
[Dopo gli interventi di Helena Janeczek e Andrea Inglese, abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca, Luigi Bernardi, Michela Murgia, Giulio Mozzi, Emanule Trevi, Ferruccio Parazzoli, Claudio Piersanti, Franco Cordelli, Gherardo Bortolotti, Dario Voltolini, Tommaso Pincio, Alberto Abruzzese, Nicola Lagioia, Christian Raimo, ecco le risposte di Gianni Celati]
Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?
Nel campo letterario, come in quello politico-finanziario, domina il traffico manageriale, l’aggrapparsi al carro del vincitore. Le tonnellate di romanzi buttati sul mercato sono tutti una ripetizione delle ultime furberie per infilare la strada del successo.
Ti sembra che la tendenza verso un’industrializzazione crescente dell’editoria freni in qualche modo l’apparizione di opere di qualità?
Quello che domina è una letteratura meccanizzata. I prodotti più venduto sono finzioni che hanno tagliato i ponti con una letteratura del passato, considerata troppo scomoda e difficile. E la lingua dei nuovi minestroni romanzeschi è la lingua dell’attualità, con le frasi impantanate in un presupposto e scolastico “scrivere come si deve” .
Ti sembra che le pagine culturali dei quotidiani e dei settimanali rispecchino in modo soddisfacente lo stato della nostra letteratura (prosa e poesia), e quali critiche faresti?
Non so. Abito in Inghilterra e non li leggo.