di Valerio Cuccaroni
Intervista a Paolo Rossi
Una delle tante prove concrete che l’Italia è ancora dominata, per molti aspetti, da un regime feudale e cortigiano, è rappresentata dal ruolo decisivo svolto dai giullari nella nostra società. Prendiamo, ad esempio, il movimento dei meet up. Nato dalle “predicazioni” satiriche di Beppe Grillo piano piano si è trasformato in un progetto politico, che durante le elezioni del 2008 ha intimorito non poco le tradizionali forze politiche, compreso il neonato Partito Democratico. Non è un caso che il fenomeno Grillo si sia affermato all’indomani della crisi del sistema partitico, tanto da essere additato come emblema dell’anti-politica. Il giullare infatti è tor¬nato protagonista della vita intellettuale come nel medioevo, riempiendo un vuoto di rappresentanza e assumendo il ruolo dialettico svolto, fino a qualche decennio fa, dai partiti e dai loro militanti, compresi gli intellettuali organici, capaci di coagulare l’attenzione delle masse attorno alle grandi problematiche del periodo: l’etica in politica ai tempi di Tangentopoli o l’antiberlusconismo ai tempi dell’Ulivo.
Il potere persuasivo acquisito dal giullare nel nostro paese è dimostrato dalla censura subita dai comici Daniele Luttazzi, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi e Dario Fo durante il secondo governo Berlusconi.
Ed è proprio all’attore e autore comico Paolo Rossi, che siamo andati a chiedere lumi sulla situazione italiana. Lo abbiamo incontrato al termine della serata finale di Cabaret Amoremio 2008, un concorso per cabaret¬tisti emergenti che da oltre vent’anni va in scena a Grottammare, piccolo paese in provincia di Ascoli Piceno, salito alla ribalta per gli esperimenti di democrazia partecipativa condotti nei primi del 2000 dall’allora sindaco Massimo Zamboni.












