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…e i francesi che si incazzano!

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Le Canard enchaîné du 24/02/2010 )
(traduzione di effeffe) A 91 anni, salta fuori l’ex giornalista d’estrema destra François Brigneau . Dimenticato da tutti, torna alla ribalta grazie a un tale chiamato Jean François Platet, nuovo proprietario delle éditions Baleine che ha appena ripubblicato il suo romanzo “Paul Monopaul” con il nuovo titolo ” Bisogna accopparli tutti”. L’opera, scritta a Fresnes nel 1947 dove l’autore era stato imprigionato a causa del suo arruolamento nella Milice, è un Polar dalle stesse tonalità delle idee del suo autore, eppure Platet lo considera come un capolavoro! Immediatamente, uno degli autori faro della casa editrice, Didier Daeninckx è insorto contro la pubblicazione di Brigneau presso un’edizione a vocazione antifascista. Di colpo altri quaranta autori vogliono annullare il loro contratto con l’editore… dei librai hanno rispedito al mittente il libro di Brigneau. Jean François Platet, editore che si dice “affranto” e “avvilito” da queste reazioni, precisa : ” a titolo personale non sono un fascista, ma a titolo professionale detesto la censura” E a titolo d’editore altre buone idee in vista?

Nota
Serge Quadruppani nel suo blog insorge a sua volta contro Didier Daeninckx soprannominandolo Didier Dénonce.

Cento di questi giorni!

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Mancano ormai poche ore alla fine di un esperimento in rete assai interessante e di cui abbiamo già parlato qui. Si parla spesso di nuove voci ma poi si fa fatica a sentirle. Spero allora che la voce di Cristina vi giunga, chiara e forte. effeffe

Del rosso e del mille novecento e novanta e due
di
Cristina Galhardo

No no e no.

Lo diceva in classe, faccia rossa, come rosso era l’inchiostro che ha dettato la sentenza nell’esame. La maestra, non con lo chignon o gli occhiali, invece con i jeans e la tunica, esplodeva di esasperazione. E diceva NoCom’è possibile. Ti sei sbagliato a scrivere la data, vero? È questo, certamente. Ma come fai a sbagliarti allora in continuo, come ti permetti, dopo che ti ho corretto in classe, a ripetere in scritto queste barbarità nell’esame?

Gli altri studenti si dividevano fra la risata e gli occhi spalancati di stupore per le sciocchezze del compagno.

Metti questo in testa, una volta per tutte, non tollero più  balordaggini. Ma tu lo sai benissimo, lo fai soltanto per annoiarmi. Ma ti costerà caro. Guarda bene: è fi-ni-ta nel mil-le no-ve-cen-to e no-van-ta e du-eeeeeee. Novanta e due! Eri appena nato! Guarda intorno a te. La vedi ancora, per caso? Senti bene, e apriva ancora di più gli occhi, come fossero questi la fonte dei suoni stridenti, il tre d’agosto del no-van-ta e du-e, accentuando tanto il numero pari, per poi ripetere come un nastro registrato la versione dei libri di storia, l’esercito della Repubblica ha finalmente fatto un assedio efficiente alla guerriglia e ha catturato il capo dei ribelli, correttamente giudicato e giustiziato. Cosa pensi altrimenti che festeggiamo, in quel giorno? La liberazione dai pidocchi? Domani, fai attenzione, leggerai per tutta la classe un testo dove, una volta per tutte, capirai bene la realtà. Che con questa non si gioca. Non stiamo parlando di un qualsiasi Paese là lontano. Gioca con la guerra soltanto chi non la conosce.

Bogdan, o Doran

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di Chiara Pasin

L’insegna “Villa delle Ninfe” troneggia accattivante sulla parete gialla scrostata del ristorante. Sembra un bel posto, visto da qui. Dentro lì non ci sono mai stato. Io mangio nella trattoria “Bel Paese” ogni domenica, da quando avevo sei anni. Amici.

Quando ho visto la polizia lì davanti, l’altro giorno, ho pensato subito che fosse stato avvelenato qualcuno. Sì, avvelenato. Sono passati sotto l’insegna senza guardare, con una faccia tesa e i denti schiacciati, e io dico che se avessero alzato gli occhi, la scritta li avrebbe messi tranquilli, perché è accattivante, ti dico, su quelle pennellate crepate di giallo. Sono entrati come se avessero avuto paura di perdersi qualcosa. Con l’obiettivo già lampeggiante negli occhi. E, infatti. Si sono portati via il Potenza. Lui si teneva la testa chiusa dentro il petto. Non so cosa pensasse. Un poliziotto lo fece salire in auto. Un altro si voltò verso di me. Io non so niente. Io non so niente.

Sotto l’intercessione di Pasolini

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Pubblico l’ultimo intervento della manifestazione Sguardi a perdita d’occhio. I poeti leggono il cinema. L’introduzione e gli altri si possono leggere qui, qui qui e qui.

di Valerio Magrelli

I. Prologo

Tra le tante iniziative che nel 2005 hanno accompagnato l’anniversario della scomparsa di Pasolini, una in particolare mi ha colpito. Mi riferisco a una mostra tenutasi a Roma con il titolo “Pasolini: ultimo atto?” e composta da 110 foto, in gran parte inedite, scattate da Dino Pedriali nel 1975. Si tratta di immagini impressionanti per il loro valore documentario, oltre che artistico, in quanto scattate poche ore prima che il regista venisse massacrato. Esse lo ritraggono in varie situazioni, mentre scrive o legge nella sua torre a Chia, nei dintorni di Viterbo, oppure, in qualche caso, completamente nudo, nell’integrità del suo corpo non ancora martoriato, come si legge nelle note di accompagnamento.

Luce, buio. Didi-Huberman

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UNA ALLEGORIA POLITICA RISCHIARATA DALLE LUCCIOLE

di Isabella Mattazzi

Nel 1975 Pier Paolo Pasolini scrive per il Corriere della Sera una pagina diventata in seguito famosa come L’articolo delle lucciole. Le lucciole, racconta, metafora del sottoproletariato nell’Italia del Centro-Sud degli anni ’60, non esistono più, annichilite dalla luce abbagliane dei fari del “neofascismo dei consumi”, umiliate da un conformismo che ne ha distrutto ogni tratto peculiare.

Oggi, più di trent’anni dopo, Georges Didi-Huberman, storico dell’arte tra i più autorevoli della nostra contemporaneità, risponde alla provocazione pasoliniana con un’altra provocazione. Non sono le lucciole a essere scomparse, ma è lo sguardo disilluso di buona parte della nostra cultura filosofica ad aver perso il dono di vederne la sagoma evanescente, non sapendo più riconoscere, nel bagno di luce violento e massivo imposto dalle nuove “società dello spettacolo”, ogni forma, pur tenue, di speranza.

Abbiamo incontrato Didi-Huberman a Roma, in occasione della sua conferenza di stasera a Villa Medici per il ciclo di proiezioni “Pasolini/De Martino: scienza dei gesti e danza dei conflitti”, e abbiamo discusso con lui del suo ultimo libro (che uscirà in aprile da Bollati Boringhieri con il titolo Come le lucciole. Una teoria della sopravvivenza), e di questa nuova apertura del suo pensiero critico.

Danilo De Marco: R/ESISTENZE

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testo di Erri De Luca

il partigiano “Cid”

la partigiana “Dorica”

AMBIENCE – Laboratori d’ascolto sul tema di musica e ambiente

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Secondo incontro dei Laboratori d’ascolto!

Die Schachtel, O’ e Sincronie
presentano:
AMBIENCE
Laboratori d’ascolto sul tema di musica e ambiente

giovedì 25 febbraio, ore 19.15
presso O’, via Pastrengo, 12 Milano

“György Ligeti visto da Lontano”

Il secondo incontro sviluppa il tema di musica e ambiente dal punto di vista di un grande della musica del Novecento: György Ligeti”.
Nel corso della serata verranno presentati due lavori “storici” del compositore ungherese: “Continuum” per clavicembalo e “Lontano”, brano per orchestra utilizzato da Stanley Kubrick nella colonna sonora di “Shining”.

ingresso libero

per maggiori informazioni: info@sincronie.org | info@o-artoteca.org

Gli anarchici

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di Marco Rovelli

Gli anarchici, a Torino, sono un elemento di disturbo. Forte. Un virus inoculato nelle arterie della città, che mostra l’esistenza di una società non pacificata. L’accanimento nei loro confronti, perciò, non stupisce. E’ facile immaginare un sospiro di sollievo all’interno delle stanze della politica – di tutto l’arco politico, indistintamente. Essi rappresentano, e sono, il rimosso che affiora: scomodo, inopportuno. E non gentile. Il rimosso che affiora non è, né puoi mai esserlo, gentile.

Gli atti contestati agli arrestati sono risibili in quanto capi d’accusa tali da meritargli un soggiorno alle Vallette in isolamento. Non possono leggersi se non come rifiuto di una militanza politica la cui grammatica non è accettata né accettabile. Due degli arrestati – Andrea Ventrella e Fabio Milan – lo scorso anno avevano subito la misura, genealogicamente fascista, della sorveglianza speciale, per la loro “pericolosità sociale”.

Aladaaaaaar!

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Ecco un brano da Il pianeta a due dimensioni, un episodio del cartone animato ungherese La famiglia Mezil (Mézga család). La famiglia Mezil era una serie di avventura e fantascienza, oggetto di culto per chi ancora se la ricorda e prodotta tra la fine degli anni ’60 ed i primi ’70. Seguiva le vicende di una famiglia normale alle prese con casi per nulla normali. Tra i vari personaggi, spiccava Aladar, una bambino prodigio in grado di trasformare una vecchia radio in un dispositivo per comunicare con il futuro, e parlare ad un lontanissimo pronipote, come anche di costruire un’astronave gonfiabile per viaggiare tra le stelle.
È proprio a bordo di quella astronave che Aladar raggiunge il pianeta a due dimensioni, dove interviene per salvare un maestro che sostiene che il “linguaggio debba essere arrichito e sviluppato” e per questo motivo viene perseguitato dal re. Si noti che nella versione originale (http://www.youtube.com/watch?v=5ye4Jy7E9TM) la modifica del linguaggio è veramente sottile (e forse per questo ancora più insidiosa): non si tratta di aggiungere delle parole, come nella versione italiana, ma di introdurre due nuove vocali (la “o” e la “u”) in una lingua che possiede solo la “e”. Perec l’avrà vista questa puntata?
Gherardo Bortolotti

Metropoli locali

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    di Adelelmo Ruggieri
 
    È fatto di 8 reportages-racconti e 99 foto Il mondo in una regione, l’ottavo volume della collana “Carta bianca” (Ediesse , Roma, 2009). I racconti sono di Angelo Ferracuti, le foto di Daniele Maurizi. Fa da prefazione un dialogo degli autori con Mario Dondero che si chiama “L’arte dell’avvicinamento”. Questa locuzione – ‘l’arte dell’avvicinamento’ – viene fuori da una domanda ‘sulla fotografia’ [in particolare sulla differenza fra il bianco e nero con quel che “di poetico” che il b/n aggiunge alle foto, e una immagine ‘a colori’, ma priva “di qualsiasi valore aggiunto”] che Maurizi rivolge a Dondero, e alla quale egli risponde: “Le cose che riguardano la tecnica fotografica sono secondarie rispetto alla sostanza, che poi è l’arte dell’avvicinamento. Il senso più grande è introdursi in mondi che per noi sembrano impenetrabili.” In coda alla conversazione Ferracuti ricorda la prima delle epigrafi del libro: “Come epigrafe del libro ho messo una frase di Max Frisch che ti ho sentito citare tante volte.” E allora Dondero dice: “Aspettavamo delle braccia, e invece sono arrivati degli uomini”. E Ferracuti dice: “Proprio quella”. “Il mondo in una regione” si “avvicina” e ci racconta – benissimo – molte cose che ci allietano e insicurezze drammatiche, individuali e comuni. E forse è proprio per questo che a pag. 74 Ferracuti trascrive queste parole di Robert Castel: “Una società di individui non sarebbe più, propriamente parlando, una società ma uno stato di natura, cioè uno stato senza legge, senza diritto, senza costituzione politica e senza istituzioni sociali, in preda a una concorrenza sfrenata degli individui tra di loro, alla guerra di tutti contro tutti.”

La responsabilità dell’autore: Michela Murgia

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[Dopo gli interventi di Helena Janeczek, Andrea Inglese,  abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca e Luigi Bernardi, le risposte di Michela Murgia]


Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea? Ti sembra che le pagine culturali dei quotidiani e dei settimanali rispecchino in modo soddisfacente lo stato della nostra letteratura (prosa e poesia), e quali critiche faresti?

Aver scritto un paio di libri non mi dà licenza di commento sullo stato della letteratura italiana contemporanea più di qualunque altro lettore forte, anche se il mio «forte» significasse qualcosa di più dei  dodici libri all’anno della media italiana della categoria. In diversa proporzione ho letto libri ottimi e libri che mi hanno lasciato solo il rancore per i soldi spesi, ma ci vuole altro per vedere la produzione letteraria italiana come un corpo collettivo con uno stato di salute generale da verificare. Se si è critici o se del critico si ha l’inclinazione all’anamnesi, la si può (e si deve) leggere anche così; solo non è il mio mestiere. Avrei piuttosto qualcosa da dire sulla difficoltà di trovare qualcuno che il critico lo faccia ancora, al di là di marchette, anticipazioni, recensioni della quarta di copertina o sassolini dalle scarpe in terza pagina firmati non da critici, ma da scrittori con qualche conto di rabbia da regolare. Anche su Libero, perché no.

carta st[r]amp[al]ata n.5

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di Fabrizio Tonello

C’era una donna di temperamento e di passioni non consumate in vitro giovedì sera a San Remo, scrive Marinella Venegoni su La Stampa. Una donna che ha cavalcato il ‘900 a muso duro e non ha smesso di essere attenta alla vita, sempre in viaggio tra emigranti solidali… Oggi, grazie a preziosi documenti, siamo in grado di rivelare la verità, appena sfiorata dal reticente articolo del quotidiano torinese. La storia della donna che ha cavalcato il ‘900 è ben più affascinante di quanto reso pubblico fino ad oggi.

Nella bocca di Milano

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di Giuseppe Catozzella

“Negli anni dal 2001 al 2006 in cui sono stato alla Commissione parlamentare antimafia,  non siamo mai riusciti a portare la Commissione in Lombardia. Tutte le istituzioni si rifiutano di parlare di mafia in Lombardia, persino il prefetto. Parlare di mafia in Lombardia è vietato.”  Nando Dalla Chiesa, Milano, 02/02/2010

Sta nella bocca, il male risiede nella bocca. Come la lingua, come l’ostia sconsacrata che ti mangi, che ti succhi, che ti tocchi con la lingua. Risiede dentro la bocca, il male: come il verbo.

La prima cosa che fa è sorridermi. Mi sorride di un sorriso sgangherato, aperto, eccessivo, brutto, lo tira con due dita, come dal dentista: come una pernacchia. Mi mostra il dente che gli hanno spaccato, a luglio. Nella bocca, risiede il male. In due, lo hanno menato. Gli hanno detto: “Ti ammazziamo stronzo. Questo è perché così non te lo scordi”. Quella era la quarta minaccia, poi è arrivata la quinta. Cinque, le minacce. A morte. A non parlare più.

La Scrittura te lo dice: “Non nominare Dio”. Non: “invano”. Togli proprio il nome, il Dio non nominarlo, non ti provare. Morte a te. La tentazione, la morte segnata, giurata: il tuo cedimento alla nascita. L’anagrafe.

Premio Dedalus – Classifiche totali febbraio 2010 + Classifica opere tradotte 2009

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Come da regolamento, sono stati esclusi dalle votazioni il libri di Guido Mazzoni, I mondi (Donzelli), per la Poesia e La strada di Levi di Marco Belpoliti-Andrea Cortellessa-Davide Ferrario- (Chiare Lettere) per le Altre Scritture.

NARRATIVA

1) N. Lagioia, Riportando tutto a casa, Einaudi- p. 79
2) D. Starnone, Spavento, Einaudi – p. 35
3) G. Mozzi, Sono l’ultimo a scendere e altre storie credibili, Mondadori – p. 22
3) L. Pugno, Quando verrai, minimum fax- p. 22
5) E. Albinati, Guerra alla tristezza! , Fandango – p. 21
6) S. Ballestra, I giorni della rotonda, Rizzoli – p. 15
6) L. Rastello, Unidici buone ragioni per una pausa, Bollati Boringhieri – p. 15
8) A. Tabucchi, Il tempo invecchia in fretta, Feltrinelli – p. 14
9) L. Carrino, Pozzoromolo, Meridiano Zero – p. 11
10) Wu Ming, Altai, Einaudi – p. 10

MACHINÆ

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di Franco Buffoni

Macchine per la misurazione del tempo e dello spazio, per i trasporti e le comunicazioni; macchine idrauliche, militari, chirurgiche. Macchine musicali. Roma non ha riempito l’impero solo di ponti, acquedotti e archi a sesto acuto, inventando piattaforme girevoli e piattabande armate, macchine da guerra e d’assedio, carrucole e gru.
Roma inventa le stazioni ricetrasmittenti sub specie di torrette d’avvistamento sulle quali piccoli fuochi vengono accesi, a destra a sinistra al centro o sul tetto. Chi trasmette e chi riceve possiede una tavoletta con le lettere dell’alfabeto suddivise in quattro colonnine. Il fuoco si accende e si spegne seguendo una numerazione corrispondente alle caselle della tavoletta.
Il concetto di utilitas come visione del mondo. La Colonna Traiana come propaganda della conquista, ma anche del lavoro e dell’organizzazione tecnologica: energia umana e animale, energia idraulica e eolica. La Forma Urbis come piano regolatore, la pianta marmorea della città.
Il calendario e la misurazione del tempo come tecnica di governo della società. Col territorio centuriato, misurato, ordinato e accatastato. E grazie all’aratro a rotelle, Roma si inventa anche la Pianura Padana: consacrandone nei secoli la fortuna agricola attraverso l’uso della ricchezza idrica.

È vostra la vita che ho perso

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di Amelia Rosselli e Isabella Vincentini

[L’intervista L’immagine del mondo fuori luogo è stata trasmessa il 28 dicembre 1988 durante la trasmissione Il mondo dei poeti di Isabella Vincentini su RAI Radio Uno.]

Isabella Vincentini: Spesso nei tuoi testi ci sono delle visioni: l’aspetto visivo della poesia ha un ruolo geneticamente primario rispetto al piano dell’espressione stilistica?

Amelia Rosselli: Nasce da uno studio della realtà. L’immagine è coltivata, ovviamente. Non sempre, però, nella poesia diventa metafora, l’immagine del mondo fuori luogo, come dire. Si può parlare della metafora in questo senso: l’immagine di una parte del mondo, o pura o esterna, che si spiazza nel tempo e entra nella poesia. Ma, in realtà, il fenomeno ispiratore è semplicemente la vita, il vivere, e un senso di ricerca formale per quanto riguarda la metrica.

Internet Slowbookfarm: nasce la prima libreria online di qualità

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La società editrice Pier Vittorio e Associati Srl vara Isbf , l’e-store che si rivolge a quei lettori ormai stanchi di un’offerta indifferenziata e fuori misura, facendo piazza pulita dei libri pubblicati solo per inseguire mode e fatturati, senza rispetto né per il gusto né per l’ambiente.

No best seller No istant book No print on demand

I più recenti chapbook delle edizioni Arcipelago: Broggi, Cavallera, Padua

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di Marco Giovenale

La collana ChapBook dell’editore milanese Arcipelago, a cura di Michele Zaffarano e Gherardo Bortolotti, nata circa quattro anni fa, ha al suo attivo già undici uscite. Tra gli autori spiccano alcuni dei nomi più interessanti della scrittura di ricerca contemporanea in lingua inglese e francese, secondo direttrici che possono essere – genericamente – inquadrate per l’area inglese nell’eredità o versante della Language poetry, e per l’area francese nel vasto spazio di scritture che hanno fatto séguito alle esperienze successive (a volte distanti da) “Tel Quel”. La collana ha uno spazio per italiani che lavorano in non diverse direzioni. Si parla di nuovo cut-up, googlism.

Recitando dietro il paravento

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di Antonio Sparzani

Sono stato a Milano ai giovedì di Sud giovedì 11, come spesso faccio, e ho sentito il reading di Alessandra Racca (che ha un bel sito). Titolo della serata “eroticismi”, con annunci di spogliamenti e stranezze varie. Ero dunque un po’ perplesso, ma anche incuriosito, dato che mi fido abbastanza dei gusti delle due brave organizzatrici degli incontri del giovedì, Anna Lamberti Bocconi e Francesca Genti, poetesse esse stesse, e quindi amiche di queste allitterazioni, alle quali si è ora aggiunto come “preziosissimo co-organizzatore” Luciano Mondini.

L’allestimento dell’evento era semplicissimo, Alessandra recitava le sue cose con alle spalle un filo da bucato con appesi calzini e altri indumenti che aumentavano durante lo spettacolo, e tante mollette da bucato pronte all’uso. C’era poi sulla destra di chi guarda, un paravento, cioè un telo appeso allo stesso filo, dietro il quale ogni tanto Alessandra si rifugiava per fare i suoi trucchi, o meglio per fare finta di spogliarsi.

La prima cosa che mi è piaciuta è che Alessandra offriva i propri versi accompagnandoli col suo corpo, voce e gesti, in modo da arricchirli e valorizzarli. Sarà normale per un poeta, direte voi, no che non lo è, la maggior parte dei poeti, mi perdonino essi ed esse, recitano le proprie poesie come fosse la lista della spesa, come fosse la prima volta che le vedono, una cosa avvilente, che riduce immediatamente il valore dei testi. Alessandra proprio no, lei leggeva con passione e si sentiva che aveva pensato e scritto lei quelle cose.

La responsabilità dell’autore: Luigi Bernardi

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[Dopo gli interventi di Helena Janeczek, Andrea Inglese,  abbiamo pensato di mettere a punto un questionario composto di 10 domande, e di mandarlo a un certo numero di autori, critici e addetti al mestiere. Dopo Erri De Luca ecco qui le risposte di Luigi Bernardi]

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Come giudichi in generale, come speditivo apprezzamento di massima, lo stato della nostra letteratura contemporanea (narrativa e/o poesia)? Concordi con quei critici, che denunciano la totale mancanza di vitalità del romanzo e della poesia nell’Italia contemporanea?

Non credo si possa parlare di mancanza di vitalità, quanto di assenza di direzione, o meglio ancora di offuscamento di direzione. Scrittori capaci in Italia ne abbiamo in buona quantità, solo che non sempre riescono a produrre opere di qualità. La ragione mi sembra vada cercata nella etichettatura che la critica e gli stessi autori si sentono in dovere di appiccicare alle loro opere, in una sorta di divisione a priori che crea branchi all’interno dei quali molti si rifugiano per sottrarsi alle proprie responsabilità individuali. Etichette – peraltro risibili a partire dagli stessi nomi, come New Italian Epic, New Realism, Post Noir – che spostano il problema dall’opera in sé all’appartenenza della stessa: un sintomo almeno di immaturità, la sola qualità di cui non può fregiarsi la letteratura. Un altro problema mi sembra quello della paura che molti scrittori hanno di non essere consolatori, di non offrire uno sguardo positivo del mondo intorno. Prendo per esempio uno dei titoli migliori della scorsa annata, Accabadora di Michela Murgia: a due terzi del romanzo l’autrice compie una svolta ardita e poco credibile, solo per arrivare a un finale che al cinema si direbbe lieto. La redenzione non è un obbligo della letteratura, è una mistificazione della realtà.

PERCHÉ BUÑUEL

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Di seguito il terzo intervento della rassegna Sguardi a perdita d’occhio. I poeti leggono il cinema. L’introduzione e gli altri interventi si posso leggere qui, qui e qui.

di Franco Buffoni

Perché scelgo di proporre Buñuel per questo ciclo di Bergamo-poesia, che mira a coniugare l’arte di un grande regista con la scrittura di un poeta contemporaneo?
Ricordo che negli anni accademici 1969-70 e 1970-71 – mentre ero studente alla Bocconi – frequentai anche i corsi di “Teoria cinematografica” tenuti da Sergio Raffaelli e Morando Morandini presso la Facoltà di Teologia dell’Aloisianum di Gallarate. E il regista sul quale svolsi la mia tesi fu Luis Buñuel. Basta questo perché io lo scelga di nuovo a distanza di quasi quarant’anni?