Home Blog Pagina 434

Ricordo di un poeta uruguayano

8

di Mario Benedetti
(Paso de los Toros, Uruguay, 14 settembre 1920- Montevideo, Uruguay, 17 maggio 2009)

traduzione di Nicoletta De Boni


Rumori secondari

Mi concedo l’onore di rassegnarmi
solo questa notte
come riposo
domattina presto aprirò gli occhi
sarò un’altra volta coraggioso e ordinario
ribelle con le mani in tasca
eterno con la morte all’occhiello
solo in questa notte priva di luna
credere di andare
credere di venire
credere che il mio cuore non potrà mai più
aumentare in dimensione e nostalgie
solo questa notte
per favore
per pietà
sentirmi vinto
umile
devastato
fatto e disfatto con avanzi di Dio
qui a sognare senza permesso
a mentire senza speranza
ma sapendo che si tratta
solo di questa notte sterile e unica
domani alle sette aprirò gli occhi
e un’altra volta mi darò da fare senza lamentarmi
e ascolterò il frastuono universale
senza che m’ingannino rumori secondari.

Cinque poesie di Ottavio Fatica

67

di Ottavio Fatica

Celidonia
o
La risma

Avevo una pietra d’acqua pura da ragazzo
……………………….petruzza cenerentola
che non mi ha abbandonato. Dopo quarant’anni
e più sullo scrittoio accampa un catafascio
……………………….di poesie una risma
sciolta un fogliare folto di minuzzoli
a pena contenuto da quel peso
……………………….specifico di pietra
dura radiante cuore d’illusione
……………………….e d’incredulità
che cova ancora e ha già dormito il suo
secondo sonno. Una pietra sopra
……………………….come unica cura.
.
L’inchiostro spanto è inchiostro fatto
……………………….in casa d’un marrone
come macchia di sangue sulla carta
bianca muta tastiera faticata
……………………….a vuoto per un niente.
E sotto questa pietra in questo luogo
che non ha luogo come sempre sto
………………………per tutto quello che non è
………………………ma è sempre stato contro
tutto quello che è e non è mai stato.

Autoritratto con sisma

19

di Gianluca Gigliozzi

Lunedì 6 aprile ore 7:04

– Pronto, Gianluca? – Oh Luigi, che sorpresa! Come mai a quest’ora chiami? – Ma non sei a L’Aquila? – No, veramente sono al nord, per una supplenza. Te l’avrei detto, è che non ho avuto il t… ma perché, che è successo? – C’è stato il terremoto a l’Aquila. È crollata mezza città. Cerca di contattare i tuoi…

È una bella fortuna che i miei rispondano subito al cellulare. Di lì a poco sarà impossibile ricontattarli, le linee saranno sovraccariche. Mia madre fa fatica a parlare, le trema la voce. Mi passa mio fratello, che li ha raggiunti nel frattempo (abita in un paese che è stato solo sfiorato dal sisma della notte). Mi dice che stanno bene, la casa ha retto benissimo alla scossa potente delle 3:32; neanche una crepa all’intonaco; neanche i mobili sono caduti (solo cristalli in frantumi e libri proiettati fuori dalle mensole). è riuscito, non sa nemmeno lui come, a ritrovare nonna tra la folla atterrita che si è riversata fuori; pare che, in un primo momento, l’abbia messa in salvo la badante, mentre due studenti universitari l’hanno presa e portata in strada (mia nonna abitava proprio in via XX settembre, che a quell’ora ancora non so che risulterà una delle più danneggiate).

Storie di migranti (un blog)

6

[Ad una manifestazione anti-razzista ho conosciuto Katie Hepworth, una giovane artista australiana, con una formazione di architetto e un’esperienza di militante. Mi ha segnalato il sito passa parole, in cui ha raccolto e trascritto con amici italiani storie di migranti per lo più “invisibili”. Insomma, un’australiana, a Milano, che ascolta racconti di cosidetti extracomunitari. Speriamo che ci sia qualche italiano curioso di leggerli e di diffonderli. a. i.]

Io sono Senegalese. Sono in Italia da un anno e sei mesi. Tu parti e pensi che l’Europa e’ il paradiso, perchè nei film noi vediamo dei bei vestiti, delle belle macchine, delle belle ragazze, ma è difficile vivere qua in Italia. In Senegal c‘è la bella vita, c’è tutto, ma noi del Senegal viviamo per i nostri parenti. Le culture Europea e Africana sono diverse. Nella vostra cultura, voi guadagnate la vostra vita da soli, per affittare una casa, per vivere da soli. Noi non viviamo cosi, noi viviamo per la famiglia, per aiutare nostro padre, nostra mamma, nostro cugino, tutti. In Africa non ci sono due persone, tre persone, una persona, noi viviamo in famiglia. Io non sono qua per vivere solo per me, sono in Italia per aiutare mia mamma. Lei mi ha detto “tu sei il mio figlio più serio, sei tu che devi andare per primo.” E ha preso tutti i suoi soldi, il braccialetto, ha preso tutto, ha venduto tutto, per mandarmi qua, per darmi dei soldi per fare il viaggio per partire, per fare, per trovare lavoro, per aiutare.

Verso il Controllo Totale: e-privacy 2009 a Firenze il 22-23 maggio

0

e-privacy 2009 si terra’ il 22 ed il 23 maggio a Firenze, in  Palazzo Vecchio, nella Sala Incontri.

http://e-privacy.winstonsmith.info

La diffusione dalla Rete nella vita quotidiana e’ accompagnata da una sua manipolazione sia tecnologica che legale che permettera’ di ottenere un media facilmente censurabile e controllabile.

Con gli stessi mezzi e con un consenso impressionante la Rete viene trasformata in un mezzo di intercettazione preventiva di massa.
Il tecnocontrollo sociale ottenibile fa sembrare l’attivita’ delle polizie segrete dei paesi totalitari del passato un lavoretto artigianale ed improvvisato.

Il mio nome è Legione [shots]

9

shot_booktrailer_paolin

di Demetrio Paolin

[0.]
Tu mi spingi a scrivere, ma so che quando scrivo i miei racconti risulto sgradevole, perché provo a dire questo male. Dicendolo non faccio che propagare il male, tenendolo vivo e rendendolo ogni volta più potente. Ho vissuto talmente tanto con il male, con il mio, che mi sono abituato a vederlo come una cosa fra le altre. Non c’è nulla di atipico nel fatto che io stia nel male, anzi. Mi sembra che non sia così tremendo, ma semplicemente è. Io ne sono convinto, perché ci vivo da tempo con questo male, e il somaro s’abitua al giogo. Io non faccio male, questo è importante, né il mio male contagia gli altri. Il male è solo una condizione del mio esser nato. Potevo nascere santo, potevo venir su assassino. Potevo. Invece sono nato nel male, sono nato che non sono né carne né pesce, e pur facendo di tutto per togliermi di dosso il giogo, il male è sempre con me. Come il matto con l’ombra, ci ho lottato tanto che ne sono uscito zoppo. Ora ho semplicemente capito che il male per me è come per alcuni la grazia.

Il male è la mia grazia.
Ho accettato che sono male. Così avrò salva la vita.

Clam-des-tinus

36
097bg1

di Marco Rovelli

Clandestino, clam-des-tinus. Ciò che sta nascosto al giorno, e odia la luce. Chi sta nell’ombra. L’agguato al varco, là in fondo al corridoio nero, un film di Lynch. L’uomo nero, unheimlich. Uomo sabbiolino: Enter sandman. Exit light. Enter night.

Tu, clandestino, sei un delinquente. La tua invisibilità, la tua condizione d’inesistenza, prodotta dal diritto, da oggi il diritto la punisce. Che meraviglioso gioco di prestigio. E che meraviglioso servo sei tu, clandestino. Ci servi, ci serviamo di te, e non lo diciamo. Se una mano dà scandalo, la si tagli. Quanta parte dell’Italia oggi occorrerebbe amputare?

Il coraggio dimenticato

15

litorale-domitio-4
foto di Luigi Caterino

di Roberto Saviano

Chi racconta che l’arrivo dei migranti sui barconi porta valanghe di criminali, chi racconta che incrementa violenza e degrado, sta dimenticando forse due episodi recentissimi ed estremamente significativi, che sono entrati nella storia della nostra Repubblica. Le due più importanti rivolte spontanee contro le mafie, in Italia, non sono partite da italiani ma da africani. In dieci anni è successo soltanto due volte che vi fossero, sull’onda dello sdegno e della fine della sopportazione, manifestazioni di piazza non organizzate da associazioni, sindacati, senza pullman e partiti.

CINQUE POESIE D’AMORE DEL DUEMILA

83

di Marco Palasciano
__
__
__
ANTIMATERIA

Mio puntino di luce colmaspazio,
mia bellezza scolpita nel topazio
della mente, che manchi alle mie mani –
e avvento il desiderio in spazi vani,
vuoti di te, del tuo incredibile essere
che mi riempie con la sua assenza
come il silenzio un bosco, e che frantuma o-
gni povera pretesa di una scienza
dell’accoppiarsi e del disaccoppiarsi…

Mio piccolo armageddon, mia catarsi
che giungi al fine d’una lunga èra
d’ignoranza, mia primavera al mezzo
d’ogni futuro inverno, mia speranza
timida d’un eterno – piglia, agiscimi,
costruiscimi un po’ col tuo sorriso,
rimetti in me il mio io decostruito…

Mia antimateria, esplodimi il diluvio,
a spazzar via il pattume dell’accidia
ammassato a marcire sulle strade
di questa barocchissima cittade
dell’anima, e ad arcobalenarla
per la festa del cuore – reinnescato
palpitante bijou di cui la cassa
toracica sentiva la mancanza,
né era gradita massa il surrogato
di Coppelius, metronomo glaciale…

Sí, mio finale – qui tramonta il tempo
della misura –, entra – mia aria pura.

Attacco alla nazione

44

di Evelina Santangelo

Ennesimo attacco frontale allo spirito e ai fondamenti della nostra nazione.
Esiste più la nostra nazione? L’Italia si può ancora considerare un paese membro della Comunità di Stati che si riconoscono nel «diritto delle genti»?

Con il «respingimento» in Libia dei 227 immigrati si è consumato l’ennesimo sprezzante attacco ai principi, ai doveri, ai diritti, ai rapporti etico-sociali, economici e politici fissati dalla nostra Costituzione, la Costituzione della Repubblica Italiana.

Tryptique di libri molto attesi

1

carlo
foto di Martina Mazzacurati

Giovedì 14 maggio ore 21

Casa della poesia di Milano
Palazzina Liberty: Largo Marinai d’Italia 1 – Milano

Trittico di genere: saggio, poesia, prosa

Gherardo Bortolotti, Andrea Inglese, Massimo Rizzante

a cura di Giancarlo Majorino

Tre autori riflettono intorno alla nozione di genere, a partire da alcune loro pubblicazioni recenti. Andrea Inglese (La distrazione, Sossella 2008) muove dalla scrittura poetica e s’interroga sui limiti e le potenzialità espressive del genere. Massimo Rizzante (Non siamo gli ultimi, Tra fine dell’opera e rigenerazione umana, Effigie 2009) esplora le varie dimensioni del saggio contemporaneo. Gherardo Bortolotti (Tecniche di basso livello, Lavieri 2009) presenta invece una singolare forma di scrittura in prosa non narrativa, ma capace di mostrare vie inedite tanto per il saggio che per la poesia.

Ingresso libero

Fuck the war

3

[è nato il blog di Jacopo Guerriero, amico ed ex indiano – anche se sono dell’idea che come il de beer “un indiano è per sempre”. Festeggio la notizia segnalandolo e pubblicando qui su NI un suo pezzo. G.B.]

college

di Jacopo Guerriero

Il campo è nero, il testo grigio. Il titolo colpisce duro: My War. L’indirizzo è cbftw.blogspot.com. Nella gallery fotografica solo Guernica di Picasso. Ma questo non è soltanto, o semplicemente, un milblog – il blog di un militare. E per capire bisogna seguire le tracce di una storia che parte da lontano. Dall’ossessione di Colby Buzzel per trovare una svolta alla propria vita. «Non vedevo vie d’uscita. Ero a metà strada tra i venti e i trent’anni, non avevo la minima idea di cosa diavolo fare di me stesso. Credevo che arruolandomi avrei trovato una soluzione rapida ai miei problemi».

Fuori ( gioco )

27

Racconto per i miei compagni di squadra della Nazionale Scrittori Osvaldo Soriano Football Club
tenu10m

di
Francesco Forlani

Quella che valeva di più era la figurina di Dino Zoff. Per averla bisognava sborsare almeno quaranta giocatori, nessun doppione e soprattutto sperare che in banda non ci fosse qualcuno disposto a giocare al rilancio e a batterti sul tempo.
Un po’ come quando cerchi di affittare un appartamento a Valbeneunamessa, vero e proprio periplo e psicanalisi dello spazio. Il proprietario infatti ha convocato quarantacinque persone per quella stessa ora. Li passa uno ad uno in rivista senza tralasciare alcun dettaglio. La postura, il modo in cui sono vestiti, la nazionalità ma soprattutto le buste paga. Poco importa quanto ti sembrino di sinistra, loro i proprietari, un bancario o meglio ancora un commercialista vale più di te. E hai come l’impressione di trovarti davanti a tuo padre nell’atto di soffocare miserabilmente dietro un ”
ecco un altro che non ha saputo che farsene della vita

piano sequenza

7

3519492414_7558cbbb82_b

di Chiara Valerio

Questa è la tua vita. Guardala bene, per una volta ne sei fuori. Te la descrivo con la massima oggettività. Sto cercando di non pensare che vorrei esserci in mezzo, metterci le mani, annusarla. Odore e consistenza. Ma è la tua e io non c’entro niente. Per questo, posso essere fredda e descrittiva, e posso, senza aggettivi. Sono il documentarista che hai chiesto alle tue divinità laiche e che ti è stato mandato, per caso, perché le divinità laiche non esistono e, con buona approssimazione, nemmeno le altre. Ho cinque minuti di autonomia. La mia macchina digitale ha cinque minuti di filmato e io ho lei. Questa è la verità che è anche il mezzo.

Viaggiare per non arrivare mai

1

di Mauro Daltin

Racconta lo scrittore Claudio Magris: “Da ragazzino, andavo a giocare sul Carso. E spesso arrivavo alla Cortina di ferro. Oltre, c’era un mondo misterioso, inquietante. Il mondo di Tito e di Stalin. Qualcosa di conosciuto e sconosciuto, familiare e impressionante. Un Paese chiuso dalla frontiera, che non conosceva frontiera. E che mi portava a interrogarmi sulla mia identità: quando cessiamo d’interrogarci sull’identità, andiamo verso la fossilizzazione”. La provocazione sta tutta in questa ultima frase dell’intellettuale triestino che, in sostanza, sostiene che il confine sia giusto, ma vada superato, che non ne possiamo fare a meno, che, forse, il concetto di frontiera è proprio dell’essere umano fin dalla sua nascita, è la molla che lo fa andare avanti. Crearsi i confini per poi abbatterli e proseguire. Non tutti i confini, ovvio, non quelli creati ad hoc per dividere, per provocare disuguaglianze, ma quelli che segnano differenze, quelli che ci mettono di fronte non solo all’altro ma a noi stessi.

Mia madre

3

donald-judd-six-aquatints-nos118-23-1980

di Christophe Tarkos

(da : Oui, Al Dante Marseille, 1996, ristampato in Id., Écrits poétiques, POL, Paris, 2008)

traduzione di Italo Testa

Mia madre è un uomo è falso. Mia madre non è un uomo. Mia madre è una donna. Una donna non è un uomo. Mia madre è una donna, mia madre non è un uomo. Una madre è una donna. Mio padre è una donna è falso.

Da presso alla bellezza

6

di Lakis Proguidis
bellezza
[Lakis Proguidis è attualmente il direttore di L’atelier du roman, rivista trimestrale di letteratura che si pubblica a Parigi dal novembre 1993. I numeri hanno spesso un tema dominante. L’ultimo (57), del marzo 2009, è molto felicemente dedicato alla bellezza: Du beau dans la poésie e dans le roman. Tra i molti articoli interessanti – tra cui quello di Massimo Rizzante, intitolato La découverte de la beauté: la poésie et le monde de la prose – ho scelto di tradurre l’articolo dello stesso Proguidis, che ha volentieri acconsentito, dal titolo Auprès du beau, a.s.]

Due ipotesi: 1. Il dialogo estetico presuppone l’esistenza in un tempo precedente l’opera d’arte (tesi contro l’autonomia della critica); 2. Le parole acquistano significato soltanto all’interno della loro civiltà (tesi contro il primato della lingua).

^^^^^^^^^^^

Omero che invoca la Musa. Per arrivare alla forma d’arte, per padroneggiare una materia caotica composta di parole, di immagini, di suoni, di ritmi, di significati contraddittori, di opinioni di ogni tipo, di valori commoventi, di circostanze diverse, di casi, di gusti variegati e continuamente mutevoli, di fuggevoli ispirazioni, di sensazioni e di desideri insondabili, Omero implora la grazia di una potenza sovrumana.

La dismissione

19

di Fabio Orecchini

Paragrafo I






LAMINE ROVINE
                                                                            
























Ho studiato il flusso dei venti.

Aghi ovunque

*


I.  Polvere


“Obliterazione dello spazio pleurico
e conseguente blocco polmonare
nel caso richiede intervento demolitivo”.


Cavità sierose anche gli occhi
tubi ricurvi e conati 
modelli di modelli         
                            bocche, 
forma nell’ incavo
                            guaina 
mastica cavi .  


Tradurre Arno Schmidt

0

arno-schmidt

Scoprire e tradurre un classico del Novecento tedesco:

ARNO SCHMIDT

Letture e traduzioni da Brand’s Haide.

Seminario all’Orientale di Napoli

Facoltà di Lettere e Filosofia

11 maggio 2009, via Marina aula 1.4, ore 13-15

12 Maggio 2009, via Marina aula 3.1, ore 16-18

Nabruka. Un omicidio.

57

Ieri nel CIE (ex CPT) di Ponte Galeria a Roma è morta Nabruka Mimuni. Aveva 44 anni. Sarebbe stata espulsa in mattinata, e le sue compagne l’hanno trovata impiccata in bagno. Nabruka era in Italia da più di vent’anni, lavorava per una cooperativa, e lascia un marito e un figlio. Era stata catturata due settimane fa dalla polizia mentre era in coda in Questura per rinnovare il permesso di soggiorno.

Sentite la diretta radiofonica di Radio Blackout, la radio animata dai tanto temibili anarchici torinesi – che però, rara avis, non smettono un istante di seguire queste vicende. E’ un’amica di Nabruka a parlare. Basta sentire il suo accento romano-tunisino per capire tutto. Ascoltate fino in fondo. Lei, il suo racconto, il suo dolore. Non servirà a nulla, se già non siete disposti alla pietas (se siete insomma parte integrale di questa Italia). Nel caso contrario, forse servirà ad aumentare di qualche granello il mucchietto di sabbia che dovrebbe sabotare gli ingranaggi.

diretta_cie_roma1

Walter Siti a Dubai, pregiudizi pasoliniani

100

di Francesco Longo

«Se voglio essere sincero devo confessare che di tutti loro, del loro affannarsi eccitante e monotono, non me ne importa niente. Io questo viaggio non lo voglio fare», scrive ad un certo punto Walter Siti, nel suo ultimo libro-reportage intitolato Il canto del diavolo (Rizzoli).
Il viaggio di Siti negli Emirati Arabi si concentra sulla città di Dubai, ma tocca tutti gli altri sei emirati. Walter Siti è il maggiore studioso italiano di Pasolini. Quando Pasolini scrisse un reportage dalle spiagge italiane notò in Versilia i «giovinastri (…) tutti un po’ grassi e spelacchiati», a Capri «avanzi di pasti e le cartacce», ad Ischia «un maiale», a Rimini le tedesche erano «racchie» e «brutte», e non è un caso che in un albergo di Matera scrivesse: «è bello: ma io mi ci annoio».