di Franco Buffoni
“Ormai l’America mi si era snodata davanti e mi pareva impossibile che la frode della dittatura avesse potuto uccidere tanti nostri talenti. Il sogno americano di Roosevelt si era impadronito della nostra anima, delle nostre illusioni. Forse non avevamo capito niente, forse non c’era niente da capire, forse Alberto Mondadori, grande, grandissimo, sfortunato editore, aveva cercato di aiutarci a sognare. Traducevo per lui, senza pensare ad altro che a vedere i libri stampati, senza desiderare altro che dividere i miei sogni con giovani immuni dai drammi che avevo dovuto vivere io”. Così scrive Fernanda Pivano in The Beat goes on, apparso nel 2004 a cura di Guido Harari.
Tra i drammi che aveva dovuto vivere Nanda Pivano c’erano stati l’arresto per avere tradotto Addio alle armi di Hemingway, giudicato troppo pacifista e lesivo dell’onore dell’esercito italiano; e la prigione, quando si scoprì il trucco inventato da Pavese per aggirare la censura fascista, consistente in una semplice ma efficace “s” puntata, che trasformò – per i clerico-fascisti di allora – l’Antologia di Spoon River in una potabile “Antologia di S. River”.














