere ferreus ille fuit!»
(Albio Tibullo [I° sec. a. C.], Elegie, I, X, 1-2)
Forse lo fanno anche gli scienziati, che da nessun peccato sono, né mai furono, immuni, quello di piegare una teoria ‒ ancorché resistente alle pieghe ‒ fino a forzarla a coincidere con una realtà sperimentale ormai consolidata che non si vuol perdere e che soprattutto non si può perdere; perché madre natura non si cura delle leggi che gli uomini le affibbiano o le dicono di seguire, ella procede imperterrita per strade sue; e allora qualche volta, se si ha già lì pronta una teoria tanto bella che spiacerebbe abbandonarla, si cerca di adattarla in ogni modo e con ogni sforzo fino a farle dire esattamente quel che madre natura fa.
Persino Edgar Allan Poe, nella Lettera rubata, menziona una simile diffusa procedura, usando la metafora del letto di Procuste ‒ letteralmente «lo stiratore» ‒ colui che stira, o stiracchia, o taglia pur di adattare qualcosa a qualcos’altro.
Sì, forse l’adottano anche gli scienziati questa pratica che rientra nella grande favola tomistica della adaequatio rei et intellectus, la formula magica della verità, ma certo i politici vi sguazzano a piedi e mani unite. Sottili e non sottili. Uno straordinario esempio ci è stato offerto sul Sole24ore del 17 ottobre scorso da colui che venne spesso indicato come il dottor sottile, forse per la sottigliezza del suo profilo, o forse pensando all’etimologia di sottile, che deriva dall’arte dei tessitori, subtilis da sub-t(el)-ilis, i fili sotto la tela sono i più fini, perché è proprio una tela quella che tesse questo ex presidente del consiglio dei ministri della nostra sfortunata repubblica, voglio naturalmente dire l’onorevole professor Giuliano Amato, nomen non omen, si direbbe in questo caso. Purtroppo lo stesso discorso è stato concisamente ma chiaramente ripreso e con forza ribadito dal Capo dello Stato nel suo discorso commemorativo della vittoria nella prima guerra mondiale il 4 novembre scorso (ma per quanto ancora dovremo commemorare questa data di 92 anni fa?).
Strenne / Alessandro Broggi. 2010

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Relatività del natale
Il minuscolo villaggio, quasi disabitato, di Woolsthorpe-by-Colsterworth ha un nome più lungo del villaggio stesso, sta nel Lincolnshire, circa 170 chilometri a nord di Londra, non lontano da Nottingham, sì, quella del famoso malvagio sceriffo.
Non ci sono molte strade a Woolsthorpe-by-Colsterworth, ma una delle più importanti è la Newton Way e la semplice ragione è che lo sconosciuto paesino è in realtà conosciuto per aver dato i natali a Isaac Newton. Mai espressione fu più adatta allo scopo “dare i natali”: Isaac infatti nacque il giorno di Natale, il 25 dicembre del 1642. Ma in quest’ultima frase è contenuto un mondo. Se infatti consultate una moderna enciclopedia non troppo dettagliata, essa vi dirà che Newton nacque il 4 gennaio del 1643, dieci giorni dopo. Come mai? Perché gli uomini, soprattutto quelli civilizzati, faticano molto a mettersi d’accordo sulle convenzioni da usare “universalmente”, e così è dappertutto, avrete notato; al sud chiamano spigola quello che al nord è noto come branzino, e, per fare esempi più “elevati”, i fisici hanno continuato per decenni a usare il sistema di misura centimetro, grammo, secondo quando da tempo era in vigore una convenzione ‒ appunto “internazionale” ‒ per decretare che s’aveva da usare il metro, chilogrammo, secondo, e così via.
Hyvää Joulua
Per un natale disciplinato e senza relativismi cuturali.
ORA ALTERNATIVA
di Uaar
Nel 2010 l’UAAR ha conseguito un’importante vittoria legale sull’ora alternativa, che rappresenta ora una sorta di ‘diritto acquisito’ per tutti coloro che intendono avvalersene: e un successo agrodolce sulla questione delle visite pastorali, con una sentenza del Consiglio di Stato che ha ribaltato il giudizio del Tar del Veneto, riconoscendo definitivamente che l’Uaar è legittimata ad agire legalmente a tutela dei diritti civili degli atei e degli agnostici e della laicità dello Stato, ma stabilendo altresì che le visite pastorali costituiscono “una testimonianza culturale”.
L’evento più atteso non c’è invece (ancora) stato: la Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non si è ancora pronunciata in via definitiva sull’iniziativa legale, sostenuta dall’Uaar, che mira a dichiarare illegittima la presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche.
È purtroppo ulteriormente peggiorato il clima politico-sociale nel paese. Le dichiarazioni violentemente ateofobe contenute in un articolo del ministro degli esteri Frattini pubblicato dall'”Osservatore Romano” e gli incredibili eventi del XX settembre, con il cardinale Bertone a parlare in splendida solitudine dalla Breccia di Porta Pia mentre alla delegazione UAAR non era consentito avvicinarsi, mostrano come le ragioni per un impegno concreto siano più valide che mai.









