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piano sequenza

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di Chiara Valerio

Questa è la tua vita. Guardala bene, per una volta ne sei fuori. Te la descrivo con la massima oggettività. Sto cercando di non pensare che vorrei esserci in mezzo, metterci le mani, annusarla. Odore e consistenza. Ma è la tua e io non c’entro niente. Per questo, posso essere fredda e descrittiva, e posso, senza aggettivi. Sono il documentarista che hai chiesto alle tue divinità laiche e che ti è stato mandato, per caso, perché le divinità laiche non esistono e, con buona approssimazione, nemmeno le altre. Ho cinque minuti di autonomia. La mia macchina digitale ha cinque minuti di filmato e io ho lei. Questa è la verità che è anche il mezzo.

Viaggiare per non arrivare mai

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di Mauro Daltin

Racconta lo scrittore Claudio Magris: “Da ragazzino, andavo a giocare sul Carso. E spesso arrivavo alla Cortina di ferro. Oltre, c’era un mondo misterioso, inquietante. Il mondo di Tito e di Stalin. Qualcosa di conosciuto e sconosciuto, familiare e impressionante. Un Paese chiuso dalla frontiera, che non conosceva frontiera. E che mi portava a interrogarmi sulla mia identità: quando cessiamo d’interrogarci sull’identità, andiamo verso la fossilizzazione”. La provocazione sta tutta in questa ultima frase dell’intellettuale triestino che, in sostanza, sostiene che il confine sia giusto, ma vada superato, che non ne possiamo fare a meno, che, forse, il concetto di frontiera è proprio dell’essere umano fin dalla sua nascita, è la molla che lo fa andare avanti. Crearsi i confini per poi abbatterli e proseguire. Non tutti i confini, ovvio, non quelli creati ad hoc per dividere, per provocare disuguaglianze, ma quelli che segnano differenze, quelli che ci mettono di fronte non solo all’altro ma a noi stessi.

Mia madre

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di Christophe Tarkos

(da : Oui, Al Dante Marseille, 1996, ristampato in Id., Écrits poétiques, POL, Paris, 2008)

traduzione di Italo Testa

Mia madre è un uomo è falso. Mia madre non è un uomo. Mia madre è una donna. Una donna non è un uomo. Mia madre è una donna, mia madre non è un uomo. Una madre è una donna. Mio padre è una donna è falso.

Da presso alla bellezza

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di Lakis Proguidis
bellezza
[Lakis Proguidis è attualmente il direttore di L’atelier du roman, rivista trimestrale di letteratura che si pubblica a Parigi dal novembre 1993. I numeri hanno spesso un tema dominante. L’ultimo (57), del marzo 2009, è molto felicemente dedicato alla bellezza: Du beau dans la poésie e dans le roman. Tra i molti articoli interessanti – tra cui quello di Massimo Rizzante, intitolato La découverte de la beauté: la poésie et le monde de la prose – ho scelto di tradurre l’articolo dello stesso Proguidis, che ha volentieri acconsentito, dal titolo Auprès du beau, a.s.]

Due ipotesi: 1. Il dialogo estetico presuppone l’esistenza in un tempo precedente l’opera d’arte (tesi contro l’autonomia della critica); 2. Le parole acquistano significato soltanto all’interno della loro civiltà (tesi contro il primato della lingua).

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Omero che invoca la Musa. Per arrivare alla forma d’arte, per padroneggiare una materia caotica composta di parole, di immagini, di suoni, di ritmi, di significati contraddittori, di opinioni di ogni tipo, di valori commoventi, di circostanze diverse, di casi, di gusti variegati e continuamente mutevoli, di fuggevoli ispirazioni, di sensazioni e di desideri insondabili, Omero implora la grazia di una potenza sovrumana.

La dismissione

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di Fabio Orecchini

Paragrafo I






LAMINE ROVINE
                                                                            
























Ho studiato il flusso dei venti.

Aghi ovunque

*


I.  Polvere


“Obliterazione dello spazio pleurico
e conseguente blocco polmonare
nel caso richiede intervento demolitivo”.


Cavità sierose anche gli occhi
tubi ricurvi e conati 
modelli di modelli         
                            bocche, 
forma nell’ incavo
                            guaina 
mastica cavi .  


Tradurre Arno Schmidt

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Scoprire e tradurre un classico del Novecento tedesco:

ARNO SCHMIDT

Letture e traduzioni da Brand’s Haide.

Seminario all’Orientale di Napoli

Facoltà di Lettere e Filosofia

11 maggio 2009, via Marina aula 1.4, ore 13-15

12 Maggio 2009, via Marina aula 3.1, ore 16-18

Nabruka. Un omicidio.

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Ieri nel CIE (ex CPT) di Ponte Galeria a Roma è morta Nabruka Mimuni. Aveva 44 anni. Sarebbe stata espulsa in mattinata, e le sue compagne l’hanno trovata impiccata in bagno. Nabruka era in Italia da più di vent’anni, lavorava per una cooperativa, e lascia un marito e un figlio. Era stata catturata due settimane fa dalla polizia mentre era in coda in Questura per rinnovare il permesso di soggiorno.

Sentite la diretta radiofonica di Radio Blackout, la radio animata dai tanto temibili anarchici torinesi – che però, rara avis, non smettono un istante di seguire queste vicende. E’ un’amica di Nabruka a parlare. Basta sentire il suo accento romano-tunisino per capire tutto. Ascoltate fino in fondo. Lei, il suo racconto, il suo dolore. Non servirà a nulla, se già non siete disposti alla pietas (se siete insomma parte integrale di questa Italia). Nel caso contrario, forse servirà ad aumentare di qualche granello il mucchietto di sabbia che dovrebbe sabotare gli ingranaggi.

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Walter Siti a Dubai, pregiudizi pasoliniani

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di Francesco Longo

«Se voglio essere sincero devo confessare che di tutti loro, del loro affannarsi eccitante e monotono, non me ne importa niente. Io questo viaggio non lo voglio fare», scrive ad un certo punto Walter Siti, nel suo ultimo libro-reportage intitolato Il canto del diavolo (Rizzoli).
Il viaggio di Siti negli Emirati Arabi si concentra sulla città di Dubai, ma tocca tutti gli altri sei emirati. Walter Siti è il maggiore studioso italiano di Pasolini. Quando Pasolini scrisse un reportage dalle spiagge italiane notò in Versilia i «giovinastri (…) tutti un po’ grassi e spelacchiati», a Capri «avanzi di pasti e le cartacce», ad Ischia «un maiale», a Rimini le tedesche erano «racchie» e «brutte», e non è un caso che in un albergo di Matera scrivesse: «è bello: ma io mi ci annoio».

Ex vuoto: Franco Arminio # Pasquale Vitagliano

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Franco Arminio
Non c’è via d’uscita
da nessuna parte.
il reale è un muro di cemento
l’irreale è un muro di piombo.
così è adesso
nella prigione del mondo.

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Pasquale Vitagliano
Getto un cretto di bava
sulle faglie di un corpo di cava,
per coprire le murate glauche,
per seppellire i fondachi di seppia.

Non è una opera imperitura sul corpo,
non è lucore quello che si vede dall’alto,
se ci stai dentro, un dedalo appare, un greto
cieco che non saprà mai dirti perché il dolore.

Onlus e prostitute. Un romanzo di Giorgio Morale

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di Giancarlo Consonni

Acasadidio: quarta di copertina
Acasadidio: quarta di copertina

Acasadidio di Giorgio Morale (Manni) è un romanzo tagliente. Sulle cose. Con la determinazione di chi bracca la realtà dappresso senza mai essere invasivo: descrizioni contenute all’essenziale; le persone e gli accadimenti che vengono fatti agire sulla scena.

Efficace, per cominciare, la restituzione della scena primaria: gli squallidi uffici del Centro affiliato a una Associazione di volontariato che si occupa di collocamento della forza lavoro e di assistenza alle prostitute che si vogliono liberare dal racket: «Angustia dell’ingresso, oscurità delle scale, lunghezza dei corridoi, locali tutti uguali»: luoghi non curati volutamente: per lanciare un messaggio a chi vi approda per avere un lavoro o per effettuare controlli: lì si fa solo del bene: si è dalla parte dei diseredati, per lo più immigrati irregolari. Molto ben delineato anche il contesto. Vengono in mente certi paesaggi della periferia milanese dipinti da Tino Vaglieri: «case fuggiasche» a ridosso della tangenziale: «Alcune già dismesse, altre in disarmo, altre con la vita artificiale dei posti abitati in orari d’ufficio»: gregge di edifici che lo stesso campanile tiene a distanza di sicurezza.

Lettore, sveglia!

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Davide Vargas è un autore che i lettori di NI conoscono. Gianni Biondillo ed io abbiamo pubblicato proprio qui alcuni dei suoi racconti. Collabora a Sud da un paio d’anni e ha scritto un libro, Racconti di qui (Tullio Pironti Editore) che vale la pena leggere. In occasione della sua uscita sarà presentato a Roma venerdì 8 maggio 2009 al tuma’s book bar in via dei Sabelli, 17 alle ore 20,00. Isabella Borghese lo ha intervistato. effeffe
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Dialogo con l’autore
di
Isabella Borghese

Davide Vargas: un architetto di professione che fa uso della parola per passione. Quanto influisce il tuo lavoro nella scrittura?

L’architettura è presente nella struttura del libro. Io ho sempre immaginato i 13 racconti come una sequenza di tracce verticali nello spazio, tenute insieme dalla linea orizzontale dei frammenti che di volta in volta ricompaiono e si ricompongono alla fine nel racconto “finalmente scappo”. Anche la scelta del corsivo, il carattere tipico della voce narrante, ne fa una specie di ossatura che rende unitaria la narrazione. Quindi capirai che non ho inteso isolare il “mio pensare da architetto”, piuttosto ho preso da esso l’attitudine ad osservare minuziosamente e a comporre. Il resto poi lo fa la scrittura, ed è un resto ben più denso, la parte principale.

Canzoniere brasiliano 1 – Le donne di Chico

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di Sergio Pasquandrea

Più esploro la musica di Chico Buarque, più mi rendo conto della sua assoluta centralità nella storia della musica brasiliana. Chico è un poeta, un musicista, una persona di tale profondità e complessità che ridurlo nella definizione di “cantautore” sarebbe come pensare a Michelangelo come a uno scalpellino e a Pelé come a uno che prendeva a calci un pallone.
Quando si affacciò sulle scene musicali, a metà anni Sessanta, poteva sembrare uno dei tanti cloni di Jobim, De Moraes e João Gilberto che in quegli anni pullulavano per il Brasile. E in effetti la derivazione bossanovistica era innegabile: il canto a mezza voce, le armonie sofisticate, il gusto per le liriche preziose.
Ma in lui c’era molto di più, e in Brasile non avrebbero tardato ad accorgersene.

Rapporto

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di Stefano Gallerani

Illustre Dottore, lei mi ha detto, durante il nostro ultimo incontro, di tenerla avvertita d’ogni avvenimento che per me avesse peso o importanza. Insomma, di scriverle, come se si trattasse di redigere un “rapporto” che soltanto un amico – in questo caso lei – avrebbe letto. Ebbene, soltanto per questo le scrivo. Ma come faccio a raccontare una storia simile? Non so neppure in che modo cominciare. Sì, lo so, ho lasciato trascorrere molto tempo, non me ne faccia una colpa, e però sento che ora devo raccontarla. Per fare luce e capire, per chiarire, soprattutto a me stesso, certe ragioni intrinseche, che sono poi quelle della vita e della morte. Niente di importante, potrebbe pensare qualcuno; problemi fondamentali, per altri. Fatto sta che, dopo averla lasciata, per molte settimane sono stato con gli occhi aperti scrutando quello che capitava intorno o dentro a me: per comprendere cosa non funzionasse in un ragazzo che era stato sano e forte come un bue, alto oltre il metro e ottanta, e discretamente bello (a giudizio unanime delle ragazze che conosco) con una propensione naturale, credo, alla comunicazione senza ipocrisie e alla spensierata felicità; un ragazzo che è diventato, come ho letto d’un personaggio in un romanzo di Dostoevskij, un uomo malato (forse un uomo cattivo), così triste e incerto nelle decisioni da risolvermi a venire da lei.

Il tempo è scaduto!

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di  Andrea Bottalico. Fotografie di Alessandro De Filippo.

Raccontare ad un casertano che sulla Domiziana ci sono le puttane è come indicare ad un mercante di pietre preziose il peso reale di un carato. E’ impossibile che lui non lo sappia. Noi sin da bambini abbiamo imparato involontariamente due cose “fondamentali”. Primo: la totale mancanza di fiducia verso chiunque, qualsiasi essere vivente materiale o immateriale che sia. Secondo: il luogo in cui le puttane vanno a battere. E non certo perché sognavamo di andarci, sulla Domiziana. Nel nostro immaginario erano tutte laggiù, accumulate in quel luogo indefinito e apparentemente lontano dalle nostre strade sicure, perché sin da piccoli, quando si trattava di offendere qualcuno, nei campetti di calcio del Buon Pastore o nei cortili di scuola, usciva sempre, e dico sempre, la solita ingiuria, quella che scaldava gli animi prima delle colluttazioni, il preludio di una qualsiasi rissa, l’apice della provocazione:

«Che hai da guardare!? Uomo di merda! Vieni qua, vieni! Vieni che ti piscio in testa! La sai tua madre?! Tua madre fa la puttana sulla Domiziana!!..»

Alfabeti indiani

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di Silvia Zamperini

A come avevo la bocca aperta, B come bruco, C come cuciti la tasca. Servono ago e filo.
D come due, E come voglio un elefante, F come fumetto di pesce. Non trovo la chiave del lucchetto.
G come grrr grrr grrr, H come le Hawaii non esistono, I come impenitente. La bicicletta rimarrà attaccata al palo.
L come lombrico parente del bruco, M come miasma, N come prendo una nave e via. Scassinatore.
O come orto botanico, P come padella, Q come qui mancano gli ingredienti. Fai la spesa per me.
R come Ricatto, S come sopa de calamares, T come t’immagini. Se la mangiassero e fosse troppo pepata.
U come un grappolo d’uva, V come valoroso eroe, Z come lo zoo di quando ero bambina. Adesso è un parcheggio.

A come antologia, B come bocca di buganvillea, C come coucoù. Togliti le scarpe.
D come dadi, E come è primavera, F come farsi belle per te. Hai le calze spaiate.
G come gusto cioccolato, H come hai un’unghia blu, I come ipnotizzami. La camicia, prego.
L come lunares, M come mangio pollo al mattone, N come non strappare le foglie. Tu profumi.
O come occhi sempre aperti, P come prurito sotto i piedi, Q come quacchero. Respira, è una tuberosa.
R come resto qui, S come sottilette, T come trottole trasparenti. Batti le ciglia sulla mia pancia.
U come una sola volta, V come verde paroliere, Z come zanna d’avorio. Cercami, sono dietro la tenda.

“Tu parli e io sto zitto: abusivo!”

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di Riccardo Orioles

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“ORDINE, GIORNALISTI!” : IL CASO MANIACI

Bisogna mettere ordine nel giornalismo in Sicilia: a cominciare da gente come Pino Maniaci, che si permette di fare inchieste brillantissime, di farsi minacciare e di aggredire dai mafiosi senza neanche avere uno straccio di tesserino “professionale” in tasca. E quelli che si sono accordati coi mafiosi per pubblicargli i messaggi o intimidire i cronisti irrispettosi? Per loro non c’è Ordine? O l’ordine magari c’è, ma lo dà chi comanda?
“Il direttore dell’emittente televisiva Telejato di Partinico (Palermo), Pino Maniaci, è stato rinviato a giudizio per esercizio abusivo della professione di giornalista. Il processo è stato fissato all’otto maggio prossimo. Secondo l’accusa, Maniaci, «con più condotte, poste in essere in esecuzione del medesimo disegno criminoso», avrebbe esercitato abusivamente l’attività di giornalista in assenza della speciale abilitazione dello Stato, conducendo ogni giorno il tg di Telejato…”. La tv più volte minacciata, querelata e contestata da boss e notabili della zona di Partinico.

La decisione di Brandes

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di Gianni Biondillo

Eduard Màrquez, La decisione di Brandes, Keller editore, 2008, 126 pagine, tradotto da Paolo Vertič

Qual è il punto, il momento, la scena, dove l’esistenza, la singola esistenza di ognuno di noi, cambia traiettoria, definitivamente, dando un senso etico, un significato ad un’intera vita? Cosa ci torna alla mente nel momento di massima sconfitta, ad un passo dalla fine, che può diventare come un riassunto, un’icona del nostro essere stati nel mondo?

I libri

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di Andrea Inglese

Non ho letto nessun libro, o quasi, ne ho letti pochissimi, libri letti fino alla fine, tre o quattro, forse una decina, o poco più, in tutta la vita, da quando avevo cinque anni e lessi quel libro del bruco, il libro tutto traforato, con i buchi, perché il bruco vi era passato dentro, scavando, ad ogni pagina il bruco scavava, prima nella pagina della mela, poi nella pagina della lattuga, e perfino in quella della staccionata di legno, a meno che non confonda il libro del bruco con quello del tarlo, perché è in questo modo che si leggono pochissimi libri, si finisce per confonderli, o immaginarne altri, inesistenti, di cui ricordiamo però interi passaggi, descrizioni minuziose di paesaggi sottomarini, ma era un libro di aviatori, il titolo è quello di un libro di aviatori, abbandonato probabilmente alla terza pagina, ma poi si è immaginato un diverso finale, tutto per grandi meduse, polipi e grotte oceaniche, allora leggendo così poco, è necessario andare in cerca di altri libri, e meno riuscivo a leggere libri, più me ne procuravo, ho cercato di procurarmi una gran quantità di libri, nell’arco degli ultimi vent’anni sopratutto, in modo assiduo e costante, anche se ne ho potuti leggere davvero pochi,

I giovedì di Turro. Calendario di Maggio 2009

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Rassegna “I GIOVEDI’ DI TURRO”
Ogni giovedì alle ore 21.00, al Circolo ARCI Martiri di Turro, Via Rovetta 14, Milano. Ingresso gratuito
(a cura di Anna Lamberti-Bocconi e Francesca Genti)

Maggio 2009 –
“ROSA FRESCA AULENTISSIMA…” (CIELO D’ALCAMO)

ROMA, LA VIOLENZA CHE VIENE

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Da accattone.org e minimum fax live: Un concorso letterario. Un reading. Una raccolta di storie.

Cerchiamo racconti, rigorosamente brevi, non superiori alle seimila battute (spazi compresi, tre cartelle). Ne cerchiamo tre.
Abbiamo un tema: Roma violenta. Serve spiegarlo?
Roma è un laboratorio di follia xenofoba, aggressività coatta, pazzia da traffico. Culla i sogni assassini di chi odia gli zingari, la rapacità di chi allunga le mani dove può, la volgarità che esonda come il suo fiume. E insieme la spensierata irresponsabilità di chi vede meraviglia ovunque e immagina la convivenza come una conseguenza naturale della bontà del singolo individuo. Rimandando decisioni e riflessioni, diventando incubatrice di peggiori follie a venire.
Roma è l’inferno di Ranxerox diventato realtà. È la città delle periferie esplose come ferite infette, del centro storico infestato da una movida residuale e zozzona, delle sponde tiberine affollate di disperati, marce e devastate.
Oppure no? Nulla di tutto questo?
Esiste (anche) un’altra violenza, che non è (ancora) stata raccontata?

Scrivete il vostro racconto, per un/a attore/attrice che vi piace. Scrivetelo pensando alla sua voce, alla sua presenza, al suo lavoro. Se vincete, noi glielo portiamo, e lui/lei lo leggerà.
A settembre, al Teatro India di Roma, faremo una serata, un reading organizzato da minimum fax live. Gli attori che voi avrete scelto leggeranno i vostri racconti, insieme a quelli che abbiamo già commissionato ad alcuni scrittori che negli ultimi anni si sono occupati di Roma nei loro libri o sulle pagine dei giornali.

Avete tempo fino alla fine di giugno.
Inviate il vostro racconto direttamente a: redazione@accattone.org, scrivendo nel subject della e-mail: concorso. Non dimenticate: massimo seimila battute, i racconti di lunghezza superiore verranno automaticamente cestinati.
Trovate questo bando anche sul sito: www.accattone.org

La giuria è composta da: Elena Stancanelli, Lanfranco Caminiti, Tommaso Giartosio, Nicola La gioia, Franco Buffoni, Lorenzo Pavolini, Carola Susani.

Tomada, un attraversamento

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di Francesco Tomada

a cura di Francesco Marotta

Da: L’infanzia vista da qui, prefazione di Maurizio Mattiuzza, illustrazioni di Gennj Volk, Gorizia, Editrice La Quercia, “Sottomondo”, 2005.

(I disedifici)

Double face
(pensiero all’uscita del turno di notte)

Guarda le gru di Marghera altissime
e bianche nel buio come radici
di alberi piantati a rovescio
nella terra

dunque questo non è cielo
ma un cielo capovolto questa non è
vita
ma quello che alla vita viene tolto

.

Su un verso di Antonella Anedda

Anch’io di Sarajevo ricordo l’immagine
di una donna che corre verso il rifugio
proteggendosi la testa
come se piovesse

la pace che viviamo ha la fragilità
delle cose che succedono per caso
essere sorpresi in strada troppo lontani da un riparo
e bagnarsi solamente
oppure morire