
Negli archivi dell’Istituto Luce c’è addirittura un filmato NC del 1975 (notizie cinematografiche) di quattro minuti. La didascalia recita: nel villaggio svedese di Baia Domizia (Caserta) una ‘fettina’ di Svezia in Italia. 217 cottages per 1600 posti, un villaggio nato nel 1968 grazie ad una cooperativa, protagonisti i sindacati svedesi. La telecamera inquadra una bellissima ragazza che accompagna lo spettatore attraverso ogni singola stanza di quel piccolo mondo. Si vedono le camere, socialdemocratiche, mobili in stile Ikea, e le spiagge di sabbia scura percorse da capelli biondi al vento.
Palme (Olof) di Baia Domizia
di
Francesco Forlani
Le storie mica si scrivono a tavolino, lo sguardo perso nel nulla, gli occhi a cercare un’ispirazione, no, no, caro lettore di Fresco di Stampa, le storie, ma sarebbe meglio dire, la storia, ti affonda la penna nelle narici e senti un odore di miscela e gomme. Ferro, come quello del ponte del Garigliano – perché l’umanità in quegli anni si divideva in al di qua del fiume e nell’al di là. Da Caserta Noi ci arrivavamo con la 500 guidata da mamma. Noi, perché nelle famiglie numerose l’io non esisteva nemmeno per i primogeniti che manco cominciavano a parlare che già c’era una sorella e un fratello a mettere la N di noi a IO. Da questa parte del Garigliano c’era il mondo, il nostro, preso tra due cumuli di terra e verde, monte d’oro e monte d’argento, da quella il bel mondo, il loro. Baia Domizia. Le classi si dividevano sopra quel ponte, e se prima dell’estate con i grembiuli si era tutti uguali, con la stagione perfino i compagni di banco si separavano per affermare il diritto della proprietà. Ville da una parte e appartamenti da questa, dalla nostra parte. La villeggiatura durava due mesi interi trascorsi a fare tuffi, capricci con gli altri, gli amici, a cercare una vocazione, i primi baci, la nobile visione dei peli sotto le ascelle di Lucy, che poi non ci dormivi la notte. Da quella parte del fiume invece, ci arrivavano poi al rientro di fine settembre, nelle aule di scuola, racconti fantastici, come di sopravvissuti dal paese dei balocchi, e allora ci sembrava ancora più povero il campo di calcio con le porte senza rete di fronte al lido Italia e senza alcun appeal la discoteca del Lido del Sole con l’ insegna, Poubelle.